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Ilva di Taranto: vittime e inquinamento 6 anni dopo il servizio di Nadia | VIDEO

Nel 2013 la nostra Nadia Toffa aveva documentato il dramma degli operai dell’Ilva di Taranto. Gaetano Pecoraro è tornato da loro 6 anni dopo per vedere com’è cambiata la loro vita tra malattie, vittime e inquinamento

Vi ricordate il servizio di Nadia Toffa sull’Ilva di Taranto (clicca qui per vederlo)? Dopo 6 anni siamo tornati a incontrare i protagonisti per vedere com’è cambiata la loro vita. In queste settimane tutti parlano della più grande acciaieria d’Italia dopo che l’acquirente ArcelorMittal ha minacciato di ansarsene. L’azienda dà lavoro a più di 10mila famiglie. È una risorsa occupazionale, ma anche un problema ambientale enorme.

Con Nadia avevamo documentato le nubi tossiche che si alzavano dall’azienda e le malattie che hanno causato a chi lavora e abita lì attorno. Avevamo incontrato Enzo a casa sua. A Nadia aveva raccontato che dopo aver lavorato per 20 anni nello stabilimento si era ritrovato con una terribile malattia: “Leucemia mieloide acuta. È andata così… Ti mandavano allo sbaraglio sugli impianti. Ti dicevano che la diossina faceva male solamente solo se veniva riscaldata”.

Gaetano Pecoraro si mette sulle tracce anche di Vincenzo, che aveva la leucemia. Lo ritroviamo 6 anni dopo: “Penso di averla superata però quando è venuta Nadia potevo camminare, salire le scale, adesso no. Mi sta dando un sacco di problemi polmonari e di vista. Ho perso tutti i denti e le articolazioni”. La leucemia sembra essersene andata, ma la qualità della sua vita è gravemente peggiorata: “Gli inquinanti sono aumentati e la gente continua a morire. Se chiude la fabbrica dopo i morti di salute avremo quelli di fame. Voglio che riapra in un modo più civile e più sano”.

Rispetto a sei anni fa qualcosa è cambiato. Sono comparse le coperture dei parchi minerari all’interno dello stabilimento. “Il minerale di ferro si posa sulle facciate, prende acqua e aria ossidandosi. Così diventa ruggine”, aveva detto Vincenzo a Nadia, ai tempi era operaio dell’Ilva. “Oggi le pareti delle case imbiancate da poco subiscono la colorazione rosa causata dalla povere di metallo. Sulle persone invece provoca capogiri, mal di testa, ma sembra tutto normale”. Sei anni fa ci aveva confidato di voler cambiare paese, ma non è riuscito in questo obiettivo: “Non trovo nessuno che voglia compare la mia casa”.

Uno che è riuscito a spostarsi è Franco. Ci aveva raccontato di essersi malato di cancro al colon, un destino toccato anche ai suoi affetti più cari. “Ce ne siamo andati perché mia figlia è stata colpita da leucemia”, dice oggi. Fortunatamente Anna Chiara che non è più bambina sta molto meglio. “Forse l’unica cosa positiva fatta in questi anni è il reparto oncologico pediatrico”. Un’iniziativa in cui Nadia ha creduto tanto. Erano stati raccolti 500mila euro per la vendita di 70mila maglie. Le ricordate? Quelle nere con la scritta fucsia: “Ie jesche pacce pe te!!!”, “Io esco pazzo per te”.

Purtroppo non tutte le persone incontrate sei anni fa, oggi stanno meglio. Incontriamo Doriana, suo marito Stefano aveva raccontato della sua malattia e di quell’odore che sentiva mentre lavorava in acciaieria. Lui è morto 6 anni fa. Doriana e i suoi due figli si sono costituiti parte civile: “Vogliamo che qualcuno ci dica se l’Ilva è responsabile”.

Mimmo è scappato dal quartiere Tamburi perché la bambina aveva continue infezioni polmonari: “Sono stati fatti 12 decreti salva Ilva, neanche uno salva Taranto. Oggi Ludovica sta meglio e guarda quell’azienda chiamandolo il ‘mostro di Taranto’”. 

 

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