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“Scambiato per un clochard” in pronto soccorso: perché nessun aiuto in 23 ore? | VIDEO

Giuseppe Ramognino è morto senza che nessuno lo aiutasse dopo 23 ore di attesa nella sala del pronto soccorso di Moncalieri, vicino a Torino. Qualcuno non ha fatto il suo dovere? Roberta Rei ricostruisce questa tragedia

Com’è morto Giuseppe Ramognino dopo 23 ore di attesa nel pronto soccorso di Moncalieri, una cittadina vicino a Torino? “Lui era un contadino. Un uomo semplice, forse un po’ schivo. La morte del fratello però lo ha turbato iniziando il declino”, raccontano Laura e Massino, i nipoti di Beppe. Si chiude in se stesso fino a isolarsi. “Non ci ha più fatto entrare in casa tenendo tutti alla larga”, sostengono i parenti che vengono a sapere della sua morte dai giornali.

Tutto ha inizio la mattina del 1 maggio 2019. Sono le 10.02, quando viene trovato per terra in un centro commerciale dove c’era la tabaccheria in cui passava ogni giorno. Viene trasportato d’urgenza al pronto soccorso di Moncalieri. Quando arriva in ospedale è solo e probabilmente confuso. Alle 10.43 viene visitato e nel referto i medici scrivono: “Vigile, mutacico, poco collaborante”.

Dopo quella visita passano 3 ore di attesa per altri accertamenti. Alle 13.33 l’infermiera che ha seguito la sua accettazione indica a Beppe la via d’uscita. Lo si vede dai filmati registrati dalle telecamere nella sala d’attesa del pronto soccorso. Pochi minuti dopo, alle 13.38 viene emesso il referto d’uscita con la motivazione di “disadattamento sociale”. Alle 13.41 però Beppe ricompare in pronto soccorso, entra e si siede in un angolo. “Probabilmente aspettava il suo turno perché non avendo firmato alcun documento, lui non sapeva di essere dimesso”, presume la nipote.  

Inizia una lunga attesa interrotta ogni 20 minuti per andare in bagno. Si vede che non sta bene tanto che alle 18 vomita in sala d’attesa. Nessuno gli chiede se ha bisogno d’aiuto. Passano le ore e il pronto soccorso si riempie di senzatetto che dormono per la notte, Beppe resta confuso tra loro. Sta male, si alza e va verso un’infermiera e si parlano: “Mi ha chiesto dove fosse l’uscita e non era visibile che stesse male”, sostiene la donna. Il tempo passa, arrivano le 4 di mattina, quando va di nuovo in bagno. Ci passerà 2 ore, fino a che un senzatetto si accorge di lui. Alle 6 di mattina un clochard si avvicina allo sportello dell’accettazione e indica il bagno. “Che cosa mi abbia detto non me lo ricordo”, sostiene oggi l’infermiera che 10 ore prima aveva parlato anche con Beppe.

Le parole che avrebbe pronunciato il primo clochard sono scritte nei verbali: “Ha detto che c’era un signore in bagno che non apriva e non rispondeva”, sostiene un testimone. Passerà un’altra ora e solo dopo la segnalazione di un altro senzatetto, interviene l’infermiera. Solo ora si vede nelle telecamere che tre operatori sanitari entrano in bagno, prendono Beppe e lo adagiano su una sedia a rotelle che lasciano in un angolo della sala d’attesa.

Sfinito dalla malattia e dalla stanchezza inizia a scivolare su quella sedia. Pian piano si accascia fino all’ultimo movimento alle 8.19. “È devastante vedere quando lui abbassa la testa che è morto”, racconta il nipote. “È disumano”. Solo alle 9 Beppe diventa un’emergenza. Una signora segnala la sua presenza e finalmente intervengono i medici. Per Beppe non c’è più nulla da fare. Dopo 23 ore di attesa lo trascinano sulla sedia a rotelle dentro il pronto soccorso.

Su questa morte la magistratura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Secondo la Procura però nessuno può essere ritenuto responsabile. “La circostanza che il personale sanitario sia stato avvisato della presenza di una persona in difficoltà è puramente ipotetica e frutto di una illazione ricavata dalle immagini che non consentono di accertare cosa è stato effettivamente detto al personale sanitario”, scrive il pm. Perché le immagini della videosorveglianza sono senza audio.

Il fatto grave è che se lo sono dimenticato. Lo avessero preso e messo su una barella, noi non saremmo qui”, dice l’avvocato della famiglia di Beppe. “Nel momento in cui lo parcheggiano è un’omissione di soccorso”. Pochi giorni dopo la sua morte, qualcuno è entrato nella sua cascina rubando qualsiasi cosa. 

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