Ospedali da incubo e 'ndrangheta: chi decide in Calabria? | VIDEO
Un testimone ha denunciato i lavori in corso in un ospedale della Calabria mentre i pazienti erano ancora nelle stanze in Rianimazione. Ha chiesto la sospensione del cantiere e si è ritrovato minacciato da Pino Iannacci, il genero di un esponente della 'ndrangheta
Malasanità e ’ndrangheta? Il binomio sembra non solo possibile ma forse una realtà quotidiana negli ospedali da incubo della Calabria. Prosegue da qui l’inchiesta de Le Iene su alcune strutture sanitarie.
Gaetano Pecoraro ha raccolto una testimonianza che chiarisce molto la malasanità della Calabria e del ruolo giocato dalla ’ndrangheta: “Dovevano fare dei lavori di ampliamento del reparto di Rianimazione, il costo è passato da 80mila a 280mila euro. Hanno rotto i muri e le porte con i malati dentro nei letti”. Il nostro testimone scrive ai responsabili perché sospendano i lavori. “Poco dopo mi sono ritrovato uno della ’ndrangheta di Rosarno in ufficio”. In base al suo racconto era Pino Iannacci, il genero di Pesce di Rosarno, vicino alla ‘ndrangheta”. Una delle cosche più pericolose in Calabria. “’Tu vuoi chiudere l’ospedale di Polistena?’, mi aveva detto”. Noi non sappiamo se questo racconto sia vero, ma la realtà conferma che quel reparto è nuovo, nonostante ci sia un pronto soccorso senza macchinari per accogliere i pazienti.
Per capire quanto gli ospedali della Calabria siano fuori dal mondo, siamo andati a chiederlo a Francesco Zavattaro che gestisce tutte le strutture ospedaliere del Friuli.
A lui chiediamo come sia possibile la mancanza di un bilancio aziendale come ci aveva candidamente ammesso il direttore generale dell’Asl di Reggio Calabria. “Io decadrei dal mio incarico dopo un minuto non è ammissibile non avere un bilancio”, dice. Invece qui la Regione paga per avere strutture decadenti. E le assenze di gare d’appalto per la manutenzione? “Siamo nell’inverosimile, è proibito nel nostro Paese”. Così come effettuare i pagamenti dei lavori prima del collaudo.
Gaetano Pecoraro è così andato a parlare con la ministra alla Salute. “Siamo messi molto male lì ognuno fa quello che gli pare e nessuno gli dice che non si fa così”, dice Giulia Grillo. “L’unico responsabile è il presidente della Regione. Noi stiamo cercando di capirlo”. Perché lì c’è un problema che si chiama ‘ndrangheta. “E certo”, conferma lei.