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Omicidio Serena Mollicone, il papà ricoverato in ospedale: è grave | VIDEO

Guglielmo Mollicone è in gravi condizioni all’ospedale di Frosinone. Lotta tra la vita e la morte il papà di Serena, la ragazza uccisa 18 anni fa ad Arce. Un mistero rimasto ancora irrisolto come ci ha raccontato Veronica Ruggeri

È ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Spaziani di Frosinone. Il papà di Serena Mollicone lotta tra la vita e la morte. Abbiamo conosciuto Guglielmo nel servizio di Veronica Ruggeri, che vi riproponiamo qui sopra.

Questa mattina è stato colto da infarto mentre era nella sua abitazione ad Arce in provincia di Frosinone. Noi de Le Iene siamo vicini a Guglielmo in questa sua battaglia e in quella sulla ricerca della verità per la morte della figlia. Ancora dopo 18 anni, il “delitto di Arce” non ha un responsabile.

Nel servizio qui sopra, Veronica Ruggeri ricostruisce questa tragedia partendo dalle ombre che ancora avvolgono questo mistero. A raccontarci chi era Serena e che cosa è successo il giorno della sua scomparsa è proprio Guglielmo che ci ha aperto le porte della sua casa, dove stamattina si è sentito male.

Il mistero di Arce inizia il primo giugno del 2001, quando Serena scompare. Tutti si preoccupano perché non era una ragazza solita fare tardi la sera. Non beveva, non fumava. E di certo, tutti escludevano che fosse scappata. La cercano dappertutto e dopo due giorni il paese si risveglia con la peggiore delle notizie.

Serena viene trovata morta in un boschetto con le mani e i polsi legati e un sacchetto sopra la testa. In quel periodo frequentava il figlio dell’allora comandante della caserma dei carabinieri, Marco Mottola. In paese tutti sostenevano che fosse legato allo spaccio di droga. Una situazione a cui Serena voleva mettere fine. “Gli ha detto che l’avrebbe denunciato”, sostiene papà Guglielmo.  

Dopo giorni di ricerche la ragazza appena 18enne viene trovata morta a 600 metri dal bar dove sembra sia stata vista. La scena è orribile, la ragazza è abbandonata senza vita in mezzo ai rifiuti. Ha mani e piedi legati e un sacchetto sulla testa. Dall’autopsia emerge che ha subìto un forte colpo alla testa.

Nei primi momenti le indagini per risalire all’assassino si concentrano su Guglielmo. Dopo un calvario di mesi in cui lui era l’unico sospettato della morte della figlia, viene scagionato. Inizia a credere che quella mattina, dopo la lastra in ospedale Serena abbia incontrato il figlio del maresciallo come sostenuto in un primo momento da alcuni testimoni. Ma questa tesi non trova conferma nelle indagini che per un anno e mezzo brancolano nel buio.

Nel 2003 arriva la svolta improvvisa: il primo presunto colpevole è Carmine Belli, il carrozziere del paese. In quegli anni era un personaggio chiacchierato. C’era chi diceva che pagasse le ragazze per fare sesso. “Non ho mai creduto che fosse l’assassino. Belli non ha né la forza né la capacità di depistare le indagini”, dice Guglielmo. Inizia il processo a carico del carrozziere, il comandante viene sentito, le sue risposte però sono ritenute “frammentarie e lacunose”, come emerge dalle carte. Dopo un anno e mezzo, Belli viene scarcerato perché non ritenuto responsabile dell’omicidio.

Il giorno in cui viene scarcerato davanti a casa sua lo aspetta Santino Tuzi, un brigadiere della caserma di Arce che si è scusato con il carrozziere. Il significato di quel gesto si capirà 4 anni dopo. Il 9 aprile 2008 il brigadiere Tuzi dichiara che il giorno della scomparsa Serena era andata in caserma e da lì non è più uscita. Tre giorni dopo viene trovato morto nella sua macchina. Tutti hanno detto che si trattava di suicidio. 

Dopo anni di battaglie per la ricerca della verità, Guglielmo ha ottenuto di riaprire il processo. Il prossimo 15 gennaio è fissata l’udienza preliminare: l’ex comandante Franco Mottola assieme al figlio Marco e alla moglie Annamaria sono accusati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, l’appuntato scelto Francesco Suprano di favoreggiamento personale in omicidio volontario, e il luogotenente Vincenzo Quatrale di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio di un collega brigadiere.

Un momento che Guglielmo ha atteso da 18 anni, ora però la sua lotta non è più solo per la verità ma anche per la vita. Tutti noi de Le Iene gli mandiamo un grande abbraccio.

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