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Il capitano Ultimo senza scorta: “Ogni giorno sono pronto a essere ucciso” | VIDEO

Il colonnello dei carabinieri il 15 gennaio del 1993 ha arrestato Totò Riina, capo di Cosa nostra: gli è stata appena revocata la scorta perché secondo il ministero dell’Interno non corre più un concreto pericolo. “La mafia non dimentica, io mi sento preso in giro” dice lui a Giulio Golia

Il capitano Ultimo il 15 gennaio 1993 ha arrestato Totò Riina, uno dei più violenti e sanguinari capi di Cosa Nostra. Da allora il colonnello dei carabinieri vive sotto scorta perché la mafia vuole vendicarsi. La protezione però gli è appena stata revocata: da un momento all’altro Ultimo rischia di essere ucciso. Giulio Golia è andato a parlare con lui. “Questa potrebbe essere la mia ultima intervista, vediamo di farla bene”, ci ha detto.

Partiamo dalla sua storia e dallo scudo che protegge l’uomo: “Sceglievamo un nome di battaglia, perché così via radio nessuno ci poteva riconoscere. Mi sono scelto Ultimo perché tutti volevano essere primi, volevano mettersi in mostra”, racconta alla Iena. “Vivo sotto scorta dal 1993, è importante avere intorno una o due persone che vedano se sono seguito da qualcuno che ho indagato”.

Ultimo ricorda ancora come si è arrivati alla cattura di Totò Riina, grazie a un meticoloso lavoro e all’aiuto di alcuni pentiti di mafia. Riina negli occhi “aveva la paura, la paura della vittima. Non aveva capito chi eravamo: una cosa spregevole”. Qual è la prima cosa che ha detto il capo di Cosa Nostra? “Chi siete? Chi siete? Non respiro, chi siete?”.  

Dopo l’arresto, però, succede qualcosa che segna la carriera di Ultimo. Il colonnello propone che il covo in cui Riina è stato individuato non venga perquisito. I mafiosi non sapevano infatti che fosse stato scoperto e i militari sperano di poter scovare altri membri di vertice di Cosa Nostra: la richiesta viene esaudita, ma a un certo punto la sorveglianza del covo viene inspiegabilmente sospesa. I mafiosi riescono così a portare via tutto quello che c’era.

Ci hanno contestato il favoreggiamento”, ricorda Ultimo. “Ma come puoi pensare che io voglio aiutare la mafia? Tutto puoi dire tranne che io sia amico di Cosa Nostra”. Il capitano è stato assolto dal tribunale, ma c’è una condanna ben peggiore che pende sul suo capo: quella decisa dalla mafia per aver arrestato Riina.

Il nuovo capo dei capi, Bernardo Provenzano, sembra disposto a tutto per catturare e uccidere il capitano Ultimo. Nel 2003 però anche lui viene arrestato. “La condanna a morte significa che hai fatto del male a loro e li hai vinti”. Ora quei due capi mafia sono morti, ma il militare non è ancora al sicuro: “Diventi un obiettivo simbolico, chi vuole potere ti uccide e può dire ‘visto, sono quello che ha ammazzato il capitano Ultimo’”.

L’ufficio del ministero dell’Interno che si occupa delle scorte però non la pensa così e a fine 2018 la scorta gli viene revocata. Secondo il Viminale c’è “mancanza di particolari segnali di concreto pericolo per la figura dell’ufficiale” e “il lasso di tempo trascorso dall’istituzione della connessa misura tutoria”. Per la Dia, la direzione investigativa antimafia, Cosa nostra mantiene però ancora una forte pericolosità.

L’amarezza è questa: allora è stato un gioco?”, si chiede il capitano Ultimo. “Facciamo belle cerimonie quando ricordiamo il generale Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, e poi dei funzionari dicono che non c’è più pericolo? Questa ondata di negazionismo deve essere combattuta”.  

Negli ultimi anni più di una macchina è stata bruciata vicino ai luoghi dove Ultimo lavora e vive: secondo l’ufficio del ministero dell’Interno, però, questi avvenimenti non sarebbero legati alla figura del capitano ma si tratterebbe di dinamiche illegali tra cittadini extracomunitari. Il Viminale aggiunge che nessun altro carabiniere è destinatario di protezione ravvicinata e che inoltre Cosa nostra nel suo ramo corleonese appare ridimensionata: in apparente contrasto, però, di quanto sostenuto dalla Dia.

Il capitano Ultimo decide di fare appello al Tar e il tribunale gli restituisce la scorta chiedendo agli uffici del ministero dell’Interno di svolgere una valutazione più approfondita. Il Viminale però non torna indietro e pochi giorni fa ha nuovamente comunicato la revoca della scorta ad Ultimo. “Io mi sento umiliato, capisco che abbiamo perso”. Giulio Golia ha provato a parlare con i responsabili dell’Ucis, l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, ma senza alcun risultato. “Ci penso tutti i giorni che potrei essere ucciso”, chiude Ultimo. “E ogni giorno sono pronto”.

Clicca qui per firmare la petizione su Change.org, per chiedere che al Capitano Ultimo venga finalmente restituita una volta per tutte la scorta, una petizione che ha già raccolto quasi 64mila firme in pochi giorni. 

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