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Allerta terrorismo in Italia, il tunisino Atef: "Io nell'Isis? Incastrato da una donna" | VIDEO

Mathlouthi, sospettato di pianificare un attentato a Roma, parla in esclusiva video con Le Iene da Tunisi

"E' stata un'amica a denunciarmi, voleva che abbandonassi mia moglie per sposare lei". Colpo di scena a tinte rosa per il caso di Atef Mathlouthi, ricercato dalle forze dell'ordine perché sospettato di essere un terrorista pronto a colpire il centro di Roma. Noi de Le Iene lo abbiamo contattato a Tunisi, e lo abbiamo intervistato via Skype, come potete vedere nell'anticipazione video di qui sopra, per un servizio che andrà in onda nella puntata di questa sera.

Tutto era partito dopo che l'Ambasciata italiana a Tunisi ha ricevuto una lettera anonima che accusava Atef Mathlouthi di essere un militante dell'Isis che stava pianificando un attentato per attaccare l'Italia. "Quella donna mi aveva già minacciato al telefono, aveva detto che avrebbe fatto di tutto per rovinarmi qui in Tunisia. Io ero un suo amico, lei si è innamorata di me. L'ho allontanata un mese fa perché era venuta a trovarmi dall'Italia mia moglie con i bambini, e lei non sapeva niente di quella donna".

E così, secondo il tunisino, la donna, sentitasi rifiutata, avrebbe mandato la lettera all'Ambasciata, che ha fatto scattare l'allarme delle forze dell'ordine. E così è scattata la caccia all'uomo, con tanto di foto segnaletica finita su tutti i giornali. Il presunto terrorista è stato così raggiunto dalla polizia tunisina, che lo ha interrogato. Secondo quanto ci ha riferito Atef Mathlouthi, la donna che lo ha accusato sarebbe stata poi sentita dalle forze dell'ordine tunisine, che l'avrebbero arrestata.

Abbiamo contattato la Farnesina per chiedere conferma della versione data dal tunisino, ma ci hanno solo potuto confermare che la lettera anonima era stata effettivamente ricevuta dall'Ambasciata a Tunisi. Per la notizia dell'arresto della donna, ci rimandano al Viminale. La lettera anonima è stata l'unica fonte di prova che ha fatto scattare l'allarme? Anche su questo preferiscono non rispondere.

Atef Mathlouthi viveva a Palermo, con la moglie Beatrice e i suoi quattro figli. Spacciatore di droga e venditore di materiale contraffatto, è stato in carcere più volte. Ora su di lui pende una condanna di cinque anni, sei mesi e due giorni di carcere per spaccio di droga, ricettazione e introduzione nel territorio nazionale di prodotti contraffatti o falsi. Ma secondo quanto ci ha riferito il tunisino, non rientra in Italia da cinque anni, perché ha il permesso di soggiorno scaduto. "Ora vorrei tornare in Italia, per scontare la mia pena. Ma non sono un terrorista".

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