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“I miei bambini sono liberi”: detenuta uccide i figli in carcere. Il nostro servizio sulla prigione dei piccoli | VIDEO

Uccide i figli buttandoli dalle scale del carcere di Rebibbia. Con Veronica Ruggeri siamo entrati in una delle strutture carcerarie che permettono alle madri di condividere la reclusione con i figli per capire cosa spinge queste donne a portare con loro i bambini

Una tragedia che torna ad accendere la discussione sui bambini ospitati nelle carceri assieme alle madri, quella avvenuta il 18 settembre nel carcere di Rebibbia a Roma. Una detenuta di 33 anni ha ucciso la figlia neonata e il fratellino di due anni gettandoli dalle scale nella sezione nido del carcere, dove sono ospitati bambini fino a 3 anni. È la prima volta che accade nella storia delle mamme detenute con i figli nel nostro Paese. La donna, di nazionalità tedesca e detenuta per concorso in detenzione di stupefacenti, durante il colloquio con l’avvocato nel reparto di psichiatria dell’ospedale Pertini dove si trova dopo l’accaduto, ha spiegato così il suo folle gesto: “i miei bambini sono liberi, sono in paradiso”. La piccola è morta sul colpo, mentre il bambino di due anni è stato portato all’ospedale Bambino Gesù in gravi condizioni, ma nella serata di mercoledì è stata dichiarata dai medici la morte cerebrale del piccolo.

La donna, si legge in un documento firmato dal capo del Dap, Francesco Basentini, “era stata più volte segnalata per alcuni comportamenti, sintomatici di una preoccupante intolleranza nei confronti dei due piccoli”. Era stata infatti segnalata dal personale in servizio “la necessità di accertamenti anche di tipo psichiatrico”. Intanto sono arrivati i primi provvedimenti: la sospensione del direttore della casa circondariale femminile di Roma-Rebibbia, della sua vice e del comandante del reparto di Polizia penitenziaria. Una vicenda che accende il dibattito sui 62 piccoli che in Italia sono in carcere con le loro madri.

Le due piccole vittime di questo episodio “erano in carcere con la madre e non dove sarebbe stato umano ospitare tutto il nucleo familiare, ovvero in una casa famiglia protetta”, scrive oggi su Repubblica Roberto Saviano in merito alla vicenda. “Ma qui si apre l’annoso capitolo delle misure alternative al carcere e dei mancati finanziamenti per queste strutture”. “Sono bambini, non hanno commesso reati e, quando possibile, devono stare con i genitori in ambienti che siano di supporto al nucleo familiare”, continua.

Noi de Le Iene siamo stati nell’ICAM di Milano (Istituto a custodia attenuata per detenute madri). Con Veronica Ruggeri abbiamo intervistato alcune mamme che qui condividono la reclusione con i figli. Nella sezione di Milano vivono dieci bambini piccoli, da 0 a 6 anni, alcuni dei quali non capiscono neanche di essere in carcere. Abbiamo parlato con quelle mamme, per capire cosa le ha spinte a questa scelta. Abbiamo conosciuto Vanya, ragazza bosniaca di 22 anni, che è dentro con le sue figlie di tre e due anni. “La piccolina non ha ancora capito, ma quella di tre anni e mezzo è consapevole di essere rinchiusa: dà i calci alla porta”, racconta. “Non è giusto che stia con me in carcere, ma non è giusto nemmeno che resti fuori senza di me”.

Guarda qui sotto il servizio completo di Veronica Ruggeri. 

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