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Forno crematorio degli orrori a Biella: revocata la concessione?

Il Comune ha preavvisato la ditta che gestisce il forno crematorio, la Socrebi dei fratelli Rivetti, di voler risolvere il contratto di concessione per il servizio. Con Andrea Agresti vi abbiamo raccontato l’orrore dei corpi cremati tutti insieme, e dei familiari che adesso vogliono sapere se le ceneri ottenute siano davvero dei loro cari scomparsi

La società che gestisce il “forno degli orrori” di Biella è avvisata: l’amministrazione comunale vuole rescindere il suo contratto di concessione per il servizio. Con Andrea Agresti, nel servizio che potete rivedere qui sopra, vi abbiamo raccontato della vicenda delle cremazioni multiple che sarebbero avvenute nel forno crematorio di Biella, gestito dalla Socrebi.

Uno scandalo documentato con i terribili video registrati dai dipendenti, e che ci ha mostrato Andrea Agresti nel suo servizio.

È fissata per l’8 gennaio l’udienza del processo ai fratelli Ravetti, titolari del forno crematorio di Biella, che avrebbero bruciato per due anni più corpi insieme, consegnando poi ai familiari ceneri delle quali adesso è dubbia l’appartenenza.

Sono accusati di tre doppie cremazioni, falso per le correzioni sul registro e di 14 violazioni di sepolcro.

Le famiglie delle persone cremate, ovviamente, sono scese sul piede di guerra e adesso chiedono di sapere la verità.

“Nessuno dei nostri clienti ha accettato il risarcimento”, dice l’avvocato Alessandra Guarini che rappresenta sette parti offese. Sono quelle famiglie che vogliono andare a processo contro i Ravetti per truffa, per aver estratto le salme dei loro cari dalle bare e di averle inserite in cartoni per le cremazioni con altri defunti. Tutto questo per risparmiare tempo e guadagnare di più.

Lo scandalo è scoppiato grazie ad alcuni dipendenti che stanchi di quella situazione hanno filmato tutto. “Ci veniva chiesto, per accontentare il continuo incremento delle cremazioni, di aumentare le bare all’interno del forno. Magari con due o tre bare alla volta. A gestire tutto erano i fratelli Ravetti”, sostiene uno di loro. “Vigeva la regola di andare sempre più veloci per consegnare le ceneri. Se invece di fare 6 o 7 cremazioni diventavano anche 14 è ovvio che le entrate raddoppiavano”.

I fratelli Ravetti avrebbero imposto anche tempi di cremazione. Sul loro sito parlano di almeno 3 ore. “Noi invece lo facevamo entro 60 minuti”, sostiene il testimone. Ma ci sono materiali come lo zinco che hanno bisogno di tempi molto più lunghi per bruciare: “Si apriva la cassa con un’ascia o un’accetta e si bruciava la persona mettendo il corpo in una cassa di cartone”. Nei filmati consegnati alle forze dell’ordine si vede bene questa pratica.

Un altro filone dell’indagine punta adesso a cercare di capire il ruolo del Comune: due dipendenti sono indagati perché non avrebbero effettuato i dovuti controlli su chi gestiva il forno crematorio. Contro i due si ipotizza il reato di omissione d’atti d’ufficio, perché non avrebbero controllato le attività della società che gestisce l’impianto di cremazione.

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