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Moby Prince, la mattina dopo: i soccorsi dov'erano?

Parla Angelo Chessa, figlio del comandante morto sul traghetto

Molte delle 140 vittime del Moby Prince potevano essere salvate e sono morte per colpa della cattiva gestione dei soccorsi. Forse è l'elemento che fa più male tra le conclusioni finali, presentate ieri in Senato, della commissione d'inchiesta sulla tragedia del traghetto scontratosi con la petroliera Agip Abruzzo il 10 aprile 1991.

Gaetano Pecoraro continua il suo lavoro di ricerca (cominciato qui), intervistando, assieme ad altri protagonisti, Angelo Chessa, che ha perso sul traghetto il padre, Ugo, comandante della nave, e la madre. In esclusiva, in questo video, Chessa racconta la mattina dopo della tragedia.

“La prima immagine fu questa: il Moby Prince ancora fuori dal porto, attaccato al rimorchiatore. E nessuno buttava acqua”, ricorda. Parla di un traghetto che brucia ancora la mattina dopo alle 7, nove ore dopo il disastro, senza che nessuno sia ancora salito a bordo a cercare le vittime. E della sensazione, con il passare del tempo, di non avere uno Stato che ti difende.

Angelo si è battuto, assieme agli altri familiari, per la verità. Per 26 anni, tanto hanno atteso infatti i familiari delle vittime del traghetto Moby Prince, di cui lui è una delle anime organizzatrici, per vedere riconosciuta un'altra verità che anni di inchieste e di processi non hanno saputo svelare.

La relazione della commissione di inchiesta parla chiaro: la sera del disastro, il 10 aprile 1991, non c'era la nebbia da subito indicata come causa del disastro. Anzi. La nebbia è stata una invenzione (come ha dichiarato il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta, Silvio Lai, ieri ai termine del lavoro di indagine), necessaria per non spiegare e cercare le vere cause del disastro costato la vita a 140 persone.

Oggi sappiamo di soccorsi disorganizzati o assenti, menzogne e depistaggi, responsabilità nelle istituzioni mai rivelate. E abbiamo una certezza: qualcosa di misterioso ha provocato la collisione tra il traghetto e la petroliera Agip Abruzzo. Pecoraro, nel servizio che sta preparando in vista della ritorno in onda delle Iene l'11 febbraio, cerca di svelare i misteri del più grave disastro della marina civile italiana del dopoguerra.

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