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La spia e il blogger: le incredibili storie di due eroi iracheni contro l'Isis

Il New York Times racconta l'uomo che è riuscito a sventare 50 attentati a Baghdad infiltrandosi per un anno e mezzo nello Stato Islamico. Un eroe “normale” dell’Iraq, come il blogger Omar Mohammed, intervistato dal nostro Pablo Trincia 

Ha sventato 50 attentati a Baghdad infiltrandosi per un anno e mezzo nell’organizzazione più pericolosa del mondo, l’Isis. È la storia incredibile di Harith al Sudani, raccontata dal New York Times. E l’agente, che vediamo sotto nel tweet di Philip Carter della Rand Corporation (think tank molto americano influente), non lavorava per un colosso dell’intelligence del livello della Cia: era semplicemente al servizio dell’unità Falcons dell’antiterrorismo iracheno.

Parliamo insomma di “un eroe normale”, come Omar Mohammed, il blogger che è stato per anni l’unica fonte dalla Mosul occupata dallo Stato Islamico che il nostro Pablo Trincia ha intervistato nel servizio andato in onda il 21 febbraio scorso “Il blogger testimone dell’orrore”, che vi raccontiamo e riproponiamo qui sotto.

La spia. Sudani, 38 anni, ex donnaiolo un po' svogliato nella vita ed ex informatico per una società petrolifera, è uno dei pochi a essersi infiltrato a nello Stato islamico a lungo. Una spia, eccezionale, quasi per caso: nessuno, racconta il New York Times tra familiari, conoscenti e docenti avrebbe mai pensato che potesse diventarlo. Nel 2006 entra invece nell’unità speciale dei Falcons, appena creata: doveva controllare movimenti internet e telefonate dei sospetti terroristi.


Nell’estate 2014 arriva l’Isis, conquistando ampi pezzi di Iraq. Sudani si offre come infiltrato. Studia, lui sciita, rituali e preghiere sunniti e i versi del Corano preferiti dallo Stato islamico. Reclutato in moschea nella cellula di Tarmiya, viene assegnato al settore “missioni suicide a Baghdad”: deve portare i furgoni carichi di esplosivo nella capitale.

D’accordo con i Falcons, gli esplosivi vengono disinnescati lungo la strada e gli aspiranti kamikaze arrestati o uccisi. Non tutte le missioni però possono fallire: a volte si fa uscire sui media la notizia di attentati riusciti, quando in realtà sono stati sventati.  

Lo Stato islamico però inizia insospettirsi. Durante una perlustrazione a Baghdad per possibili attentati, Sudani fa un salto a casa. Chiamato da un comandante dell’Isis non gli dice dove si trova davvero e viene scoperto tramite il gps del cellulare. Pochi mesi dopo, nel dicembre 2016, gli dicono di occuparsi di un grande attentato per il giorno di Capodanno. Sudani usa la solita procedura con i Falcons, a bordo del furgone però l'Isis ha messo due microspie.

A gennaio, nuovo ordine: deve andare in una zona fuori Tarmiya, isolata e senza vie di fuga. I tentativi successivi di ritrovarlo dei Falcons sono inutili. In agosto in un video di propaganda dell’Isis, che mostra l’uccisione di alcuni priginieri, Sudani viene riconosciuto come una delle vittime. Cosa inusuale per una spia, oggi è diventato un eroe riconosciuto per l'Iraq.

Il blogger. Nel febbraio scorso Pablo Trincia ci ha raccontato, nel servizio che vi riproponiamo qui sotto e che contiene immagini, anche molto cruente, mai viste prima, la storia di un altro eroe iracheno, che fortunatamente può ancora parlarne. Omar Mohammed, 32 anni, ha descritto nel suo blog la vita a Mosul, quasi due milioni di abitanti, la seconda città più grande dell’Iraq, dopo la conquista da parte dell’Isis.
 


Omar conduceva una vita di copertura per raccontare poi dall’interno su Mosul Eye, seguito in tutto il mondo perché unica voce indipendente dalla città, l’orrore di vivere sotto l’occupazione dello Stato islamico. La nostra Iena ha incontrato Omar in una località protetta dell’Europa, ora che sono state ammainate quasi ovunque le bandiere nere dei jihadisti (che lo hanno comunque condannato a morte, come racconta nella foto qui sopra).

Laureato in Storia, ha vissuto tutti gli orrori e le guerre in Iraq. Dopo l’arrivo degli Americani, inizia l’inferno della lotta con i jihadisti, con scene da film dell’orrore ogni giorno per strada. Il peggio però deve ancora arrivare, nell’estate del 2014, con i jihadisti più crudeli al potere, quelli dell’Isis.

Mosul si trova catapultata nel Medioevo, Omar decide di raccontare tutto al mondo aprendo il suo blog: “Sapevo che era una cosa molto pericolosa, ma bisognava farlo”, racconta a Pablo Trincia. “Chiedevano sempre soldi, non si poteva lasciare la città, non si poteva andare a scuola, ascoltare musica, l’arte era proibita, si poteva parlare con le persone solo dentro casa, non si poteva usare il cellulare”.

Anche l’escalation di violenza è immediata: “Per un furto ti tagliavano la mano in pubblico, anche ai bambini, gli omosessuali venivano buttati giù dai tetti, i cristiani crocifissi, lapidazioni, decapitazioni e torture erano continue, per qualsiasi motivo. Le esecuzioni erano diventate veri show per tutti, girati a volte come dei film. Ho visto perfino con i miei occhi dei bambini giocare a calcio con le teste dei cadaveri”.

Omar denuncia tutto, compreso l’arruolamento dei kamikaze sempre più giovani. Raccogliendo informazioni di giorno e scivendole sul blog di notte, tenendo anche un conto aggiornato delle vittime. I miliziani lo minacciano, ma non lo trovano. Alla fine del 2017 Omar scappa, quando ormai gran parte di Mosul è stata liberata: “Non ci tornerò mai, la mià città non esiste più”.

Guardate qui sotto il servizio “Il blogger testimone dell’orrore”.
 

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