Carcere: il 70% di chi dentro non lavora torna a delinquere | VIDEO
Sono dati sconfortanti quelli sul tasso di recidiva tra i detenuti delle carceri italiane che non lavorano all’interno dei penitenziari: il 70% di loro, una volta uscito, torna a commettere reati. Gaetano Pecoraro ha intervistato, per i suoi 80 anni, Don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, che ci racconta la sua “ricetta” per ridare fiducia a chi è stato dentro
Scontare una pena in carcere, in Italia, serve davvero a cambiare vita? A guardare i dati pubblicati da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera sembrerebbe proprio di no. Nel 2018 sono stati poco più di 17mila i detenuti impiegati in attività di lavoro, il 25% del totale degli ospiti delle 190 carceri del Paese.
Un dato bassissimo se confrontato alla media europea del 60% e in calo rispetto all’anno precedente. Ma il dato ancora più sconvolgente è quello del tasso di recidiva: il 68,4% dei detenuti che non hanno lavorato, una volta usciti, tornano a commettere reati. Un numero enorme, se consideriamo invece che tra chi ha potuto lavorare all’interno del carcere, questa percentuale scende addirittura all’1%.
Il problema è sempre quello: mancano i soldi per pagare gli “stipendi” dei detenuti, che si aggirano tra i 150 e i 650 euro al mese, dal quale l’amministrazione penitenziaria toglie il costo del vitto giornaliero, 3,62 euro.
Dati sconfortanti, perché il costo sociale dei nuovi reati è molto più alto dello stanziamento necessario a far lavorare i detenuti. Ma siamo In Italia, e certe cose assolutamente illogiche e incomprensibili capitano solo da noi.
Per fortuna che c’è chi, come Don Gino Rigoldi, crede nelle potenzialità dei detenuti, e nella loro capacità di pieno recupero sociale.
Don Rigoldi è dal 1972 che è al fianco degli ultimi, in particolare di quelli del carcere minorile Beccaria di Milano. Lo ha incontrato, nel servizio che potete rivedere qui sopra, Gaetano Pecoraro. In questi giorni don Gino compie 80 anni. Con lui abbiamo parlato dei “suoi” ragazzi.
“Ci vuole pazienza. Bisogna saperli cazziare duramente, ma anche esserci nel momento del bisogno”, dice don Gino, che abita con 8 ragazzi strappati dalla strada. Uno di loro è Azim, un ragazzo siriano scappato dalla guerra 6 anni fa. Suo fratello era un combattente dell’Isis e anche lui è stato accusato di questo. “Mi hanno trovato foto e video sul cellulare. Pensavano che io fossi venuto qui per quello. A 17 anni mi ha condannato a 3 anni di carcere”, racconta Azim. “Conoscendo don Gino ho trovato lavoro e tante cose. E qualche mese fa mi ha adottato a tutti gli effetti andando in Tribunale”.
Come lui, un altro ragazzo è stato strappato dalla strada. In passato ha avuto problemi per furti a Rozzano, ma un giorno ha conosciuto don Gino: “Con lui ho smesso di rubare perché ha fatto il contrario di tutto quello che gli altri facevano con me”.
Il suo segreto, ci racconta Don Gino, è proprio quello di riuscire a fidarsi, anche del ladro, del bugiardo e del criminale. “Loro sono ragazzi che hanno poca fiducia in se stessi e negli altri. E hanno una mancanza di paternità e della vita”.
A 80 anni don Gino ancora non molla. Oggi si è messo in testa un nuovo progetto. “In uscita dal Beccaria incontro ragazzi che non hanno neanche i soldi per il biglietto del tram. Per la prima settimana, ce la fanno. La seconda, così così. E la terza li trovano da qualche parte”. Per farli ripartire il sacerdote ha avviato un progetto il cui obiettivo è tutto nel nome: “Credito al futuro”.
Per sostenerlo e donare 2 euro basta mandare un sms al 45587.