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La firma sul prestito con ipoteca non è la sua: perde lo stesso la casa | VIDEO

Un perito e un giudice hanno confermato che la firma di Maria Rosa su un fidejussione di 300mila euro è falsa. Luigi Pelazza ci racconta un dramma assurdo 

Maria Rosa è una donna sarda che ha scoperto di avere un grosso debito con la propria banca. Un debito di cui non sapeva assolutamente nulla.

L’incubo inizia nel 2004 quando la società di suo marito Enzo chiede un prestito di 70mila euro e in cambio ipoteca la casa di Maria. Ma le cose non vanno come sperato e tempo dopo la ditta fallisce. Nel frattempo però Enzo aveva restituito alla banca una parte dei soldi: rimangono da pagare circa 50mila euro.

Maria Rosa, che nel frattempo si è separata dal marito, va in banca per pagare quei 50mila euro e togliere l’ipoteca, ma lì scopre una cosa terribile: ci sarebbe ancora un altro debito, molto più grosso, di circa 300mila euro. Si tratta di una fidejussione  che lei e il marito avrebbero firmato nel 2001, un debito di cui però la donna non sa assolutamente nulla. La banca non vuole sentire ragioni, non le fa pagare quei 50mila e le porta via la casa.

“È arrivato il curatore con un fabbro”, spiega Maria Rosa tra i singhiozzi a Luigi Pelazza. “E mi ha detto di dare le chiavi del cancello. “

Essendo diventata per quel pignoramento un “cattivo pagatore”, la donna non ottiene più credito da i fornitori della sua gioielleria ed è costretta anche a chiudere l’attività. Un disastro assoluto.

A guardare bene quella firma sulla fidejussione dei 300mila euro, appare evidente da subito che quella non sia la firma di Maria Rosa: un giudice, dopo che un perito lo mette nero su bianco, emette una sentenza inequivocabile.

Luigi Pelazza prova a capirne di più e decide di incontrare innanzitutto Enzo, l’ex marito di Maria Rosa. L’uomo conferma di aver firmato quel documento, ma quando la Iena prova a chiedergli se per caso abbia messo lui la firma per la ex moglie, risponde stizzito: “Mia moglie è una delle persone a cui voglio più bene al mondo. Avrò fatto sbagli da imprenditore, ma non sbagli di questo genere.” Quando Luigi Pelazza gli chiede di scrivere su un foglietto la firma della moglie, l’uomo si rifiuta, dicendosi comunque disponibile a qualunque perizia calligrafica.

La banca, una volta saputo della sentenza che dice che la firma di Maria Rosa è senza dubbio falsa, avrebbe dovuto comunicare al giudice della esecuzione immobiliare che quel decreto non era valido, ma non è stato fatto. Luigi Pelazza va allora presso l’istituto di credito per provare a capirne di più ma inizia uno sfiancante rimpallo di responsabilità da un contatto a un altro.

Ci presentiamo allora direttamente nella sede centrale e, dopo alcune insistenze, riusciamo a essere accompagnati dal responsabile dell’ufficio legale, che però dice di non conoscere la vicenda e di non poterci dire nulla.

La “caccia” di Luigi Pelazza prosegue e quando riusciamo finalmente a parlare con un interlocutore che dice di conoscere la storia, quest’uomo ci spiazza totalmente: “La signora non ha avuto nessun danno da quella vicenda. Io non so chi ha messo la firma per la signora, ma la questione non è fondamentale”. Nessuno si prende la responsabilità di indagare su quella firma falsa di Maria Rosa.

“Ho la sentenza di un giudice, non capisco perché non mi aiutano”, dice disperata Maria Rosa. 

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