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“Io, mamma e licenziata, che ho la fortuna di lottare per tutte le donne”

Dopo il nostro servizio, Sara martedì sarà in Tribunale per la terza volta, di nuovo incinta

“In fondo sono fortunata. Mio marito ha un buon stipendio, posso permettermi di lottare per riavere il lavoro che ho perso perché ho fatto un figlio”. Ieri vi abbiamo fatto conoscere la storia di Sara nel servizio della Iena Cristiano Pasca. Oggi al telefono lei ci racconta che martedì 27 febbraio sarà in aula a Cosenza per la causa contro il licenziamento subito.

Dopo essere andata in maternità nel 2015, è stata trasferita a 250 km di distanza, nella sede di Salerno della sua azienda che si occupa di autotrapianto di capelli. Ha fatto ricorso e ha vinto. Hanno provato a trasferirla di nuovo a Salerno, ha vinto anche il secondo ricorso. L'azienda allora l'ha licenziata, nel luglio 2017, per una “crisi economica” che non risulta dai bilanci nemmeno per la sede di Cosenza, anzi. Ma Sara vuole lavorare, rivuole la sua “dignità di donna” e ora si presenta per la terza volta va in Tribunale contro chi l'ha assunta, per 850 euro al mese a tempo indeterminato, e poi cacciata perché mamma. Contesta il licenziamento come “ritorsione”.

In aula arriverà nuovamente incinta, al nono mese. Dopo Matteo, manca pochissimo alla nascita di Matilde. Fino al licenziamento non aveva cercato un altro bambino “perché nessuno dicesse che avevo fatto un altro figlio per tenermi il lavoro”.

Sara è stata abbandonata anche dalle colleghe, in un'azienda prevalentemente al femminile, anche dopo la messa in onda del nostro servizio: “Forse le hanno messe di fronte al bivio: o con noi o contro di noi. Di fatto mi hanno bloccato tutte su Facebook e quelle che lavorano a Cosenza non mi rivolgono più la parola”. Il sindacato? “In un'azienda con una sessantina di dipendenti in tutta Italia semplicemente non c'è: se mi reintegrano, la prima cosa che farò sarà proprio iscrivermi a un'organizzazione sindacale”.

La solidarietà è arrivata da altre donne mandate a casa, almeno una decina, alcune in pubblico e altre in privato. “Ho detto che sono fortunata”, continua Sara, “perché sono potuta andare avanti. Intanto il terrore psicologico in azienda ha fatto altre vittime: tre mamme si sono dimesse entro il primo anno di vita del figlio, il termine ultimo entro cui si può avere l'assegno di disoccupazione in caso di dimissioni volontarie”.

“Non ce la faccio a rassegnarmi: è ingiusto, è uno schifo! Sono delusa perché ho vinto due cause e non ho ancora in mano niente. Ma insisto, anche nel nome delle donne che non possono farlo o che hanno ancora troppa paura, per non dovere scrivere ‘sterili' nel curriculum per essere assunte. E anche per me: vuoi mettere la soddisfazione di rientrare nel mio ufficio e di riavere il mio lavoro?”.

“Tutte le donne e le mamme dovrebbero denunciare questa ingiustizia quando possono: non si deve perdere il lavoro perché si vuole un figlio. Certo, fare causa alla tua azienda e stare in ballo per un anno è mezzo è durissima. E' logorante, ti vien voglia di lasciar perdere un sacco di volte. Figuriamoci quando ti trovi in un Tribunale… Non c'ero mai stata, appena il giudice mi ha rivolto la parola sono scoppiata a piangere per la tensione. Ma va fatto, per i diritti e la dignità di tutte le donne, compresa la mia piccola Matilde”.

Sara, è un impegno: continueremo a seguire la tua lotta e ad aggiornare tutti sulla tua storia.

Guarda qui sotto il servizio andato in onda ieri “Quando fare un figlio ti costa il lavoro”.

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