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News | di Alessandro Barcella |

Colpo alla “mafia foggiana”: ecco i nuovi boss che nessuno conosce

Dopo la Sacra Corona Unita raccontata da Giulio Golia, vi raccontiamo sempre dalla Puglia la mafia meno conosciuta d’Italia, ma non per questo meno pericolosa. Una mafia nata nel Foggiano con l’aiuto di Raffaele Cutolo. Il Generale dei Carabinieri Antonio Basilicata, in prima linea alla Dia contro i clan mafiosi, ce ne spiega punti di forza e debolezze 

Un colpo importante alla cosiddetta “mafia foggiana”. La Dda di Bari, partendo da alcuni omicidi nella zona di San Severo, ha eseguito un blitz che ha portato a decine di arresti in tutta Italia, dal Foggiano appunto fino alla Lombardia.

Agenti della squadra mobile di Foggia e di Bari, del servizio centrale operativo e dei reparti di prevenzione del crimine, hanno colpito alcune famiglie di una delle mafie più sanguinarie e meno conosciute: la “mafia foggiana”.

Nulla di nuovo nel panorama della criminalità organizzata, se non fosse che per la prima volta, a quanto risulterebbe, sarebbe stata contestata a questa organizzazione l’associazione di tipo mafioso, ovvero l’articolo 416 bis. Ma di cosa si tratta, quando parliamo di mafia foggiana? Un nome che ai più dice poco o nulla, un’emergenza che fino a oggi i media hanno fin troppo sottovalutato.

Lo abbiamo chiesto al generale di brigata dei carabinieri Antonio Basilicata, a capo del 1° reparto investigazioni preventive della Direzione Investigativa Antimafia. Un investigatore molto esperto, e che conosce benissimo quel territorio, essendo stato per anni comandante provinciale dei carabinieri di Foggia. 

“Nel nord della Puglia è attiva la cosiddetta ‘mafia foggiana’, che è strutturata in tre differenti  organizzazioni: la ‘società foggiana’ nel Tavoliere, la ‘mafia garganica’ e la malavita cerignolana”.

Il recente blitz della Polizia di Stato, che ha toccato i clan di San Severo, ha riguardato dunque in particolare l’articolazione della “società foggiana”.

"La mafia foggiana, che ha una connotazione di grande violenza, ha preso in parte alcuni elementi tipici della ‘ndrangheta. In recenti indagini sulla mafia foggiana sono stati infatti notati atti emulativi verso i comportamenti degli ‘ndranghetisti, a partire da alcuni rituali di affiliazione fino all’affidamento di qualifiche e gerarchie”.

Esistono a oggi delle “joint-venture” tra clan della società foggiana e di San Severo, ma al momento questa mafia non ha una cupola né capi in comune.

Prosegue il Generale Antonio Basilicata: “La mafia foggiana ha una connotazione di grande violenza, una caratteristica che in parte l’avvicina al modus operandi della ‘ndrangheta. In recenti indagini sulla mafia foggiana sono stati notati atti emulativi verso i comportamenti degli ‘ndranghetisti, a partire da alcuni rituali di affiliazione fino all’affidamento di qualifiche e gerarchie”.

La sua aggressività è dimostrata appieno con il quadruplice omicidio del 9 agosto 2017, una strage avvenuta nei pressi della vecchia stazione ferroviaria di San Marco in Lamis. “Avevo lasciato il mio incarico di comandante provinciale dei carabinieri di Foggia da qualche mese”, spiega il Generale Basilicata, “ma ricordo che fu uno degli episodi che agli occhi dell’opinione pubblica fece maggiormente risaltare la cruenza della mafia foggiana”.

Grande aggressività come tratto tipico, dicevamo: “Questa aggressività, espressa per esempio dai cerignolani durante le eclatanti rapine a tir o a furgoni portavalori, si manifesta in un’organizzazione quasi militare. L’obiettivo è certamente quello di dimostrare che questi clan sono forti, che comandano sul territorio, un bisogno che ormai la ‘ndrangheta non ha quasi più”.

Ma l’emulazione che la mafia foggiana, per certi aspetti, ha nei confronti della ‘ndrangheta, porta a un altro limite molto forte nel suo contrasto: “I clan della mafia foggiana per certi aspetti si basano sull’organizzazione familistica tipica della ‘ndrangheta, e questo in parte spiega la difficoltà di trovare molti collaboratori di giustizia. Una difficoltà legata anche alla grande omertà da parte di affiliati e vittime dei clan, un’omertà causata come abbiamo detto anche da questa aggressività così spiccata”.

Ma quali sono i traffici illegali preferiti dalla mafia foggiana? “Sono quelli tradizionali di tutte le mafie, fondamentalmente traffico di droga ed estorsione, che consentono arricchimento e controllo del territorio. E poi ancora il gioco d’azzardo, il gioco online, l’usura”.

Ma anche i clan foggiani, come le organizzazioni criminali più consolidate, hanno iniziato a vestire i colletti bianchi. “Come tutte le mafie poi anche quella foggiana sta facendo il salto di qualità, e si sta inserendo nel tessuto dell’economia legale attraverso appalti nel settore dei rifiuti, nell’edilizia, e negli appalti pubblici. L’economia legale gli serve, ovviamente, per riciclare i soldi fatti con i traffici illegali. Fino a oggi i media hanno sottovalutato il fenomeno per una serie di ragioni, prima perché c’erano mafie più forti, pensiamo anche solo alla stagione stragista della mafia siciliana. All’inizio la mafia foggiana non era così sanguinaria come negli ultimi anni ma ora però sta aumentando la sua pervasività sul territorio. Le istituzioni di contrasto sono sempre state attente a questo fenomeno, pienamente consapevoli della sua pericolosità. La risposta dello Stato è sempre esistita”. 

Una cosa però, il Generale Basilicata, in primissima linea contro le mafie e anche contro quella foggiana, ci tiene a sottolinearla: “Dobbiamo ribadire la necessità che i cittadini collaborino di più, perché le denunce portano ai processi e i processi alle condanne. E questo poi ci consente anche di operare sequestri patrimoniali, la cosa che più fa male ai mafiosi”.

E che ai clan mafiosi di tutto il mondo, come quelli pugliesi, faccia paura ogni sequestro di beni, lo dimostra l’enorme giro d’affari che riescono ad organizzare. Un giro d’affari che ci ha mostrato Giulio Golia nel suo servizio in cui racconta la Sacra Corona Unita in Puglia e il business del contrabbando

Giulio Golia ha parlato con un vero e proprio re del contrabbando, Francesco Prudentino, che lo ha fatto per oltre 35 anni. “Ero detto Ciccio La Busta perché mi chiedevano sempre se avevo portato la busta coi soldi”, ci racconta. “Io ho dato da lavorare a 300 famiglie, mi hanno tolto tutto quello che ho guadagnato, 50 miliardi di lire”.

Guarda qui sotto il servizio di Giulio Golia sui re del contrabbando della mafia pugliese. 

 

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