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Ilaria Alpi, 24 anni dopo: nessun colpevole, troppi misteri e troppe morti sospette

Il 20 marzo 1994 l'inviata del Tg3 veniva uccisa in Somalia assieme all'operatore Miran Hrovatin. Ecco alcuni degli aspetti più inquietanti di uno dei misteri (irrisolti) d'Italia

 

Il 20 marzo 1994 in Somalia venivano uccisi l’inviata del Tg3 Ilaria Alpi, e l’operatore Miran Hrovatin. Cosa sappiamo oggi del loro omicidio? Quasi niente, o almeno troppo poco.

Il 19 ottobre 2016, come vi abbiamo anticipato nel 2015 nel servizio che vi riproponiamo qui sotto, è stato liberato e riconosciuto innocente, dopo 16 anni di carcere, Hashi Omar Hassan, l’unico condannato in Italia per la morte dei due giornalisti.

Oggi a 24 anni dal delitto la giustizia italiana non ha trovato nessun responsabile. Ventiquattro anni di silenzi, di menzogne, di conclamati depistaggi e insistiti insabbiamenti orchestrati da mani invisibili alla giustizia, hanno dimostrato almeno una cosa: questo duplice omicidio non può essere considerato “normale”, per quanto la parola “normale” mal si adatti a qualunque fatto di sangue.

Stranezze, calunnie, segreti e delitti a distanza affollano ancora uno dei più intricati misteri d’Italia maturato nell’ambito di inconfessabili traffici di armi e rifiuti. In questo contesto c’è un aspetto poco noto, mal sondato, le vicissitudini di tutti i testimoni più importanti del delitto che immancabilmente, per chi ha la pazienza di scavare tra le carte, si concludono con altrettante morti misteriose.

Ali Abdì, l’autista di Ilaria e Miran il giorno del delitto. Dopo aver rinunciato al programma di protezione testimoni in Italia, al rientro in Somalia viene trovato morto in una camera d’albergo. Per i giornali di Mogadiscio fu avvelenamento o overdose di eroina (in somalo le due eventualità sono indicate con la stessa parola). La cosiddetta “donna del the”, che ha testimoniato sulle manovre preparatorie dell’agguato mortale ai due reporter della Rai davanti all’Hotal Amana, è scomparsa e di lei non c’è traccia. Starlin Arush, una buona conoscente di Ilaria, presidente dell’associazione delle donne somale e impegnata anche a livello politico, che dopo l’agguato del 20 marzo 1994 si era incontrata nella sua abitazione con l’autista di Ilaria, è stata uccisa in circostanze misteriose, nel febbraio 2003, nel corso di una rapina lungo la strada che dall’aeroporto di Nairobi porta in città.

E ancora. Il colonnello Aweis, capo della sicurezza dell’albergo Amana, nei pressi del quale avviene l’agguato mortale ai due giornalisti della Rai, è deceduto non si sa in quali circostanze né in quale periodo preciso. È stato forse l’ultimo che ha visto Ilaria e Miran vivi. Altri testimoni, o per lo meno persone ritratte nei filmati girati dalla tv Abc nell’immediatezza del delitto, sono morte. Come, per esempio, «l’uomo con la maglia gialla e grigio-azzurra» che si vede durante il trasporto del corpo di Ilaria sulla macchina di Giancarlo Marocchino (l’imprenditore italiano che per primo arriva sulla scena del delitto), mentre passa nelle mani dello stesso alcuni oggetti: un taccuino, una macchina fotografica, una radio trasmittente o un registratore. Di costui si sa che era un uomo della scorta di Marocchino, il quale ha riferito trattarsi di una persona (di cui non ha fornito il nome) deceduta «sparandosi accidentalmente».

C’è poi Carlo Mavroleon, l’operatore della tv americana Abc, che ha girato le immagini: è stato assassinato in Afghanistan nel 1997. Anche Vittorio Lenzi, operatore della televisione svizzera, presente nei primi momenti dopo il delitto è morto qualche anno dopo in uno strano incidente stradale. Il colonnello Ali Jirow Shermarke ha firmato un rapporto investigativo per le Nazioni Unite che accusava Giancarlo Marocchino, a seguito di una indagine che aveva svolto in quanto capo della Divisione investigativa criminale di Mogadiscio. Anch’egli è morto senza che si sappia quando e come.

C’è poi il nipote della fonte Gargallo. Il somalo, da una vita in Italia, che ha consentito alla Digos di Udine di ricostruire nei dettagli alcuni passi della vicenda dell’omicidio dei due giornalisti della Rai rintracciando in Somalia testimoni oculari poi fatti arrivare in Italia e accompagnati nel nostro Paese proprio dal nipote: è stato ucciso da un gruppo di uomini armati a Mogadiscio, in un agguato, secondo quanto riferito dallo stesso Gargallo.

Insomma, accanto agli omicidi di Ilaria e Miran, c’è un ecatombe di testimoni, un tasso di mortalità spropositato: anche per coprire traffici di armi e di rifiuti.

Luigi Grimaldi

Guarda qui sotto il nostri servizio del 26 marzo 2015.

 

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