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Furbetti dei rifiuti: Roma Multiservizi ora non paga gli stipendi

Dopo l’inchiesta di Filippo Roma e Marco Occhipinti, che hanno svelato come fosse in atto una truffa nel servizio di raccolta dei rifiuti di Roma, la Procura ha aperto un’indagine nei confronti del suo Presidente, l’ex generale della Guardia di finanza Maurizio Raponi. E l’azienda ora annuncia di voler tagliare gli stipendi dei lavoratori

Roma Multiservizi è stata beccata “con le mani nella marmellata”, ma adesso a pagare sono i suoi dipendenti.

L’azienda romana, che gestisce per conto di Ama la raccolta dei rifiuti nelle utenze non domestiche, ha mandato una comunicazione ai suoi 3mila dipendenti: "Dopo l’inchiesta de Le Iene i committenti pubblici hanno sospeso immediatamente i pagamenti verso la Roma Multiservizi, alcuni dei quali relativi ad attività risalenti allo scorso aprile. La nostra società dovrà procedere al pagamento dei prossimi stipendi nel limite del 70% di quanto computato".

L’iniziativa dell’azienda nasce a seguito dell’inchiesta di Filippo Roma e Marco Occhipinti, che hanno raccontato dei furbetti della raccolta rifiuti presso gli esercizi commerciali romani. Gli operatori di Roma Multiservizi, che per conto di Ama dovrebbe occuparsi della raccolta dell’immondizia, la effettuano nelle ore notturne quando gli esercizi commerciali sono chiusi. Un comportamento che rende impossibile ai commercianti consegnare l’immondizia accumulata, e che rappresenta un danno economico per le casse del Comune, che paga Roma Multiservizi per un lavoro non effettuato.

Abbiamo raccolto la testimonianza esclusiva di uno di quegli operatori, che ci ha spiegato come funzionava la presunta truffa. Alcuni dipendenti striscerebbero con il palmare dell'azienda un codice a barre presente all'esterno dei negozi, bar, ristoranti, facendo così risultare il loro regolare passaggio e relativa raccolta. E incassando così da Ama il corrispettivo previsto per il lavoro, circa 150 milioni di euro per tre anni di servizio. 

Un comportamento che, spiega ancora il testimone, non sarebbe una libera iniziativa dei lavoratori: “I dirigenti di Roma Multiservizi hanno fatto una riunione agli inizi dicendoci: attaccate più tardi, e attaccare più tardi significa non raccogliere perché i negozi sono chiusi, e ce lo dicono loro, i dirigenti. I dirigenti hanno addirittura creato un gruppo su WhatsApp chiamato ‘Spara e scappa’”. E quando Filippo Roma gli chiede il perché di quel nome, l’operatore risponde: “Perché dobbiamo passare il badge veloce e per andare veloce non dobbiamo raccogliere. Senza raccogliere i rifiuti ci hanno chiamato cosi”.

Dopo la nostra inchiesta la Procura di Roma ha aperto un’indagine, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Maurizio Raponi, l’ex generale della Guardia di Finanza che oggi guida Roma Multiservizi. L’uomo, raggiunto da Filippo Roma, aveva negato il meccanismo fraudolento: “Noi lo facciamo in base al capitolato che abbiamo con Ama, le disposizioni precise che ci ha dato Ama”. La Procura adesso ipotizza i reati di truffa e frode nelle pubbliche forniture.

Ma la sindaca di Roma Virginia Raggi sapeva di quanto accadeva nella raccolta dei rifiuti romani? Al nostro Filippo Roma aveva detto: “Prima che lei mi dicesse e mi segnalasse un caso molto specifico chiaramente non lo sapevo”.

Alessandro Onorato però, un ristoratore di Torre Argentina che è anche consigliere del municipio di Roma, aveva raccontato alla Iena un’altra verità: “Ho avuto modo tre settimane fa di incontrarla e gliel’ho detto, ho detto 'non funziona nulla, uno ha un servizio che non esiste'. E lei ha preso appunti”. Ma dopo tre settimane dalla segnalazione, ci racconta ancora Onorato, la sindaca non si sarebbe fatta viva: “No, non l’ho più sentita, da noi il servizio sta così”.

Le istituzioni ora sembrano essersi mosse e gli uomini del nucleo decoro urbano della polizia locale di Roma hanno acquisito il video del primo servizio di Filippo Roma. A muoversi è anche, come abbiamo detto, la stessa Roma Multiservizi, ma in un modo davvero incredibile: stop agli stipendi dei lavoratori. Oltre al danno, la beffa.

 

 

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