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Magherini, superati 2.000 euro in 24 ore per aiutare la famiglia ad avere giustizia | VIDEO

Dopo l'assoluzione dei carabinieri che picchiarono Riccardo Magherini, che morì poco dopo, la famiglia vuole ricorrere alla Corte di Strasburgo. Aiutiamola con una raccolta fondi a sostenere le spese, arrivando a 20mila euro

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La famiglia
non ci sta e vuole portare il caso della morte di Riccardo Magherini, 40 anni, il 3 marzo 2014, dopo un fermo in una strada di San Frediano a Firenze, davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Dopo che, due settimane fa, la Cassazione ha ribaltato le sentenze le condanne in primo e secondo grado e ha assolto i tre carabinieri accusati per la sua morte di omicidio colposo.

“Noi non ci stiamo”, dice qui sopra il fratello Andrea nel video che vi ha inviato. “A costo di vendere tutto, porteremo il caso di Riccardo alla Corte europea per i diritti dell’uomo: Riccardo non può essere ucciso due volte”.

Riccardo Magherini, che si trovava in uno stato di delirio e aveva assunto cocaina è stato fermato, bloccato a terra, picchiato e preso a calci dai tre militari mentre gridava “aiuto” e “sto per morire”. Poco dopo è morto di infarto.

I carabinieri sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato. Con tutto il rispetto per le sentenze, la dinamica che ha portato a questa tragedia non ci sembra normale (noi de Le Iene di siamo già occupati in passato del caso con due servizi che vi riproponiamo in fondo all’articolo).

E non è giusto che la famiglia di Riccardo debba sostenere da sola questo carico di spese: è una battaglia di tutti. È partita una raccolta fondi per chiedere la verità sulla morte di Magherini e aiutare questo ricorso. In un solo giorno già 117 persone hanno contribuito alla raccolta, già arrivata a più di 2mila euro. L'obiettivo, per aiutare la famiglia di Riccardo, è di 20mila euro. Chiunque voglia partecipare può farlo andando su gofundme.com/magherini.

Noi de Le Iene abbiamo approfondito questa storia e i suoi molti punti oscuri. I tre carabinieri lo avevano immobilizzato a terra, picchiato, preso a calci e ammanettato mentre correva in preda a un delirio e sotto l’effetto di cocaina per le strade di Firenze. Filmati e testimonianze hanno confermato lo stato di costrizione dell’uomo, che chiedeva aiuto, con il peso dei militari addosso.

Vincenzo Corni, Stefano Castellano e Agostino della Porta erano stati condannati a 8 mesi il primo e a 7 mesi gli altri due a Firenze. La Cassazione ha ribaltato tutto. "Se i carabinieri lo avessero messo in posizione eretta e non tenuto prono avrebbero permesso i soccorsi, e con elevata probabilità la morte non si sarebbe verificata", aveva detto il pg.

Nei due servizi di Mauro Casciari del 3 ottobre 2014 e del 29 gennaio 2015 abbiamo ricostruito la morte di Riccardo Magherini e tutti i dubbi che le inchieste non hanno ancora chiarito. Nel primo servizio si parte da un video girato da un cittadino di Firenze dalla finestra: si vede Magherini che grida e chiede aiuto con i carabinieri che lo tengono fermo con la forza alle una di notte del 3 marzo 2014. Morirà in strada. La prima versione è “infarto causato da abuso di droga”, ma dura poco.

Perché un uomo di 40 anni in preda al panico muore durante il fermo dopo che ha incontrato i carabinieri che dovevano aiutarlo? Alle 5 di mattina la moglie di Magherini, Angela (i due hanno un figlio di un anno), chiama il padre Guido dicendo che sono venuti i carabinieri a dirgli che Riccardo è morto. “Aveva fatto il pazzo, è morto d’infarto”, dicono a Guido.

“Riccardo ha avuto una grande crisi di panico e ha vagato chiedendo aiuto, anche alle forze dell’ordine”, dice il fratello Andrea. All’ospedale, come testimoniano le foto, arriva ricoperto di ferite ed ematomi sul volto e su tutto il corpo. “Se li è fatti da solo? Noi non ci stiamo”, dice il padre. Casciari gira per il quartiere dove abitava Magherini a Firenze, San Frediano, tappezzate di cartelli “Verità per Riccardo”: le sue grida d’aiuto e la sua morte, dichiarata ufficialmente solo all’arrivo in ospedale alle 3, hanno indignato tutti.
 
Con il fratello Andrea ricostruiamo quello che è successo quella notte: Riccardo va a trovare degli amici che alloggiano all’hotel St. Regis, in centro. “Non sta bene, ha la febbre e ha preso due tachipirine, qui al bar, nella serata beve tre cognac, verso mezzanotte e mezzo esce. Forse perché non si sente bene, non prende l’auto e cerca un taxi e va verso o il posteggio dei tassisti più vicino”.

Parliamo proprio con il tassista che lo carica per portarlo a casa: “Lo vedo avvicinarsi, quasi correndo, era molto agitato. Mi ha chiesto di prendere un’altra strada, poi ha iniziato a braccarmi per farmi fermare: ‘Allora sei d’accordo con loro, sei di loro’. È scappato dal taxi perdendo il portafogli e il cellulare. Gridava 'Aiuto!' e correva andando verso il Consolato americano”. Sono proprio le guardie del Consolato a chiamare i carabinieri. Un testimone lo vede sul Ponte Vespucci in compagnia di qualcuno: si stavano strattonando, emergerà poi. Dopo quest’incontro inizierà a urlare che lo vogliono ammazzare. Si dirige, continuando a chiedere aiuto urlando, verso via Borgo San Frediano.

Le telefonate ai carabinieri che segnalano una persona bisognosa di aiuto si moltiplicano. È proprio in via Borgo San Frediano, nel suo quartiere, che si consumano gli ultimi tragici minuti di Riccardo Magherini. Entra nel pub di un amico dicendo “Mi vogliono ammazzare”, poi scappa di nuovo. Entra in una pizzeria, apre una porta con una spallata, strappa il cellulare al pizzaiolo ed esce di nuovo, sempre gridando: “Non mi ammazzate, io c’ho famiglia”.

Arrivano due pattuglie con 4 carabinieri. I testimoni raccontano che Riccardo si mette in ginocchio e dice: “Per favore, aiutatemi”. I militari gli saltano addosso, lo fermano salendogli addosso e tirano calci: un video che trovate nei servizi testimonia l’accaduto. Riccardo è ammanettano, schiacciato a terra e coperto dai corpi dei militari, si sentono le grida di dolore e le richieste di aiuto. “Sto morendo!”, urla tre volte. Sono probabilmente le sue ultime parole. La versione dei carabinieri? “Mentre venivano raccolte informazioni, il soggetto andava in arresto cardiocircolatorio”.

Il secondo servizio parte da un video di Riccardo riprese dalle telecamere interne di un ristorante del centro di Firenze: è tranquillo e gioviale, cinque ore dopo morirà, sono le ultime sue immagini da vivo.

Matteo Torretti, uno dei 29 testimoni sulla scena della morte di Riccardo, quello che nel video dice “I calci no!”, conferma di aver visto dare 7/8 calci a Magherini: “5-6 all’addome e due in faccia”. Probabilmente, quando arriva l’ambulanza, l’uomo di 40 anni è già morto, anche se per i carabinieri è ancora “pericoloso e aggressivo” e va tenuto ammanettato.

Ci si concentra soprattutto su un buco di 25 minuti, che non viene spiegato nemmeno dalla Procura, quando Riccardo esce dal hotel St. Regis, tra mezzanotte e venti e mezzanotte e 45. Ne abbiamo parlato proprio con Matteo Calì de IlSitodiFirenze.it, che ha studiato approfonditamente il caso.

Riccardo in quel periodo, secondo una prima testimonianza della Direttrice del locale, è passato dal Caffè Curtatone. Subito dopo inizia il suo stato di agitazione estrema con la fuga gridando: “Aiuto, mi vogliono ammazzare!”. Cosa è successo nel caffè? 

Al fratello di Riccardo, Andrea, la direttrice, al tempo fidanzata con un militare del Ris, aveva detto di aver chiamato appunto il Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri. Le versioni su chi era presente di direttrice e proprietaria del Caffè cambiano spesso. C’è qualcosa da nascondere?

Riccardo presumibilmente in quel bar litiga con qualcuno e si agita talmente tanto da fuggire di corsa gridando e chiedendo aiuto perché secondo lui lo vogliono ammazzare. Qui finisce il buco di 25 minuti ancora da spiegare. Magherini tenta di salire su una macchina dove ci sono 5 ragazzi: “Ci ha detto che qualcuno lo stava inseguendo e stava cercando di sparargli. Non era aggressivo o pericoloso, era impaurito. Sembrava che avesse una collana, tipo medaglietta militare, un ciondolo”. Anche un suo amico da cuisi rifugia per poco durante la fuga conferma che l’aveva al collo. All’ospedale e tra i suoi effetti personali però non compare.

“Domandi alla famiglia se c’entra qualcosa qualche ciondolo. Domandi! Questa cosa, un ciondolo! Poi le spiegherò perché”, aveva detto con tono di sfida al giornalista Matteo Calì la proprietaria del Caffè Curtatone quando era ancora “collaborativa”. Che ci sia una donna contesa? Tra le frasi di Magherini mentre viene fermato e pestato dai carabinieri, c’è anche, riportata dai miliari stessi: “Gli ha scopato la moglie”.

Resta molto da chiarire sulla sua fuga, sulla sua paura e soprattutto sulle modalità della sua morte. Anche perché nessun video delle telecamere di una delle aree più video sorvegliate del mondo è stato consegnato alla procura. Intanto per la Cassazione le modalità di quel fermo che ha portato alla morte di Riccardo Magherini non sono da condannare. 

Anche noi speriamo, come la famiglia, che la Corte di Strasburgo farà chiarezza.

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