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Ferriera, chiude l'Ilva di Trieste: “Una fabbrica di morte”. L'inchiesta de Le Iene

È stata annunciata la chiusura della Ferriera, lo stabilimento siderurgico ribattezzato da molti come “l’Ilva di Trieste”. Anche noi de Le Iene abbiamo sostenuto la battaglia di residenti e operai che hanno dovuto convivere per anni tra inquinamento e un tasso di tumori davvero preoccupante

Chiude l’area a caldo della Ferriera di Servola, l’impianto siderurgico considerato da tanti come “l’Ilva di Trieste”. La Regione Friuli-Venezia Giulia ha avviato le procedure per spegnere l’altoforno. Una notizia attesa da anni dai residenti del quartiere che da decenni vivono tra polveri, fumi e un tasso di tumori davvero preoccupante. Anche noi de Le Iene abbiamo seguito questa battaglia con la nostra Nadia Toffa. Qui sopra vi riproponiamo l’ultimo servizio in ordine di tempo e in fondo all’articolo tutti gli altri con le testimonianze di cittadini e operai, ma anche le tante promesse dei politici mai mantenute.

“La produzione dell’area a caldo dovrà fermarsi nel più breve tempo possibile”, ad annunciarlo è Giovanni Arvedi alla guida della Ferriera negli ultimi quattro anni. “È doveroso e responsabile considerare i rischi sulla sicurezza dei lavoratori e l’impatto ambientale connessi alla gestione di un processo a ciclo integrale, che ha la prospettiva di essere fermato nel prossimo futuro”.

Così finisce la storia della Ferriera, chiamata da molti “l’altra Ilva”, per il caso ambientale dello stabilimento di Taranto: la proprietà è diversa, ma nell’inquinamento sarebbero simili. “Da qui fuoriescono idrocarburi, tra i più cancerogeni”, diceva nel 2014 Maurizio Fogar del circolo Miani. “A un chilometro dallo stabilimento ci sono serre e allevamenti”. Oltre a coltivare, c’è anche chi abita accanto all’impianto siderurgico. “Spero di poter andare via di qua”, ci racconta un residente dal balcone vista fabbrica. Ci mostra le polveri nere che si accumulano ovunque: “La camera delle mie figlie? Non possiamo aprirla, altrimenti si riempie di schifezze”. A 330 metri c’è l’asilo del quartiere, a 900 invece l’ospedale infantile.

I TUMORI E LE MORTI SOSPETTE. C’è chi a forza di respirare questi fumi si è ammalato: “Ho avuto un tumore alla tiroide e problemi respiratori perché sono allergica allo zolfo”, racconta Daniela costretta a stare chiusa in casa. “Se esco poi divento afona per ore a causa delle sostanze che respiro”. In alcuni casi la proprietà dell’impianto siderurgico ha ammesso le proprie colpe e per i danni causati ha riconosciuto un risarcimento: “Mi hanno dato dei soldi, ma noi volevamo portare l’attenzione della città su questa fabbrica”, dice Alda Sancin dell’associazione No Smog. C’è chi è morto di antracosi, malattia polmonare che di solito viene diagnosticata ai minatori dopo 20 anni di servizio: “Mia moglie ha passato 10 anni di battaglie prima di morire. Non è giusto fare una fine così”, racconta Livio.

“UNA FABBRICA DI MORTE”. Se si ammalano i residenti, figuriamoci chi lavora ogni giorno nello stabilimento. “Ho avuto colleghi che sono morti per cancro alla vescica, ai polmoni. Si è poi scoperto il problema di tutto”, dice Romano Pezzetta, un ex operaio della Ferriera che per 40 anni ha diretto l’altoforno. “È emerso che un terzo dei bambini entro i 12 anni soffriva di patologie croniche all’apparato respiratorio”, aggiunge Maurizio Fogar. Nessuno però ha mai dimostrato un collegamento tra le morti e la Ferriera. Solo nel caso degli operai la causa è una sola.

Tra il 2000 e il 2012 sono morti 80 dipendenti. Anche alcuni dei 450 dipendenti si auguravano la chiusura della Ferriera: “Sarebbe utile per il bene di tutti. Siamo una fabbrica di morte. Dentro ci sono fumi, gas che tutti gli impianti emettono. Non ce n’è uno che si salvi”, racconta un operaio. “Fanno uscire i gas di produzione di notte perché non sono visibili”. Sono i fumi dei forni a 1.300 gradi.

450 OPERAI A CASA. Per i 450 operai la Ferriera era lavoro e stipendio: “Tra ammalarmi e morire e lavorare per morire, scelgo quest’ultima”. Un pensiero ricorrente tra gli operai anche tra i più giovani. Oggi questi operai rimarranno a casa con la definitiva chiusura dello stabilimento.

MARE INQUINATO. I veleni della Ferriera finivano anche in mare. “Avevamo l’ordine di fare cumuli con scarti di acciaieria, fanghi di altoforno. Venivano messi vicino al mare, la pendenza era tale che quando pioveva il materiale defluiva liberamente in acqua. Veniva fatto di proposito, questo”. Gli effetti si possono vedere anche da Google, basta zoomare sulla porzione di mare accanto alla Ferriera che il colore dell’acqua è tra il grigio e il marrone.

LE IENE ALL’INTERNO DELLA FERRIERA. Nel 2015 noi de Le Iene siamo entrati nella Ferriera, ma il nostro “tour” è durato poco. Ci ha invitato Andrea Landini, l’amministratore delegato, diceva per fare chiarezza nella più totale trasparenza. Ci presentiamo con Pezzetta, l’ex operaio che la conosce come le sue tasche. Indossiamo tuta e caschetto per visitare l’altoforno perché è da qui che fuoriescono i gas. Ma, come temevamo, non ci vogliono mostrare l’epicentro della Ferriera da cui tutto parte. Dicono per ragioni di sicurezza o forse perché si sarebbero viste le fuoriuscite dei gas?

LE PROMESSE DEI POLITICI MAI MANTENUTE. Proprio in quei giorni la Regione valutava il rinnovo dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, che è stata poi nuovamente rilasciata. Sia il sindaco di Trieste Roberto Cosolini che la governatrice Debora Serracchiani e Andrea Landini, avevano promesso di risolvere il problema dell'inquinamento entro la fine del 2015. Poche settimane dopo torniamo alla Ferriera per vedere se tutti gli interventi promessi sono stati fatti. Allo stabilimento nessuno ci riceve, così andiamo in Regione dalla governatrice a cui lasciamo come ricordo un sacchetto con le polveri raccolte dai residenti. E anche il sindaco Roberto Cosolini non vuole risponderci.

Dopo qualche mese ha perso le elezioni e al suo posto è stato eletto Roberto Dipiazza. In campagna elettorale aveva promesso di chiudere l’area a caldo della Ferriera entro 100 giorni, con tanto di contratto firmato in diretta tv. Noi gli abbiamo concesso 300 giorni di tempo, poi ci presentiamo da lui. Gli portiamo il nostro contratto con cui “mi impegno a chiudere l’area a caldo della Ferriera, questa volta davvero”. 

Era il 2017, ci siamo arrivati soltanto oggi.

Guarda qui sotto gli altri servizi sulla Ferriera.

La Ferriera di Trieste

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