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News | di Alessandro Barcella |

Caso Di Maio, Filippo Roma: “Minacciato di morte su Internet”

Dopo i due servizi sul lavoro nero nell’azienda di famiglia del ministro del Lavoro, alla Iena arrivano insulti e minacce come: “Se ti incontro per strada ti ammazzo”. Tutta la nostra solidarietà a Filippo contro chi vuole zittire l’informazione

“Se ti incontro per strada ti ammazzo”. Le polemiche, democraticamente legittime, attorno all’inchiesta sul padre del vicepremier Luigi di Maio, hanno preso un terreno minato, sconfinando nelle minacce di morte. Lo ha raccontato a “Un giorno da pecora” su Rai radio1 il nostro Filippo Roma, la Iena che con l’autore Marco Occhipinti sta indagando sul caso dei lavoratori in nero impiegati nella ditta edile del padre del leader dei Cinque Stelle.

Noi esprimiamo tutta la nostra solidarietà. Perché il clima è grave e non parliamo solo del rischio terribile che si passi dalle parole ai fatti. C’è troppa gente che vuole zittire in ogni maniera chi fa il proprio lavoro di raccontare notizie.

L’inchiesta è iniziata da una prima testimonianza esclusiva, quella di Salvatore Pizzo, che ha raccontato di aver lavorato due anni, dal 2009 al 2010, nella ditta di Antonio Di Maio e di essere stato pagato per un anno completamente in nero (in contanti, nonostante avesse chiesto di essere regolarizzato).

Salvatore Pizzo ha aggiunto che Antonio Di Maio, in occasione di un suo infortunio sul lavoro, gli avrebbe chiesto mentre lo soccorreva, di non dire che l’incidente era successo mentre lavorava in cantiere, ma a casa. Ma Salvatore in ospedale aveva raccontato la verità e per questo dopo la guarigione era stato licenziato.

Pizzo si era rivolto alla Cgil ed era stato contrattualizzato da Antonio di Maio per sei mesi, per essere nuovamente licenziato: “Non gli ho fatto causa perché mi ha dato una sommetta di 500 euro in nero”. Per stare zitto insomma, spiega ancora Pizzo.

Di Maio ha confermato a Filippo Roma il caso. “Solo uno”, però. Invece gli operai al nero sarebbero infatti stati più di uno e Filippo Roma ha parlato al ministro del Lavoro Di Maio di altri tre casi di lavoro nero, nel nostro secondo servizio sul caso.

Mimmo, Giovanni e Stefano sarebbero infatti stati impiegati in nero nel periodo tra il 2008 e il 2010, prima cioè che nel 2012 Luigi Di Maio entrasse nell’assetto proprietario dell’azienda.

L’azienda edile che da trent’anni porta avanti il padre di Luigi, Antonio, infatti, prima era intestata alla madre Paolina Esposito, poi è confluita nell’Ardima srl, di proprietà dal 2012 al 50% del ministro e della sorella Rosalba.

Qualcuno ha perfino cercato di intorbidare le acque, lanciando la fake news che Pizzo fosse in realtà un candidato del Pd, e che dunque potesse aver raccontato questa storia solo per motivi politici. Una bufala sbugiardata dal sito bufale.net, e di cui vi avevamo parlato diffusamente (cliccate qui per leggere l’articolo).

Ora la macchina del fango nei confronti de Le Iene e di Filippo Romaè arrivata a gravi parole d’odio violento. Tutta la squadra de Le Iene ribadisce la massima solidarietà a Filippo Roma e a Marco Occhipinti. 

Guarda qui sotto i due servizi sul caso Di Maio.

 

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