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News | di Alessandro Barcella |

Come abbiamo liberato Karìma dalla sua “prigione” tunisina | VIDEO

La 15enne italiana era bloccata in Tunisia. Fra botte e minacce, dopo quasi 4 mesi a casa dei parenti del padre, è finalmente tornata in Italia.

Karìma è tornata a casa. È finalmente libera, tra i suoi amici in Italia. Via dalla casa della famiglia del padre, che per quasi 4 mesi è stata la sua “prigione”. Vi avevamo già parlato di questa 15enne, madre italiana e padre tunisino, quando era ancora bloccata in Tunisia. La madre l'aveva portata lì in agosto la madre per le vacanze, ma alla fine si era trasformata in una trappola che l’ha bloccata, tra minacce e botte.

Tutto era partito da un messaggio arrivato alla nostra email, un uomo che chiedeva di rimanere anonimo ma segnalava una situazione di estrema gravità:“C’è una ragazzina italiana di 15 anni, imprigionata a casa dei parenti del padre, in Tunisia, le hanno sequestrato i documenti. Ed è stata anche picchiata!”. 

Era stata la madre della giovane, come vi abbiamo raccontato, a portarla  in estate dai parenti del marito, un uomo in carcere in Italia per questioni di droga. Ma al momento di ripartire, non si sa ancora bene come e perché, il documento della ragazza era sparito. Intrappolandola tra quelle mura, mentre la madre faceva ritorno in Italia da sola.  

E lì, in quella casa lontana 2000 chilometri dalla sua (in un quartiere popolare e difficile di una città del nord italia), la ragazza aveva denunciato le botte ricevute dal fratello del padre, che a quanto raccontava Karìma era uno spacciatore. Racconti fatti attraverso l’unico mezzo a disposizione della giovane, un cellulare con il quale cercava di rimanere in contatto con gli amici in Italia attraverso messaggi vocali ed sms. Un cellulare che più volte veniva sequestrato dallo zio e privato della sim card. Una “prigione”, come dicevamo.

Messaggi disperati, come quello in cui aveva implorato attraverso un’amica l’aiuto della madre, affinché andasse a riprenderla: “Convinci mia mamma a venirmi a prendere, perché o me ne vado o io qua muoio!

Una situazione comunque poco chiara, sin dall’inizio. Perché Karìma era stata lasciata in Tunisia? Era davvero la volontà indiscutibile del padre dalla cella, come raccontava la mamma alla figlia? O la donna accampava la scusa di non avere soldi per andare a riprendersela, nascondendo invece il desiderio di tenerla lontana dall’Italia e da casa?

Le Iene decidono di intervenire: non c’è tempo da perdere. Pubblichiamo il primo racconto di questa vicenda: l’eco delle polemiche social, fortissime,  arriva sino alle orecchie della madre, che ci scrive e chiede di raccontare la sua versione della storia. La donna si rende finalmente conto che Karìma è probabilmente in pericolo reale, e decide (sebbene dopo quasi 4 mesi) di partire immediatamente per la Tunisia.

Sono ore di tensione. La donna non dice nulla ai parenti del marito, ha paura che possano impedirle di riprendersi la figlia. Il “blitz” tunisino della madre dura 2 giorni, durante i quali la donna è assistita dalle nostre autorità diplomatiche, che l’aiutano nel disbrigo delle pratiche legate ai documenti di espatrio di Karìma.  E dopo ore e ore di attesa, interminabili anche per noi che ci siamo affezionati a lei e alla sua storia, arriva il lieto fine. Karìma è all’aeroporto di Tunisi insieme alla mamma, pronta a volare verso casa.

Ma non è ancora detta l’ultima parola: le autorità di polizia e di frontiera potrebbero fare storie, ritardare o impedire il rientro della ragazza. D’altronde Karìma, per la legge locale, è cittadina tunisina in quanto il padre è tunisino. Seguono altri interminabili minuti di attesa, ma all’improvviso giunge la chiamata che aspettavamo: Abbiamo passato la dogana!”, grida entusiasta la mamma. Karìma è stretta al suo braccio.

E poche ore dopo, giunta davvero davanti alla propria casa italiana, è il momento di festeggiare insieme agli amici, che nel frattempo hanno tappezzato l’edificio di cartelli. “Bentornata a casa”. E un bentornata naturalmente anche dalle Iene, che sono pronte a raccogliere alla email redazioneiene@mediaset.itle vostre storie, se avete da segnalarci vicende simili a quella di Karìma.   

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