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Da laureata a segretaria: in Sicilia non abbiamo il diritto di sognare

Dopo aver visto il servizio di Matteo Viviani su un ragazzo che sarebbe stato costretto a rendere parte dello stipendio al suo titolare, Tamara ci ha scritto, raccontando di come ha dovuto abbandonare la sua terra per vivere dignitosamente insieme alla sua famiglia

“Care Iene, sono una donna siciliana di 41 anni. Ho deciso di scrivervi dopo aver visto la storia di Rosario, il ragazzo che in Sicilia ha avuto il coraggio di filmare e denunciare il suo datore di lavoro, che gli avrebbe chiesto indietro parte dello stipendio che risultava in busta paga. Voglio dirgli di prendere il coraggio a quattro mani e fare le valigie come abbiamo fatto noi l'anno scorso. Io, mio marito e mio figlio vivevamo in un paese vicino Acireale, ma da poco più di un anno ci siamo spostati in Germania.

La Sicilia è un posto bellissimo, ma quella da voi denunciata è una realtà che non si potrà mai cambiare. Per uno che si ribella, ce ne sono 10.000 che andrebbero a lavorare al posto di quel ragazzo anche per meno soldi. E quindi, alla fine, acconsenti e resti a qualsiasi condizione, perché altrimenti non avresti neanche quei soldi.

Mio marito era tra i pochi con il privilegio di essere in regola. Sulla busta paga era dichiarata la paga minima sindacale, ma in realtà ne percepiva la metà. Non doveva restituire i soldi al titolare, ma per percepire la paga oraria stabilita doveva in realtà lavorare il doppio delle ore.  

E se qualcuno si lamentava la risposta era: ''lì c'è la porta, ci sono miriadi di extracomunitari pronti a lavorare per la metà di quello che prendete voi”.  Io non ho nulla contro chi viene da altri Paesi, ma purtroppo sono disposti a lavorare per una paga ancora inferiore rispetto alla nostra e questo ha fatto sì che la situazione in Sicilia degenerasse.

Io non ero neanche in regola e non avevo paga puntuale. Per avere lo stipendio dovevo far vedere le bollette da pagare o mandare le foto del frigo vuoto. E benché facessi la segretaria, dovevo anche cucinare per gli operai, far la spesa, pulire, spesso usando la mia auto.

Questa è la Sicilia che odio, quella che ci ha fatto lasciare casa con un mutuo quasi finito, pagato in 18 anni con infiniti sacrifici. Questa è la Sicilia che una notte ci ha fatto prendere nostro figlio di 10 anni dal suo letto, sapendo che non avrebbe più vissuto nella casa dove era cresciuto, facendogli lasciare amici, nonni e partire con quello che entrava in tre valigie. È stato straziante chiudere quella porta e fermarsi un attimo per vedere la casa. Sentire la delusione dei genitori, di mio padre che per mesi non mi ha parlato. Come se andando via lo avessimo tradito perché a suo dire ''in fondo il pane non ci mancava''. Poco importa che per pagare il mutuo dovessimo mangiare pasta e olio per settimane, poco importa se per avere 1.300 euro al mese dovevamo lavorare 9 ore o più al giorno e per avere lo stipendio dovevo far vedere che avevo le bollette da pagare.

I Siciliani sono rassegnati a questo status di cose e tramandano questa mentalità ai figli. Chi ha una mente più aperta, chi vuole vivere con dignità, è un diverso. Così resta un’unica soluzione: andare via. Altrimenti devi abbassare la testa e accettare che la tua dignità venga calpestata giorno dopo giorno, fino a non avere più sogni, fino a non avere più voglia di fare progetti che non vedrai realizzati.

Noi abbiamo provato a restare in Sicilia, ma le cose non cambiano e non cambieranno mai. Per nostro figlio non volevamo una vita fatta di incertezze e sfruttamento come la nostra. Venendo qui in Germania nostro figlio potrà inseguire i suoi sogni, studiare e trovare un lavoro per quel che ha studiato. Non come me, che con una laurea mi sono ritrovata a fare mille lavori diversi, dalla segretaria alle pulizie. Lui vuol lavorare nella meccatronica ed ha il diritto di avere questo sogno. Noi come genitori ci sentiamo in dovere di dargli la possibilità di farlo. Qui già all'età di 17 anni potrà insieme studiare e lavorare e avere il suo piccolo stipendio che parte da €800 al mese. Potrà sentirsi realizzato e non dovrà adattarsi al primo lavoretto per portare il pane a casa. Mio marito in 24 ore ha trovato lavoro per la sua qualifica con una paga puntuale e dignitosa, che ci permette di mantenerci qui e continuare a pagare il mutuo in Sicilia per gli ultimi 3 anni che restano. Per me è un po’ più difficile perché non sapendo bene la lingua per ora devo fare le pulizie. Ma sono pagata dignitosamente e rispettata.

Se ci manca casa nostra fatta in 18 anni di sacrifici? Se ci manca la Sicilia, il mare, il sole, gli amici, il cibo o sentire il nostro dialetto, capire cosa dice la gente intorno a noi e non dover mettere mano al traduttore? Se è stato difficile per nostro figlio andare in una scuola dove si parla una lingua diversa? Se ha pianto? Se abbiamo dovuto asciugare le sue lacrime? A tutto ciò la risposta è sì.

 Se ci siamo pentiti della nostra scelta? No.

Quando torno nella mia terra, se da un lato sono felice, dall'altro sono nervosa e ansiosa, perché la parte malata della Sicilia pensa che andando in Germania io e mio marito siamo diventati ricchi. L'ultima volta che siamo scesi una sera abbiamo trovato il portone di casa aperto in due e la casa sottosopra. Bilancio del breve ritorno a casa? 1000 euro per rifare il portone nuovo e altri danni. Il tutto per rubare un tablet da 100 euro. Non so cosa sperassero di trovare. Venendo in Germania non siamo diventati ricchi, ma abbiamo ritrovato la dignità, la serenità, la certezza di sapere che ogni mese arriva lo stipendio in banca. Qui i nostri diritti di lavoratori sono rispettati. Qui nostro figlio avrà la prospettiva di un futuro dignitoso.


Tamara”

Guarda qui sotto il servizio di Matteo Viviani su Rosario. 

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