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Mafia e racket dei funerali, 4 condanne durissime: il nostro servizio | VIDEO

La denuncia partita dal titolare di un’agenzia funebre a Camastra (Agrigento) porta, dopo sei anni, a quattro condanne pesanti. Con Giulio Golia vi abbiamo raccontato questa storia fatta di coraggio, di una coppia e del loro socio, intimidazioni continue e omertà, di un intero paese

Un anno fa vi abbiamo raccontato con Giulio Golia, nel servizio che vedete qui sopra, una storia di coraggio nel denunciare la mafia e di intimidazioni continue, oggi sono arrivate le durissime condanne contro i mafiosi denunciati.

La storia è quella di Vincenzo De Marco, che gestisce con la moglie Irene Casuccio e il socio Bruno Forti un’agenzia funebre a Camastra, un paese di duemila abitanti in provincia di Agrigento. Dopo anni di minacce e intimidazioni, Vincenzo De Marco nel 2012 ha denunciato il boss la famiglia Meli.

In aula, dopo sei anni ha potuto ascoltare le quattro condanne molto pesanti contro un clan accusato di aver pilotato affari, appalti e politica. L’inchiesta è partita proprio dalla sua denuncia. Il boss del paese Rosario Meli, detto “U Puparu”, è stato condannato a 17 anni e 6 mesi, il figlio Vincenzo Meli a 14 anni e 6 mesi, il tabaccaio del paese Calogero Piombo a 13 anni e 6 mesi, il boss di Canicattì Calogero Di Caro a 22 anni.

Ai De Marco e al socio viene riconosciuto un risarcimento provvisionale di 10mila euro, in attesa del procedimento civile. Nulla per ora in confronto a quello che hanno passato, con la soddisfazione però di aver contribuito a fare giustizia.

La denuncia era arrivata dopo essere stati costretti a pagare il pizzo per anni e sotto continue intimidazioni. “A costo della vita, dobbiamo dire basta”, dice la moglie Irene a Giulio Golia. 

Dopo quella denuncia l’incubo è diventato un vero inferno. Fuori dell’agenzia c’è sempre un uomo che controlla Vincenzo. Il socio Bruno viene portato in campagna, minacciato. Poi gli bruciano macchina e furgone. I Meli aprono anche un’agenzia concorrente per costringerli a chiudere.

Il paese li abbandona: tutti scelgono per i funerali l’agenzia dei Meli. Anche i figli vengono minacciati, l’auto dei De Marco viene incendiata sotto la loro casa, con fiamme altissime che arrivano fino al secondo piano.

Nel 2016 scattano i primi arresti. Ma l’isolamento dell’agenzia De Marco, non cambia, anzi.

Giulio Golia ha provato a parlare con la figlia del boss Rita e con la nuora Caterina, scontrandosi contro un muro di pochissime parole, silenzi e fughe. Stessa scena in paese dove non è riuscito a ottenere nemmeno una risposta alla semplice domanda: “È giusto denunciare la mafia?”.

Sì, è giusto, è giusta “la scelta di stare dalla parte dello Stato e della legalità”, come dice Vincenzo De Marco. “Non ci piegheremo più”, dice a Giulio Golia.

Oggi vede alla sua denuncia seguire condanne davvero dure. Dopo anni da incubo, che speriamo ora possa lasciarsi alle spalle.  

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