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130.000 euro buttati e una vita rovinata

Ivan Bozovic è finito in carcere perché ha lo stesso nome di un vero trafficante di droga

Dopo 1 anno e 5 mesi di carcere, Ivan Bozovic, un serbo di 48 anni, è stato assolto e risarcito con 130.000 euro dalla III Corte d'appello di Milano. L'uomo era stato arrestato in Slovenia il 25 novembre 2012 per traffico internazionale di droga e poi subito estradato in Italia, ma era la persona sbagliata: la sua unica colpa era di chiamarsi esattamente come un trafficante di hashish croato, tuttora latitante.

Le indagini si appoggiavano esclusivamente su delle intercettazioni di due cellulari, le cui schede erano state attivate da un Ivan Bozovic attraverso un passaporto croato. Si poteva notare sin dal principio che il passaporto dell'uomo arrestato era di nazionalità e numero identificativo diverso.

“Tutta questa vicenda è capitata, secondo me, per colpa della superficialità, della mancanza di approfondimento e della mancanza di attenzione, perché non c'è altra spiegazione”, ci ha detto l'avvocato difensore di Bozovic, Ivano Chiesa. L'ordinanza d'arresto, “alta 10 centimetri”, non gli viene neanche tradotta nella sua lingua. “Immediatamente una mia collega, che mi sostituiva all'inizio del caso, aveva fatto notare a chi conduceva l'interrogatorio di garanzia che l'ordine di custodia cautelare non era stato tradotto nella lingua dell'imputato (serbo)”. L'interrogatorio era stato comunque portato avanti ed era stata dichiarata la latitanza del soggetto. “Finalmente, una volta tradotta l'ordinanza, Ivan ci ha detto che avevano sbagliato persona.”

Il serbo è rimasto detenuto nel carcere di Vigevano fino all'udienza del rito abbreviato, in cui però, nonostante l'evidente scambio di persona, è stato condannato a 6 anni e 6 mesi di carcere. Al tribunale del riesame, l'avvocato di Ivan Bozovic aveva cercato di fare luce sullo scambio di persona avvenuto, facendo anche notare che due documenti, che la polizia giudiziaria segnalava come riscontri al fatto che il titolare dell'utenza telefonica intercettata fosse l'imputato (una lista passeggeri di un volo Belgrado-Milano e il noleggio di un'auto), mancavano negli atti processuali. “Il giudice di primo grado ha fatto un enorme errore: per superare il problema dei passaporti che non coincidevano, ha detto che a riscontro c'erano quei documenti che in verità mancavano. È un errore di un certo peso, e i magistrati che sbagliano dovrebbero pagare”.

Dopo alcuni mesi la difesa è andata alla Corte d'appello di Milano, presieduta dal giudice Piero Gamacchio. Il magistrato, dopo aver ascoltato l'arringa della difesa, ha assolto l'imputato con la forma più ampia possibile. E il risarcimento di 130.000 euro è solo uno dei tanti indennizzi che lo stato ha dovuto pagare per delle ingiuste detenzioni negli ultimi anni. Come riporta il sito ErroriGiudiziari.com, il numero dei risarcimenti per ingiusta detenzione è salito a 1013 nel 2017, e ammonta a 34 milioni di euro. Se invece si contassero a partire dal 1992, il numero salirebbe a 648 milioni di euro.

L'avvocato Chiesa ha poi commentato così questi numeri: “Non è per niente incredibile purtroppo, questi casi sono molto più frequenti di quello che sembra. Vi faccio anche notare che in Italia per liquidarti di una ingiusta detenzione prima controllano non soltanto se è stato commesso un errore, ma anche se tu non abbia indotto il giudice in errore. Ora tutti penserebbero che una persona possa indurre un giudice in errore producendo prove false oppure presentando dei testimoni farlocchi. Invece no. Se tu non declami subito la tua innocenza oppure hai un comportamento difensivamente non chiarissimo, ti dicono che hai indotto il giudice a pensare che fossi colpevole, e a quel punto ti condannano. Pensate a Ivan che nemmeno capiva cosa ci fosse scritto nell'ordine di custodia cautelare.”

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