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News | di Alessandro Barcella |

Pedofilia: la strategia degli orchi in 9 punti e gli 8 segnali del pericolo

L’ultimo terribile caso di pedofilia viene da Lodi, dove un cinquantenne avrebbe abusato per tre anni di tre ragazzine tra 11 e 13 anni, che aveva adescato su WhatsApp con un falso profilo di ragazza. Abbiamo chiesto alla onlus “La Caramella Buona”  di spiegarci come un pedofilo trova le sue vittime e quali sono i “segnali” che un genitore può cogliere nel figlio. Con Nadia Toffa avevamo “incastrato” uno di questi pedofili 

“Giulia” non era una bimba di dieci anni in cerca di amichetti: “Giulia” era un pedofilo.

Un orco seriale, in cerca di vittime da adescare su WhatsApp. Lo hanno fermato i carabinieri di Lodi con un’accusa a terribile e infamante: il cinquantenne disoccupato lodigiano, che viveva ancora con i genitori, avrebbe abusato per tre anni, filmandole, di tre ragazzine tra gli undici e i tredici anni.

Nadia Toffa, nel servizio che vedete qui sopra, aveva “incastrato” un uomo in cerca di bambine su Internet.

La storia orribile di Lodi inizia quando il profilo che si fa chiamare “Giulia” fa amicizia con alcune ragazzine sull’app di messaggistica. All’inizio Giulia è dolce, e riesce a conquistare la fiducia delle sue vittime. Presto però si trasforma in una ragazzina sadica, che impone alle tre di andare a casa di un uomo per fare sesso con lui. E quell’uomo, ovviamente, è la stessa persona che si nasconde dietro quel nickname apparentemente innocuo.

Il pedofilo, quando le tre ragazze lo raggiungono nella stanza che ha nella casa dei suoi genitori, racconta di essere anche lui “soggiogato” da “Giulia”, e che deve  obbedirle. E dunque fare sesso con le ragazzine, come “Giulia” chiede. L’orrore è incredibile: le bambine sono costrette a farsi riprendere, a fare sesso con lui o addirittura tra di loro e a sottoporsi a riti di purificazione, pena “l’uccisione dei loro genitori”.

L’uomo è stato fermato con accuse pesantissime: violenza sessuale su minori, sostituzione di persona, detenzione e produzione di materiale pedopornografico.

Un inferno di abusi che è terminato solo dopo che una delle tre vittime ha avuto il coraggio di parlarne a una insegnante.

Ma quali sono le tecniche attraverso le quali i pedofili adescano le loro vittime? E quali i segnali che qualcosa di strano è successo ai nostri figli, su cui andrebbe posta la massima attenzione da parte dei genitori? Lo abbiamo chiesto a Roberto Mirabile, presidente dell’Associazione anti-pedofilia “La Caramella Buona”, attiva dal 1997 e che nel suo impegno al fianco delle parti lese in processi per pedofilia ha fino ad oggi ottenuto 160 anni di carcere e una condanna all’ergastolo.

Roberto ci aiuta innanzitutto a stilare un elenco di possibili strategie attraverso le quali i pedofili agganciano le loro vittime. L’aguzzino, dunque:

1. Crea innanzitutto un falso profilo sui social, da Facebook alle chat di messaggistica come WhatsApp e Telegram, per esempio.

2. Crea falsi profili (dello stesso sesso e della stessa fascia d’età delle possibili vittime) sui siti in cui le ragazzine si scambiano consigli per truccarsi e vestirsi alla moda, o per confrontarsi sui  primi approcci sentimentali e sessuali.

3. È un manipolatore affettivo: carpisce informazioni dalle vittime, cercando di cogliere segnali su loro mancanze affettive. E fa leva emotiva su queste.

4.  Fa sentire la vittima agganciata, importante, desiderata, amata. La rende protagonista.

5. Crea empatia e vicinanza sfruttando gusti comuni, ovviamente non condivisi per davvero, soprattutto in campo musicale. Racconta di (inesistenti) esperienze comuni, su cui costruisce la confidenza con la vittima.

6. Creato il legame, inizia con allusioni a sfondo fisico e sessuale, che diventano sempre più dirette. Magari chiede di confrontarsi sui primi approcci sessuali o sui dubbi legati alla verginità.

7.  Inizia a rivelare di essere un po’ più grande della vittima e di essere un uomo. È il punto chiave per poter proseguire nel rapporto.

8. Si parte con il sexting. Chiede di scattare e condividere immagini di parti del corpo, immagini più erotiche o pesantemente sessuali o anche di fare sessioni di webcam erotica, magari masturbandosi on line.

9. Si può arrivare anche all’incontro reale, che può sfociare nella violenza, in casi fortunatamente più rari.

Roberto Mirabile, presidente de “La Caramella Buona”, ci spiega anche quali sono i possibili segnali che dovrebbero mettere in allarme un genitore. 

1. Il figlio/a sta nella propria cameretta fino a tarda sera, in chat o video chat, sia al telefono che al pc. 

2. Ha ricariche telefoniche senza aver chiesto soldi ai genitori.

3. Ha oggetti nuovi non regalati dai genitori: borsette, telefonini, vestiti, scarpe costose.

4. Ha una disponibilità economica “sospetta”.

Se poi dal “sexting” si è passati ad una violenza fisica vera e propria, possono manifestarsi altri segnali:

1. È più taciturno e isolato del solito.

2. Perde piacere per le attività quotidiane fatte con le amiche e gli amici.

3. Ha più segreti del solito.

4. Manifesta disturbi alimentari come l’anoressia.

Roberto Mirabile, pur non colpevolizzando i genitori, vuole essere chiaro: “Il minorenne non ha privacy. Tu hai diritto come genitore di monitorare e di verificare  quello che tuo figlio sta facendo. Lo so che è provocatorio ma dico che un ragazzino il pin sul proprio cellulare non dovrebbe averlo. Abbiamo anche visto casi di ragazzine di 7-8 anni con la disponibilità di un cellulare proprio… È assolutamente troppo presto”.

Il pedofilo è un mostro subdolo, che sa sfruttare bene il terreno infido su cui gioca: “Può capitare che a svelare una violenza subìta sia l’amica o l’amico del cuore della vittima, che di solito non confessa ai genitori la violenza per paura di essere giudicata, per vergogna o perché pensa di aver in qualche modo fatto qualcosa nella sua vita che l’abbia portata a incontrare il pedofilo. È proprio il punto su cui i pedofili fanno leva, confidando che la violenza non venga mai raccontata. Ci vuole dunque qualcuno che dica alla vittima che non è colpevole di nulla, anche se comunque la ferita nell’anima, nella psiche di chi ha subìto una violenza pedofila rimane per tutta la vita”.

Qualche dato getta una luce ancora più inquitante: “Oltre il 65-70% degli adolescenti italiani ha avuto qualche approccio anomalo in chat”, spiega Roberto Mirabile. “Di questi, almeno il 75% sono ragazzine al di sotto dei 14 anni, anche se stiamo assistendo a un pericolosissimo aumento di bambine della fascia d’età tra 7-8 e 11 anni”.

Nadia Toffa, nel servizio che vedete qui sopra, ha seguito la “caccia” a un pedofilo. Un ex carabiniere ha lanciato l'esca per incastrarlo, la Iena lo ha affrontato. L’uomo pensa di fare una video chiamata con la ragazzina di tredici anni che ha adescato: in realtà è una nostra complice ed è maggiorenne.

“Lo sai che ti voglio leccare un pochino in posti dove prendi poco sole. Mi fai baciare i tuoi capezzoli?”, dice l’uomo in video-chat.

Il pedofilo organizza un incontro con la ragazzina, che lo riprende con una telecamera nascosta. Quando la nostra complice dice di aver cambiato idea e di non voler più andare in camera con lui, l’uomo prova a tirarla nella stanza con la forza. È il momento di intervenire e quando Nadia Toffa gli si avvicina, lui fa perdere le proprie tracce. Per poco, perché alla sera lo ritroviamo e lo convinciamo a venire a parlare in auto con noi. E lui, quando gli raccontiamo che la nostra complice avrebbe 13 anni, dice: “Oh Dio santo, non sapevo avesse tredici anni, sembrava molto più grande. Comunque non l’ho neanche sfiorata con un dito”. Grazie al nostro intervento

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