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Processo troppo lungo: e ora ci tocca pagare la 'Ndrangheta! | VIDEO

La condanna per mafia e traffico di droga al Luigi Mancuso è arrivata dopo 13 anni. E un tribunale adesso impone allo Stato di risarcire 5.500 euro al boss

La legge va sempre rispettata, certo. Ma gli oltre 5.000 euro di soldi nostri di risarcimento che devono essere dati a un potente boss della ’Ndrangheta suonano lo stesso come una beffa.

La vicenda, abbastanza paradossale, è toccata a Luigi Mancuso, un esponente di rilievo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di Limbadi (Vibo Valentia), narcotrafficante internazionale e personaggio dall’indiscussa caratura mafiosa. Non lo diciamo noi de Le Iene, ma il procuratore aggiunto Marisa Manzini, che Gaetano Pecoraro aveva intervistato la scorsa estate in occasione di un delitto che aveva coinvolto la stessa famiglia Mancuso (un estratto dell’intervista al procuratore lo potete vedere sopra, per capire dall’episodio raccontato la caratura mafiosa di Luigi Mancuso. Il servizio integrale ve lo riproponiamo qui sotto).

Ora arriva questa notizia che farà sicuramente discutere e molto: la sezione civile della Corte d'Appello di Salerno ha imposto al ministero di Grazia e Giustizia di risarcire con 5.500 euro Luigi Mancuso, perché il maxi-processo “Genesi” a suo carico sarebbe durato troppo a lungo (ben 13 anni!).

Il 65enne Luigi Mancuso, che era stato scarcerato nel 2012 dopo 19 anni filati di reclusione e che oggi è libero nella sua bella villa di Limbadi, anche se in sorveglianza speciale, deve ringraziare la Legge Pinto, che stabilisce appunto risarcimenti anche ai condannati in via definitiva se si sfora la “ragionevole durata” dei processi.

Luigi Mancuso, dicevamo, non è un esponente qualunque di una consorteria mafiosa, ma è ritenuto uno dei capi assoluti della cosca Mancuso, tra le 10 organizzazioni ’ndranghetiste più importanti al mondo e “il clan finanziariamente più potente d’Europa”.

Dei Mancuso vi avevamo parlato a lungo nel servizio di Gaetano Pecoraro, che aveva ricostruito la vicenda della morte di Matteo Vinci, un biologo 42enne fatto saltare in aria con un’autobomba riconducibile agli stessi Mancuso (in particolare a una nipote di Luigi, Rosaria Mancuso e ad altri suoi familiari).

Mamma Sara Scarpulla e papà Francesco Vinci, anche lui nell’auto saltata in aria ma salvatosi dopo mesi di atroci sofferenze in ospedale, hanno raccontato a Le Iene anni e anni di soprusi da parte dei Mancuso, che puntavano a sottrar loro alcuni terreni agricoli vicini ai loro (ma il tutto era partito da una “misera” striscia di terra di meno di 50 metri quadrati!).

“Dispetti” e minacce per oltre 10 anni in un crescendo che arriva, dopo il tentato omicidio di Francesco Vinci, alla bomba messa sotto la macchina dei due, in un caldo pomeriggio dell’aprile 2018.

Luigi Mancuso, a onor del vero, si è sempre dissociato dalla strage operata da questi suoi familiari e non è in alcun modo entrato nell’inchiesta sull’omicidio. Ora però il boss torna alla ribalta della cronaca, per questo risarcimento di 5.500 euro di cui godrà a breve.

Ma la Legge non ammette ignoranza della legge stessa, e chi sbaglia (e stavolta ha sbagliato lo Stato prolungando troppo il processo al boss), paga. Anche se i soldi, come questa volta, andranno alla ’Ndrangheta e sono tutti soldi nostri.

Guarda sotto il servizio di Gaetano Pecoraro sull’autobomba voluta dai Mancuso per uccidere il giovane Matteo Vinci. 

 

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