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Il piccolo Alvin in un campo dell'Isis, l'appello della Regione Lombardia | VIDEO

Noi de Le Iene con Luigi Pelazza abbiamo lanciato al premier Conte e al ministro degli Esteri Di Maio l’appello per riportare in Italia il piccolo Alvin lasciato dalla madre radicalizzata in un campo di prigionia per terroristi in Siria. Alvin si trova sempre in mezzo ai terroristi rischiando anche di finire sotto i bombardamenti turchi. Intanto il consiglio della Regione Lombardia, dove risiedeva il bambino, chiede all’unanimità di riportare a casa il bambino

+++ AGGIORNAMENTO: ALVIN È STATO LIBERATO +++
 

Sono passati otto giorni da quando Le Iene e Luigi Pelazza hanno lanciato un appello a Giuseppe Conte e Luigi Di Maio perché aiutino Afrim Berisha a riportare a casa, in Italia, il piccolo Alvin, come vi raccontiamo nel servizio qui sopra.

La Regione Lombardia ieri ha votato all’unanimità una mozione per riportare a casa il bambino di 11 anni. “È impossibile non restare toccati da una vicenda simile. Stiamo parlando di un bambino che è nato e cresciuto nel nostro territorio, conducendo la stessa vita dei nostri figli”, ha detto Paola Romeo (Forza Italia), prima firmataria della mozione.

Il piccolo Alvin, dopo aver potuto riabbracciare grazie a Le Iene il padre Afrim dopo 5 anni è di nuovo da solo nel campo siriano di Al Hom. Solo e in pericolo, rischiando i bombardamenti dell’esercito turco e alla mercé dei militanti dell’Isis, che si sono impadroniti di parte del campo dopo la fuga precipitosa dei custodi curdi. Lui vive lì, in un campo di prigionia per ex militanti del sedicente stato islamico, perché la madre l’ha portato via dall’Italia per portarlo in Siria quando si è radicalizzata.

Nato in Lombardia da genitori albanesi, Alvin è stato portato via dalla madre nel 2014, quando la donna decide di scappare in Siria e di andare a vivere sotto le bandiere dello Stato islamico, tra i tagliagole al servizio del califfo Al Baghdadi. Nel 2016, in un primo servizio, Luigi Pelazza ci aveva raccontato della battaglia del padre Afrim per riportare il bambino in Italia. Dal 2014 Afrim non aveva mai più potuto riabbracciare il suo bimbo, del quale conservava solo qualche foto sgualcita.

Quando siamo ritornati da lui, Afrim ci ha detto, tra le lacrime: “Sono 5 anni che guardo queste foto”. Abbiamo capito che era davvero il momento di fare qualcosa, e siamo partiti verso la Siria, verso il campo dove potrebbe trovarsi Alvin. Entrati ad Al Hom, dove vivono migliaia di mogli dei miliziani dell’Isis con i loro bambini, scopriamo che la madre di Alvin, Valbona, è stata uccisa durante un bombardamento, assieme agli altri tre figli avuti da un militante dello Stato Islamico. Si è salvato solo il piccolo Alvin, che zoppica pesantemente per l’esplosione che ha ucciso la madre.

Dopo una lunghissima attesa, padre e figlio si riuniscono in un abbraccio che sembra non avere mai fine. La scena è gioiosa e straziante allo stesso tempo: il bambino è confuso, sembra lontano, ma riconosce subito il suo amato papà. La delusione è enorme quando il piccolo Alvin capisce che non può tornare subito a casa con il padre, perché nessuna autorità sembra volerci aiutare a tirarlo fuori di lì. Le autorità albanesi innanzitutto, il cui ambasciatore in Turchia prima dice di volerci aiutare e poi attacca il telefono in faccia al nostro Luigi Pelazza. Lavandosene le mani della sorte di questo bambino.

Dal nostro appello a Conte e Di Maio sono passati 7 giorni. “Chiediamo al governo di valutare se sussistono le condizioni per concedere la cittadinanza italiana al piccolo Alvin, la cui famiglia è perfettamente integrata nel tessuto sociale lombardo. La priorità di Regione Lombardia è quella di riportare Alvin a casa, dove lo aspettano tante persone che gli vogliono bene”, ha detto all’unanimità il consiglio regionale.

Noi ripetiamo il nostro appello, Presidente Conte e Ministro Di Maio: fate qualcosa, subito!

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