> External link Facebook Facebook Messenger Full Screen Google+ Instagram LinkedIn News mostra di più Twitter WhatsApp Close
News |

Morte di Desirée: ecco dove si nascondeva uno dei presunti assassini | VIDEO

Siamo entrati con una telecamera nascosta nell'ex fabbrica della penicillina di Roma, dove è stato arrestato il terzo presunto stupratore e assassino di Desirée Mariottini

Era convinto che in quel buco d’inferno, mischiato a oltre 600 tra tossici, migranti e sbandati, nessuno l’avrebbe mai trovato. Ma gli inquirenti sono arrivati a stanarlo anche lì, in quel manifesto della vergogna romana che è l’ex fabbrica della penicillina, lungo via Tiburtina.

Alinno Chima, ne sono convinti gli inquirenti, è il terzo uomo del branco che due giorni fa ha drogato, violentato e ucciso la 16enne Desireè Mariottini. La ragazza, stordita intenzionalmente da un mix di droghe e morta probabilmente per soffocamento, sarebbe stata violentata da un gruppo di almeno 7-8 persone.

Era giunta in quella casa occupata di San Lorenzo da Cisterna di Latina, forse per acquistare sostanze stupefacenti, di cui è ormai certo facesse uso. Un’area, quella dove è stato ritrovato il suo cadavere, che garantiva piena impunità e libertà d’azione. Si parla infatti di una vera e propria centrale di spaccio, forse gestita dalla camorra, e “tenuta” da numerosi pusher d’origine africana.

La stessa impunità che si deve essere respirata nell’ex fabbrica di penicillina di via Tiburtina, se il nigeriano Alinno Chima, che viveva lì, l’ha scelta anche come luogo della sua latitanza. La storia dell’edificio, inaugurato negli anni ’50 da Alexander Fleming in persona, è la storia di un fallimento.

Dal 1990, anno in cui termina ogni attività produttiva, giace abbandonata a se stessa. Oggi di quell’area di oltre 35mila metri quadrati rimangono solo pallidi ricordi, come le voci dei quasi  1300 operai degli anni ’60 e il sogno di realizzare un grande albergo di lusso da oltre 400 camere.

Da luogo di speranza, diventa presto ricettacolo di ogni male. E’ il “gran ghetto”  romano, dove puoi trovare qualunque cosa tu voglia. Dal vicino quartiere San Basilio, una delle piazze di spaccio più attive della capitale, la droga invade rapidamente l’area. Il risultato è un continuo viavai di estranei: drogati e piccoli spacciatori, prostitute e papponi, senzatetto e sbandati in fuga.

Al suo interno, tra capannoni zeppi di amianto, c’è chi cerca di regalarsi una parentesi di normalità. Alcuni si ritagliano in un angolo una stanzetta privata, altri mettono in piedi vere e proprie camerate organizzate per nazionalità. Altri, infine, puntano a creare casa e bottega, aprendo piccoli commerci al dettaglio. Tutto nella più totale illegalità. E impunità.

Una “città perduta” ormai irrecuperabile, perché al centro di un durissimo braccio di ferro. L’area privata, infatti, è stata oggetto di sequestro penale ed oggi risulta sotto custodia giudiziaria da parte della polizia locale. I vecchi proprietari vorrebbero vendere, ma senza bonifica e messa in sicurezza è impresa davvero impossibile per chiunque. Un contenzioso che blocca di fatto anche ogni possibile iniziativa delle istituzioni pubbliche.

Nel mezzo tutti gli altri. A partire dai sindacati e dalle cooperative sociali, che vorrebbero riqualificare per dare una risposta all’incredibile emergenza abitativa romana. Fino ai cittadini, che temono un disastro ambientale in caso di un incendio di vaste proporzioni, tra residui chimici dello stabilimento e rifiuti speciali di ogni genere.

E in attesa che la matassa si sbrogli, “l’ecomostro della Tiburtina” continua a essere una casa accogliente. Al calar del sole, infatti, sono centinaia gli uomini e le donne che vi fanno ritorno. Alcuni vogliono solo un letto caldo e un tetto sulla testa. Altri, come il presunto assassino di Desirée, un buco nero nel quale sparire agli occhi del mondo.

In collaborazione con Mattia Moro

Ultime News

Vedi tutte