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Mafia sulle terre del Parco dei Nebrodi, 14 arresti: il servizio | VIDEO

Vi abbiamo parlato dell’occupazione delle terre del Parco, con relativo ottenimento illecito di fondi Ue milionari con Gaetano Pecoraro. Oggi il blitz, tra gli arrestati ci sono anche tre che sono stati indagati per l’attentato contro Giuseppe Antoci, che ha provato a rompere il circuito degli affari dei boss

L’occupazione delle terre da parte della mafia, con ottenimento pure di milioni di fondi europei, di cui vi abbiamo parlato con Gaetano Pecoraro nel servizio che vedete qui sopra porta oggi a 14 arresti. Tra questi ci sono anche tre che sono stati indagati (poi il tutto è finito in una recente archiviazione) per l’attentato all’ex presidente del Parco, che con i suoi 86 mila ettari è l’area naturale protetta più grande della Sicilia, Giuseppe Antoci.

Nel nostro servizio del 16 ottobre 2016 siamo partiti proprio da qui, tornando con Antoci, sul tratto di strada in cui la sua auto venne prima fatta rallentare con dei massi e poi presa a fucilate in maggio, cinque mesi prima. “Mi vengono i brividi”, dice Antoci. “C’era un commando di 4-6 uomini. Vivo per miracolo? Sono vivo grazie alla polizia”.

Parte dei terreni del Parco venivano affittati. Quasi tutti però venivano affittati ai mafiosi, che ottenevano pure i fondi dell’Unione europea. Cosa fa Giuseppe Antoci? Prima, come per tutti i bandi sotto i 150mila euro, bastava un’autocertificazione antimafia: in pratica i mafiosi si autocertificavano di non esserlo. Antoci cambia il sistema: serve la certificazione antimafia della Prefettura per tutti i bandi.

La mafia rurale siciliana non glielo perdona. Stiamo parlando di una mafia più arcaica ma non meno feroce e pronta ad arricchirsi illegalmente con affari milionari sulle terre. Stiamo parlando di fatto del più grande latifondista dell’isola. Considerano il Parco “cosa loro” e, dopo intimidazioni sempre più chiare, organizzano l’attentato ad Antoci, sventato dalla polizia.

“Questa mafia non esiste”, “Se lo sono fatti da solo l’attentato” si sente rispondere Gaetano Pecoraro nella sua inchiesta, in cui ha incontrato alcune delle persone accusate, boss, loro vittime e “colletti bianchi” che hanno persone il malaffare, arrivando fino ai centri decisionali a Roma.

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