Lavorare per 2 euro e 50 all'ora: gli sfruttati di “Max Cina”| VIDEO
Roberta Rei ci racconta le assurde condizioni di lavoro all’interno di un centro commerciale cinese, in provincia di Bari, tra paghe di 2,50 euro all’ora e mobbing. Vendendo merce con etichette Cee molto particolari
Roberta Rei incontra Johnny, manager di “MaxCina”, un centro commerciale di 8.000 metri quadrati a Modugno, in provincia di Bari. È una delle zone con il più alto tasso di disoccupazione in Italia, dove trovare un lavoro è un vero miracolo.
Una ragazza, che chiameremo Chiara, racconta a Roberta Rei: “Gli ho mandato subito il curriculum e lo stesso giorno mi contatta Johnny, il responsabile. Mi ha detto che mi avrebbe assunto per 9 ore al giorno, per 600 euro al mese. Ho un mutuo da pagare, in giro non c’è nulla e allora ho accettato”
Chiara inizia a lavorare come commessa, ma le cose sono molto diverse: “Si lavora dieci ore no stop, non puoi andare in bagno, non ti puoi sedere, non ti puoi fermare cinque minuti, se ti fumi una sigaretta vieni richiamato”. E tutto questo per due euro e 50 all’ora!
Si lavora anche la notte, nonostante il negozio sia chiuso: “Per fare le pulizie, per sistemare la merce, per la sicurezza”.
Chiara, che è l’univa donna a lavorare lì, deve anche fare le pulizie: “Dovevo pulire tutto il locale, 8.000 metri quadrati”.
Dopo 15 giorni di prova però Johnny le dice che verrà un’altra ragazza, “per 500 euro al mese”. Chiara, se vuole continuare a tenere il suo posto di lavoro, deve accettare di ridursi lo stipendio.
“Con 500 euro al mese non ci pago neanche il mutuo”, spiega a Roberta Rei e così decide di andare via. Oltre al danno c’è anche la beffa perché la ragazza viene pagata solo il 15 del mese successivo.
Quando va a prendersi quei sudatissimi soldi, decide di filmare con una telecamera nascosta l’incontro con l’uomo, che le spiega come la pagherà: “Una parte con bonifico, una parte ti dò i soldi”
Poi, su sua richiesta, le fa firmare un contratto, nel quale però risulta che lavora soltanto 9 ore alla settimana!
Proviamo a entrare nel magazzino, per parlare con gli altri dipendenti, tutti giovani bisognosi. Una di queste, credendoci interessati al lavoro, ci dà un consiglio: “Non ti far vedere seduta, lo dico per te … all’inizio è dura lo so, anche io me ne andavo in crisi…”.
Avviciniamo il caporeparto, che dice che “l’ambiente è molto tranquillo, l’abbiamo risanato perché prima c’erano i lavativi, si lamentavano degli orari, della situazione economica, portavano malumore”.
Chiara ci aveva spiegato un’altra cosa sui prodotti venduti: “Ci facevano fare una cosa stranissima, ci davano queste etichette e ce le facevano attaccare sui prodotti, etichette adesive con scritto ‘marchio Cee’. Io le ho messe sui bracci per televisori e sui microfoni del karaoke per bambini…”
Anche noi proviamo ad andar a chiedere lavoro. Mentre lo riprendiamo di nascosto, Johnny ci spiega: “Lo stipendio mensile parte da 600 euro al mese, più o meno sono 400 che è scritto ufficialmente sulla busta. Perché funziona così, ci sono delle leggi un po’ stupidine… Puoi anche iniziare da domani”.
E infatti l’indomani ci torniamo, con la divisa da Iene. Gli diciamo che il suo è sfruttamento, perché non paga i contributi, ed è anche evasione fiscale, ma lui cerca di fermarci. “Ti denuncio”, e nega di pagare i dipendenti appena 2,50 euro all’ora.
Gli facciamo vedere il video registrato da Chiara, mentre le paga parte dello stipendio in nero: “Fagli spegnere la telecamera, non c’è niente di illegale. Io non ho dato soldi così”.
Roberta Rei gli spiega che nel contratto nazionale di lavoro la paga minima è di 6,79 euro, ma l’uomo si rifiuta di commentare. Gli chiediamo anche di quelle strane etichette, ma lui nega e dice di avere tanto da fare. E poi aggiunge alla Iena: “Hai mai infranto la legge? Tu sei tutta legale? Non è facile, per nessuno”.