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Vannini, il brigadiere: “Non posso stravolgere quanto detto dalla magistratura” | VIDEO

Giulio Golia torna sull’omicidio di Marco Vannini con due nuove testimonianze, quella del datore di lavoro del ragazzo e quella del brigadiere Amadori, l’uomo che si è complimentato con noi per la nostra ricostruzione del caso

Nuovo capitolo della nostra inchiesta sulll’omicidio di Marco Vannini a casa di Antonio Ciontoli, di cui in basso potete ripercorrere tutte le tappe.

La notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 Marco Vannini è morto a 20 anni a Ladispoli, vicino Roma. Marco si trovava a casa della fidanzata Martina quando un colpo di pistola gli ha attraversato il braccio, perforato il polmone per poi terminare la sua corsa su una costola.

Il 29 gennaio scorso il padre della ragazza è stato condannato in Appello per la sua morte a 5 anni, contro i 14 anni sia della sentenza di primo grado sia della richiesta dell’accusa (il reato è stato derubricato da omicidio volontario a colposo).

In casa Ciontoli, quella sera oltre ad Antonio e Martina, erano presenti anche la moglie di Antonio, Maria Pezzillo; Federico, fratello di Martina, e la sua fidanzata Viola Giorgini. Secondo l’ultima sentenza, Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina distaccato ai servizi segreti, avrebbe sparato senza volerlo a Marco Vannini mentre mostrava le sue pistole al ragazzo che si faceva il bagno nella vasca di casa. Le chiamate ai soccorsi non sono tempestive e, come sentite nel servizio, ritardano l’intervento del 118. Durante queste chiamate non viene menzionato il colpo di pistola, solo in ospedale Antonio Ciontoli avviserà il medico di questo dettaglio fondamentale.

In questo nuovo servizio abbiamo due nuove testimonianze molto importanti. Quella del brigadiere Maglio Amadori, uno dei primi carabinieri a intervenire la sera dell’omicidio di Vannini e quella di Massi, l’ex datore di lavoro di Marco.

Proprio con il suo ex datore di lavoro ricostruiamo gli ultimi contatti avuti con Marco. Nei messaggi che si sono scambiati si accordano per lavoro proprio il giorno della tragedia. Guadagna cento euro che però non verranno mai ritrovati come ha testimoniato Massi al processo.

Da quello che ci racconta poi capiamo che all’ospedale indossava vestiti diversi dai suoi, “era stato rivestito con panni loro” dice la mamma. Perché non gli avevano rimesso i suoi vestiti? Inoltre c’è una maglietta di Marco che non verrà mai ritrovata.

C’è un altro particolare, la moglie di Ciontoli sostiene che dopo lo sparo Marco abbia urlato “scusa Massi”. Ma il suo datore di lavoro, “Massi”, dice che non c’è nessun motivo per cui dovesse gridare una cosa del genere e infatti i vicini di casa riferiscono di aver sentito urlare “scusa Marti”, rivolgendosi cioè alla sua fidanzata Martina.

Maglio Amadori è il brigadiere che riporta una frase di Antonio Ciontoli che lascia tutti senza parole: “Adesso metto nei guai mio figlio”. Queste parole, che aprono il dubbio che a sparare sia stato Antonio, non vengono messo a verbale.

Noi gli abbiamo chiesto di intervistarlo, lui si era detto molto disponibile ma gli serviva l’autorizzazione del comando generale dei carabinieri. L’abbiamo chiesta ma ci è stata negata.

Però Amadori l’abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto il perché delle sue dichiarazioni e le sue parole ci hanno lasciato perplessi. “Ogni dichiarazione che io in questo momento le sto facendo, sono quelle che ho già dato ma altre ed eventuali, se non sono autorizzato, mi creano problemi. Io non posso divulgare ulteriori informazioni che ci potrebbero essere”. Oltre a queste parole poco chiare ribadisce una cosa che ci aveva già detto al telefono: “le vostre ricostruzioni possono essere eccellenti, ma io non sono nessuno per stravolgere quello che la magistratura ha già valutato”.

I dubbi sulle indagini rimangono. I genitori di Marco dovranno aspettare ancora per scoprire la verità.

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