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News | di Matteo Gamba |

Bullismo in prima elementare: “La mia Gaia abbandonata anche dalle maestre”

La piccola era vittima di un gruppo di bulle. La scuola faceva finta di niente. Dopo gli attacchi di panico e i tic, la rinascita è arrivata solo cambiando istituto

“Gaia  piangeva sempre quando tornava da scuola. Il suo calvario è iniziato verso la metà della prima elementare e con il tempo è solo peggiorato, fino agli stati d’ansia, gli attacchi di panico e i tic. Era un incubo da cui la mia piccola non usciva, anche perché le maestre facevano finta di niente”.

Ieri in onda Andrea, 12 anni, ha raccontato alla nostra Nina Palmieri la sua storia di vittima di bullismo. Escluso da tutti per colpa di un gruppo di bulle, è arrivato ad ammalarsi psicologicamente per il dolore, senza che la scuola sia riuscita ad aiutarlo. Oggi ci ha scritto Paola (i nomi sono di fantasia per tutelare la bambina) per parlarci della storia purtroppo simile di sua figlia Gaia, anche lei vittima delle bulle, dall’età di sei anni.

Oggetto dell’email: “Microbullismo”. Qui di “micro” però c’è solo l’età delle bambine coinvolte. Perché le sofferenze di Gaia sono state grandi, di quelle enormi anzi per una bambina così piccola, che possono lasciare tracce per sempre. “Dal mese di gennaio tornava a casa piangendo ogni giorno”, racconta Paola quando la contattiamo al telefono. “Una compagna di classe, Rita, la ‘leader’ della classe, aveva iniziato a prenderla di mira. ‘Nessuno deve parlare con Gaia’, ‘Nessuno deve giocare più con Gaia’… Se qualcuna disobbediva rischiava l’esclusione: per questo anche l’amichetta del cuore di mia figlia, sotto ricatto, l’ha abbandonata”.

Paola chiede aiuto alle maestre, che promettono di vigilare, di fatto per due anni non faranno niente. Le torture psicologiche continuano: “‘Noi andiamo a giocare, tu però non puoi venire’, ‘Nessuno inviti Gaia al pigiama party, se no non vengo io’: la reginetta della classe si accaniva sempre più. E Gaia peggiorava: in estate l’abbiamo mandata da uno psicologo, che ha documentato lo ‘stato di sottomissione psicologica della bambina’. La scuola non ha reagito nemmeno di fronte a questo certificato”.
  
E questa non reazione, come nel caso di Andrea, sconcerta. Le colpe non possono essere attribuite certo solo alla “bulla” Rita, che arriva da un contesto difficile e che evidentemente aveva bisogno d’aiuto pure lei. “Parlare con la sua famiglia era impossibile: dalla madre arrivano grida, dal padre minacce”, spiega Paola.

“Se Gaia veniva interrogata, Rita incitava gli altri: ‘Tanto sbaglia, vedrai’. E giù risate al minimo errore”. Anche a Paola tremano le parole, ora, nel racconto: “Mia figlia a un certo punto crolla: in classe non parla più, se interrogata fa scena muta, non gioca con nessuna amichetta. È completamente isolata ed esclusa. Anche i voti crollano: da tutti 9 e 10 a tutti 5 e 6. Lo stato d’ansia peggiora, diventa permanente. Gaia ha almeno due incubi a notte, dorme con noi, ma non basta. Gli incubi e l’ansia si trasformano in veri attacchi di panico e iniziano i tic: alla bocca, alla spalla, alla testa”.

Nell’estate tra la seconda e terza elementare ci si mette anche la sfortuna: al Centro ricreativo del loro paese Gaia e Rita si trovano nello stesso gruppo. L’aggressività della bulla arriva a spintoni, morsi, insulti e minacce sempre più pesanti. La terza inizia subito come un nuovo calvario, mentre la dirigente della scuola non sa fare di meglio di insinuare che ‘è Gaia a non sapersi rapportare agli altri’”.

È l’ultima goccia. Ai genitori non resta che far cambiare scuola a Gaia, come è successo ad Andrea, il ragazzo del servizio di Nina. “All’inizio è stato un nuovo trauma. Poi Gaia è rinata, giorno dopo giorno, fino a oggi. Parla e gioca con tutti, è felice, dorme. Gli stati d’ansia e gli attacchi di panico sono scomparsi, anche i tic stanno diminuendo: ne sono rimasti due, ma molto leggeri”.

“Resta anche la tristezza per una scuola che non è intervenuta, con bambini così piccoli e deboli. Vi abbiamo raccontato la nostra storia perché speriamo serva a cambiare qualcosa o almeno ad altre famiglie, perché si sentano meno sole”, conclude Paola. “Siamo stati comunque fortunati: Gaia ci ha sempre raccontato tutto. Se si fosse chiusa anche con noi, come succede a tanti e tante, sarebbe stato molto peggio. Spero solo che possa digerire con il tempo tutto quello che ha patito, tutta quella sofferenza, che l’ha segnata nel profondo, spero non per sempre”.

Guarda qui sotto il servizio di ieri, domenica 13 maggio "Bullismo, quando nessuno ci crede".

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