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La morte di Fabian Tomasi non ferma la sua lotta contro il glifosato della Monsanto | VIDEO

È morto all’età di 53 anni per una polineuropatia che lo ha colpito dopo anni passati a lavorare nei campi a contatto con il glifosato. Con Gaetano Pecoraro abbiamo intervistato Fabian Tomasi, l’uomo colpito “dagli effetti collaterali di un grande business come l’agricoltura industriale”

“Tutto è iniziato con questo problema alle dita: le mani sono diventate viola e ho iniziato ad avere deformazioni alla schiena e alle ossa. Adesso ho dolori insopportabili agli organi interni. Quando mangio il cibo mi esce dal naso. Ho dolori ai muscoli, il cuore lo è, e la deduzione è semplice da fare. Mi davano poco tempo di vita: sei o sette mesi, non di più. Invece sono già passati dieci anni”. Con queste parole, nel 2016, Fabian Tomasi ci raccontava la sua malattia, una polineuropatia che lo ha colpito dopo una vita passata a lavorare nei campi, a contatto con l’erbicida più usato al mondo: il glifosato. Una malattia che lo ha portato alla morte, di cui Fabian, come ci ha raccontato nell’intervista di Gaetano Pecoraro che vedete sopra, aveva “tanta paura”.

Il suo corpo, magrissimo, con la schiena ricurva, le guance incavate, il torace sporgente, era diventato il simbolo della lotta contro il pericolo nell’uso degli erbicidi e in particolare contro il glifosato. Una sostanza definita nel 2015 dall’Organizzazione mondiale della sanità come “probabilmente cancerogena”, e che è alla base del prodotto “Roundup” della Monsanto, multinazionale di biotecnologie agrarie, recentemente acquisita dalla tedesca Bayer. Si tratta di una sostanza “non selettiva”: distrugge tutte le piante con cui viene a contatto, per questo viene usato solo nelle coltivazioni geneticamente modificate, le uniche che riescono a resistergli.

Fabian a contatto con queste piante c’è stato da quando aveva 23 anni, dai tempi in cui lavorava per una fattoria nella regione Entre Rios, in Argentina. Con la Iena Pecoraro siamo stati proprio in questo paese, che, in proporzione agli abitanti, è quello che usa più glifosato al mondo. Nel nostro viaggio, tra bambini malati ed enormi campi coltivati, abbiamo incontrato anche Fabian, che, dopo averci mostrato il suo corpo, vera e propria “denuncia” contro gli erbicidi, ci ha raccontato la sua storia.

“Caricavo gli aerei con tutti i tipi di veleni, ci mangiavamo vicino. Li lavavo e li sistemavo. Facevamo ‘la bandiera’ senza protezione. Sai cosa vuole dire fare la bandiera? È quello che si ferma in un punto del campo con un’asta e una bandiera, e muovendole segnala all’aereo di passare di lì, prendendosi gli spruzzi dei pesticidi. Generalmente chiedevamo al pilota di spruzzarci perché nei campi c’era un caldo insopportabile”. Fabian non sa che quell’esposizione potrebbe portare con sé conseguenze disastrose. Lo ha appreso sulla sua pelle, quando si è ammalato. “La notte non riesco a dormire, ho paura di non svegliarmi il giorno dopo. Non sopporto i cimiteri: quando piove penso al freddo che sentono i morti”. E Fabian attribuisce la colpa di quello che gli è successo “all’essere umano”, per il comportamento del quale “non c’è assoluzione e la natura chiederà il conto per il male che si sta facendo”.

“Io sono stato liquidato con una pensione minima che non copre nessuna spesa. Dimmi se non dovrei essere arrabbiato, se non dovrei sentirmi un recluso, una persona che odia tutti. Ma non gli do questa soddisfazione, io ho perdonato tutti. L’azienda che non mi ha aiutato, la medicina è stata complice, come pure il governo”. Ma Fabian non ha mai smesso di lottare, fino alla fine, affinché la sua storia si trasformasse in una vera e propria denuncia. “La mia non è solo una testimonianza, tutto questo deve servire. Non a noi, che ormai siamo perduti, ma agli altri, affinché capiscano che siamo stati ingannati e che la nostra vita è stata ceduta in cambio di denaro”.

Guarda qui sotto il primo servizio di Gaetano Pecoraro dedicato all’uso del glifosato in agricoltura.

 

 

Nel secondo servizio, del 15 novembre 2016, abbiamo documentato quanto glifosato viene usato in Italia, dal nord alla Sicilia. Ne troviamo tracce non solo nell’acqua potabile, ma anche negli alimenti, soprattutto nella pasta.

 

 

Nel terzo servizio, del 17 dicembre 2017, “L’Europa decide di non essere ecologica”, vi abbiamo raccontato la storia di Théo, 10 anni, operato 52 volte.Vive dalla nascita con gravi malformazioni interne, ricondotte da un medico al glifosato. Siamo andati a trovarlo nelle campagna francese vicino Lione. Proprio in quel campo la madre, senza conoscerne gli effetti (sul prodotto non erano indicati in alcun modo), ha usato glifosato mentre era incinta.

 

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