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Quote latte, è ufficiale: le multe agli allevatori sono illegittime | VIDEO

Il gip di Roma Paola de Nicola mette nero su bianco la truffa delle quote latte imposte dall’Europa. Matteo Viviani torna sul caso delle multe milionarie imposte ingiustamente agli allevatori che hanno prodotto più latte. Un sistema illegale che finanziava addirittura aziende con mucche che non avevano mai prodotto latte

“Siamo passati da truffatori e delinquenti, dopo che lavori 365 giorni all’anno: è una cosa vergognosa!”

Luisa è una dei tanti allevatori italiani ridotti sul lastrico a causa dei limiti di produzione imposti dalle cosiddette “quote latte”. Ve ne avevamo già parlato nel maggio del 2018, con Matteo Viviani.

Nel 1984 gli stati della comunità europea si accordano per stabilire i limiti della produzione di latte per ciascun paese membro. Per far questo i singoli paesi dovevano presentare il dato di produzione dell’anno precedente, dato che però per l’Italia non c’era. E allora che si fa? Si prende l’ultimo valore disponibile, quello del 1939!

Così nel 1984 gli allevatori, nel pieno della crescita delle proprie attività,  si ritrovarono con limiti di molto inferiori alla loro attuale produzione.

“Producevamo 6.000 quintali di latte all’anno e il nostro limite adesso diventava di 1.350 quintali”, spiegava uno degli allevatori coinvolti dalle multe.

Oltre quelle quote stabilite per legge infatti le possibilità erano due: o compravi altre quote aggiuntive oppure continuavi a produrre di più, ma beccando multe salatissime.

Multe importanti, anche di qualche milione di euro! Sanzioni che a detta degli allevatori sarebbero state illegali e infatti nel 1997 i cosiddetti “cobas del latte” erano scesi in piazza, bloccando letteralmente il paese coi loro trattori e rovesciando per strada il latte in più che avevano prodotto. E questa protesta ad alcuni, oltre al danno economico, è costata anche denunce e condanne al carcere.

Sulla vicenda delle quote latte oggi però c’è una grande novità, perché è stato messo nero su bianco che il sistema delle quote latte era basato su dati falsi.

Parola del gip del tribunale di Roma Paola de Nicola, che in un procedimento di archiviazione ha scritto: “Il sistema di calcolo è errato, una cosa che sanno tutte le autorità amministrative e politiche, che sono rimaste inerti per 20 anni, per non scontentare singoli centri di interesse”. Tra i tanti accusati di non aver controllato o addirittura alterato i dati che hanno portato a queste multe, c’è uno a cui però il gip di Roma ha dato ragione. 

Si chiama Marco Mantile, ex vicecomandante del comando carabinieri politiche agricole e alimentari, che avevamo già intervistato. “C’erano addirittura aziende agricole, tra i multati, con capi di bestiame che non producevano latte e di contro aziende con vacche che ne producevano ma che non erano censite dalla banca dati”, ci ha raccontato.

“Tutte le multe non erano corrette”, aveva concluso Mantile.  Anche Guardia di Finanza e carabinieri erano arrivati alla stessa conclusione della gip di Roma, che ha fatto emergere dei dati davvero incredibili: quasi 6 milioni di mucche che non producevano latte erano state inserite nel conteggio delle multe.  Un errore questo che avrebbe forse contribuito alla produzione del cosiddetto “latte in nero”. Un sistema che un altro allevatore ci spiega: “Se sono un industriale che deve far girare lo stabilimento , e mi serve latte italiano e non ce n’è, prendo quello comprato all’estero, che costa meno. Questo era il sistema”. Un sistema, di fatto, che ha portato l’Italia a superare le quote latte imposte dall’Europa.

“Era un sistema criminale stratificato”, chiosa Mantile. Ma non basta perché la truffa sarebbe doppia: quegli allevatori con i capi che non producevano latte avrebbero ricevuto anche i finanziamenti dall’Unione europea. “Un miliardo e 200 milioni di euro di finanziamenti all’anno non dovuti, cifra da moltiplicare almeno per una decina di anni”, aggiunge Mantile.  

E se da un lato ci sono i furbi che hanno incassato, dall’altra ci sono stati allevatori che non hanno retto, e che si sono impiccati dopo avere ricevuto le multe. “Qualche volta ci ho pensato anche io, ma poi mi chiedo cosa ho fatto di male, ho fatto il mestiere che mi hanno insegnato, ho munto delle vacche”, interviene un allevatore.

Il gip di Roma entra anche nel merito di un episodio che riguarda proprio Marco Mantile, un colloquio tra Mantile e Giuseppe Ambrosio, capo di gabinetto dell’allora ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan. Un colloquio registrato, e che vi facciamo ascoltare.  

“Ipotizziamo che la vostra cosa è corretta”, dice Ambrosio, “ma politicamente non la possiamo utilizzare. Se diciamo che abbiamo verificato che quei dati sono sbagliati, cade tutto il castello dei 5 anni di anticipo delle quote che abbiamo ricevuto tutto in una botta. Ci cade tutta l’impalcatura. E la commissione europea ci si incula”.

Mantile ovviamente non ci sta a questo ragionamento ma Ambrosio è chiaro: “E’ stato detto anche dai suoi vertici che probabilmente non andava fatta la relazione d’approfondimento. Il lavoro dell’Arma è fatto bene ma politicamente ci fa cadere tutto il castello”.

Un episodio, questo, su cui è pendente un procedimento penale presso la procura di Roma per il reato di tentata concussione, per cui però è stata richiesta dal pm l’archiviazione.

Matteo Viviani va da Ambrosio, ma lui si allontana senza darci nessuna risposta, mentre quelle multe illegittime continuano ad arrivare agli allevatori italiani.

La Iena va poi a chiedere spiegazioni al ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova per chiederle se abbia mai ricevuto la richiesta di archiviazione del Gip di Roma. “Datemi il tempo di fare gli approfondimenti e poi ci vediamo e risponderò su tutto quello su cui è necessario rispondere”. Ma aggiunge : “Noi non possiamo far pagare agli altri cittadini  gli errori commessi da alcune persone, sapendo che stavano commettendo degli errori”.

 

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