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Vannini, 3 punti per il nuovo processo: i vicini, le intercettazioni e la chiamata al 118 | VIDEO

Gli avvocati della famiglia di Marco Vannini hanno depositato un’istanza perché vengano considerati tre nuovi elementi nel nuovo processo d’Appello che partirà tra meno di una settimana. Chiedono che vengano inserite come prove le testimonianze dei vicini, in particolare quella di Maria Cristina che ha parlato in esclusiva a Le Iene (senza mai essere stata sentita dagli inquirenti), le intercettazioni della famiglia Ciontoli e l’audio della telefonata al 118 con le urla del ragazzo

Tra meno di una settimana, l’8 luglio, partirà il nuovo processo d’Appello per l’uccisione di Marco Vannini nei confronti di tutti i componenti della famiglia di Antonio Ciontoli dopo la morte del ragazzo la sera del 17 maggio 2015 nella loro villetta di Ladispoli. Gli avvocati della famiglia Vannini hanno depositato un’istanza perché vengano considerate anche le testimonianze clamorose e i nuovi elementi raccolti in tutti questi anni di cui vi abbiamo raccontato con Giulio Golia e Francesca Di Stefano questo caso con vari servizi e uno Speciale (trovate tutto in fondo all’articolo. Dalla testimonianza della vicina di casa, mai sentita prima d’ora dagli inquirenti, a quella degli infermieri dell'ambulanza arrivata a casa Ciontoli. Dall’audio della telefonata al 118 recentemente “ripulito” da una società americana in cui sono state decifrate le ultime parole di Marco alle intercettazioni ambientali dei giorni successivi alla morte del ragazzo. Sono questi gli elementi per i legali dei Vannini da inserire nel nuovo processo d’Appello, dopo che la Cassazione in febbraio ha annullato la sentenza di secondo grado precedente in cui Antonio Ciontoli, che sostiene di aver sparato al fidanzato della figlia per errore, veniva condannato a 5 anni per omicidio colposo dopo i 14 anni decisi invece in primo grado.

LA TESTIMONIANZA ESCLUSIVA A LE IENE DELLA VICINA
Sono stata vent’anni sotto una famiglia di assassini”. Maria Cristina, che abitava sotto la famiglia Ciontoli, ha parlato per la prima volta in esclusiva a Le Iene, come potete vedere nel servizio qui sopra. Lei era in casa la sera della tragedia e dice di aver sentito tutto: non ne ha mai parlato prima non solo con i giornalisti ma anche con gli inquirenti che non l’hanno mai convocata. 

Dice di essere l’ultima persona che ha visto Marco vivo a parte i Ciontoli, di non essere sicura di aver sentito la voce di Antonio Ciontoli da sopra, di aver sentito una discussione, poi “un botto”, il silenzio, poi di nuovo una gran confusione. Anche lei racconta di aver sentito Marco dire: “Scusa Martina”. Poi dice di aver sentito le sue urla. Inoltre sostiene che la sera della morte di Marco Vannini la macchina di Antonio Ciontoli non era nel solito posto dove la metteva da 20 anni. In quel punto sarebbe ricomparsa solo dopo l’arrivo dei soccorritori. Secondo i legali dei Vannini, questa testimonianza assieme a quella dei due medici del 118 andrebbe inserita nel processo. Aiuterebbero a capire che cosa sia accaduto in quella casa nei 100 minuti tra lo sparo “ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli” che “rimase inerte ostacolando i soccorsi”, come ha scritto la Cassazione aggiungendo che la morte del ragazzo sarebbe “la conseguenza sia delle lesioni causate dallo sparo che della mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l'effetto infausto".

LA TELEFONATA CON LE URLA DI MARCO
In quei 100 minuti sono avvenute le chiamate, poi annullate, al 118. “Dov'è il telefono, portamelo, portami il telefono, mi fa male, mi fa male il braccio. Ti prego basta, mi fa male, portami il telefono”. Sarebbero queste le ultime parole pronunciate da Marco nel salotto dei Ciontoli, in base alla ricostruzione di Team Emme, una società americana in prima linea anche nella lotta al revenge porn (come vi abbiamo raccontato qui). Le parole pronunciate da Vannini raccontano l’agonia di quegli interminabili minuti, prima che vengano attivati i soccorsi. Ma questo non è il solo audio mai entrato nel processo, ci sono anche le intercettazioni ritenute irrilevanti dei giorni successivi alla morte del ragazzo.

LE INTERCETTAZIONI DELLA FAMIGLIA CIONTOLI
Dovete umilmente prostrarvi ai piedi dei genitori di Marco perché se questi si presentano e ricorrono come parte civile a tuo padre lo mettono col sedere sotto il marciapiedi”. Lo ha detto al telefono Salvatore Ciontoli, padre di Antonio Ciontoli nonché nonno di Federico. Sono i dettagli che emergono dalle intercettazioni telefoniche a neanche 48 ore dall’omicidio di Marco Vannini (clicca qui per il servizio). È il 19 maggio 2015 alle 17.58 Salvatore Ciontoli chiama il nipote e gli consiglia quale strategia debbano avere con la famiglia Vannini che non vuole avere alcun contatto con la loro. Questa e tante altre intercettazioni non sono mai entrate nel processo. In quelle stesse ore Alessandro Carlini, cugino di Marco, rimprovera Martina Ciontoli: “La prima cosa che ha detto tuo fratello appena arrivato al pronto soccorso non è stato per Marco, ma ‘Papà perde il posto di lavoro cerchiamo di non far sapere niente’”.

Per mercoledì prossimo è fissata la prima udienza a esattamente 5 mesi dalla sentenza di Cassazione. “È una cosa che aspettavamo e ha ridato quel sorriso che a Marina mancava da tanto tempo”, ha detto Valerio Vannini, il papà di Marco dopo la sentenza del febbraio scorso. “È vero, mi ha detto: è la prima volta che ti vedo il sorriso come quando c’era Marco”, conferma Marina Conte, la mamma di Marco. “Mio figlio se la merita giustizia. L’hanno lasciato morire a 20 anni, lui si poteva salvare”.

Ecco qui sotto tutti i servizi principali che con Giulio Golia e Francesca Di Stefano abbiamo dedicato a questo caso.

Omicidio Vannini: le novità e lo speciale in sei parti

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