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India, bambini venduti dalle suore. La nostra inchiesta sulla tratta

Arrestata una suora e scoperto un traffico più ampio in un centro dell’Ordine di Madre Teresa. Guardate il nostro servizio sull'atroce tratta dei bambini in India

Una notizia che ha dell’incredibile arriva dall’Indiauna suora e un'infermiera avrebbero venduto per 1.500 euro un neonato che si trovava in uno dei centri per ragazze madri dell’Ordine di Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la Pace nel 1979 e proclamata Santa nel 2016.

La storia, arriva dallo Jharkhand, dall’India nordorientale in un'area di particolare disperazione, aggiungendo un elemento in più di orrore all’atrocità della tratta dei bambini di cui ci siamo occupati anche noi de Le Iene e infangando il nome della fondamentale assistenza ai più poveri voluta da Madre Teresa. Accortasi di un’ispezione in arrivo, l’infermiera, Anima, avrebbe fatto restituire il piccolo alla madre naturale. 

Ieri, Anima e la suora sono state arrestate nel “Cuore Puro”, uno degli orfanotrofi di Ranchi, capitale del Jharkhand. Dall’inchiesta emerge un traffico di bambini purtroppo più ampio in questo centro nell’Ordine di Madre Teresa, già finito nel mirino di molte lamentele e proteste. Ci sarebbe stato perfino un tariffario: dai 600 ai 1.200 euro per bambino, a seconda delle disponibilità economiche degli "acquirenti", i genitori adottivi.

Della vendita dei bambini ci siamo già occupati con Mauro Casciari. Il servizio doveva affrontare la questione delle tante donne che in India si offrono a pagamento, tra i 9 mila e i 20 mila euro, per il cosiddetto “utero in affitto” per la fecondazione assistita con madre surrogata.

Appena arrivati nella capitale Delhi, nella baraccopoli dove si vive tutti sotto la soglia di povertà, ci siamo accorti subito che la vendita direttamente dei bambini già nati, da poco o più grandi, era un dramma troppo più ampio: il tema del servizio è diventato quello.

A sconvolgerci è la proposta ricevuta in una clinica: “Perché vuole una madre surrogata per 10.000 euro? Io posso darle un bambino per meno”. Indaghiamo, seguendolo, in un primo bordello, poi passiamo in un altro. Il prezzo per comprare un bambino? Duemila euro.

Non vi raccontiamo naturalmente tutti i passaggi, per evitare di aiutare inconsapevolmente qualche sciagurato. Dopo qualche giorno ci troviamo di fronte ai presunti genitori (spesso in realtà sono mediatori che hanno comprato i bambini per rivenderli). Chiedono 3.000 euro per il più grande. Non si tratta del bambino dell’immagine in alto, che è tratta da una campagna dell’ong Save The Children, da sempre impegnata contro questo mercato indegno.

Per il più piccolo la richiesta è di  6.000 euro: data l’età è più facile da “piazzare” per le adozioni. Poco più in là, in una tendopoli di disperazione , ci offrono un bambino di 5 anni per 3.000 euro, poi un neonato.

Ce ne andiamo sconvolti. Nessuno sa a chi verranno venduti. I piccoli potranno avere una vita normale, migliore, seppure illegalmente (e con un meccanismo atroce: la vita, soprattutto dei bambini, non si compra!) ma anche finire in orrendi giri di prostituzione, pedofilia o traffico di organi. Vorremmo solo denunciare tutto.

Degli uomini in divisa ci dicono che è normale e che è inutile denunciare. Parliamo con il più famoso giornalista investigativo del Paese, Tarun Tejpal, direttore della rivista Tehelka: “Qui ci sono 600 milioni di persone molto povere e che possono a mala pena mangiare ogni giorno. Il traffico di bambini è inevitabile. Bisogna opporsi, deve essere combattuto, ma è una battaglia complessa”.

Guardate qui sotto il servizio “Bambini in vendita”.

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