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News | di Giulio Melis |

Silvia Romano, il volontario: “Con lei a denunciare un pedofilo prima del rapimento” | AUDIO

Iene.it pubblica in esclusiva testimonianze e audio che confermerebbero la pista di episodi di pedofilia da parte di un prete keniano. Violenze che Silvia Romano, la cooperante milanese in Kenya, avrebbe denunciato alla polizia nove giorni prima di essere rapita

Perché Silvia Romano è stata rapita? Forse perché in Kenya ha assistito a episodi di violenza sessuale? Iene.it ha raccolto in esclusiva la testimonianza di un volontario che ha accompagnato Silvia Romano a sporgere una denuncia alla polizia di Malindi. Era l’11 novembre, nove giorni prima del rapimento.

“Ho visto atti di pedofilia su bambini di tre, cinque, dieci anni… Io a questo qua lo volevo ammazzare”. Il volontario, che lavorava per Africa Milele con Silvia Romano, oggi si trova in Italia e ci chiede di rimanere anonimo. Avrebbe assistito a questi episodi quando si trovava a Chakama, il villaggio dove è stata rapita la giovane milanese. “Me ne sono accorto subito appena arrivato, attorno al 7-8 novembre”, continua il volontario. “Attirava i bambini con le classiche cose: caramelle, monetine... Lui non era stupido, aveva capito che ce ne eravamo accorti”. “Lui” è un pastore anglicano che in quei giorni si trovava a Chakama in qualità di prete e di commissario d’esame per la scuola, e veniva chiamato da tutti “Father”. “Un giorno gli ho strappato una bambina dalle mani”, ci svela il ragazzo. “E in quel momento con me c’era anche Silvia”.

TIZIANA BELTRAMI E AFRICA MILELE  

A confermare che la volontaria italiana sarebbe stata testimone di un episodio di pedofilia è Tiziana Beltrami, una donna laziale che a Malindi gestisce insieme al marito Roberto un notissimo ristorante e locale da ballo, il Karen Blixen, che è diventato un punto di ritrovo per la movida malindina e in particolare per gli italiani. 

Tiziana Beltrami è anche la referente logistica de facto di Africa Milele, nonostante da statuto non abbia alcun ruolo ufficiale. Il suo locale, il Karen Blixen, è stato infatti in questi anni il punto di arrivo dei materiali spediti per aiutare le popolazioni locali, nell’ambito di quello che viene definito “un ponte solidale Italia-Kenya”. Gli aiuti mandati ad Africa Milele per mezzo del ristorante-pizzeria Karen Blixen sono vari: dai farmaci all’abbigliamento per bambini, fino al materiale ospedaliero.

La Beltrami pubblicizza il suo impegno a favore di Africa Milele anche sulla pagina Facebook del ristorante, dove posta numerosissimi messaggi con le foto dei prodotti arrivati al Karen Blixen, destinati a ospedali, missioni e orfanotrofi. Post e immagini che da qualche tempo sono stati cancellati, ma che noi di Iene.it siamo in grado di farvi vedere, e che trovate nella gallery qui sotto.

Il Karen Blixen e i pacchi per Africa Milele

 
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Tiziana Beltrami raccontava del suo ruolo chiave in Africa Milele anche in un audio-messaggio in cui, rivolgendosi a una nuova volontaria della onlus, parlava del sequestro di Silvia Romano, come potete ascoltare qui:

“Purtroppo il direttivo di Africa Milele ha deciso di tenere il silenzio stampa", spiega la Beltrami su WhatsApp, "e io sono l’unica persona di riferimento per Africa Milele, sono quella che sta qui lavorando per Africa Milele, sono la custode di alcune cose di Africa Milele, di Silvia, etc.”.  

E sono diverse le fotografie che ritraggono Tiziana Beltrami nel villaggio di Chakama e in altri villaggi della zona, impegnata insieme alla presidentessa di Africa Milele, Lilian Sora, a distribuire pacchi alla popolazione locale. Guardate questa breve gallery.

Tiziana Beltrami e Africa Milele

 
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Tiziana Beltrami conosceva personalmente Silvia Romano, come dimostra questa fotografia postata su Facebook da un altro volontario. 

Tiziana e Silvia sono a cena insieme al Karen Blixen, insieme ad altri due giovani volontari di Africa Milele.

LA DENUNCIA PER PEDOFILIA

È ancora Tiziana Beltrami in un audio messaggio su WhatsApp a raccontare della denuncia per pedofilia, che Silvia avrebbe provato a presentare alla polizia di Malindi.

“Silvia quando è arrivata [in Kenya, dopo che era rientrata in Italia, ndr.] è andata direttamente ad Africa Milele. È tornata a Malindi l’11 novembre per fare una denuncia di pedofilia”. Nove giorni prima del rapimento, quindi, la Beltrami dice che appena arrivata in Kenya da Milano, Silvia si reca a Chakama e poi da lì sarebbe andata a Malindi per la denuncia. Secondo la donna altri due volontari, oltre a Silvia, avrebbero sporto denuncia. Tiziana Beltrami, la referente logistica di fatto per Africa Milele, aggiunge anche una pesante accusa: Lilian Sora, la presidentessa di Africa Milele, avrebbe in qualche modo tentato di evitare questa denuncia, perché questo sarebbe andato contro gli interessi del chairman, il capo villaggio di Chakama.

Uno dei due volontari di cui parla Tiziana Beltrami racconta a Iene.it del suo arrivo a Chakama: “C’era questa struttura affittata da Africa Milele, erano alcune stanze, e noi dormivano lì. La stanza di questo prete era a tre metri dalla nostra, nello stesso nostro complesso, la Guest House”. Ed è lì che i volontari avrebbero assistito agli episodi di pedofilia da parte del prete. E il ragazzo entra nei particolari: “Palpeggiamenti, strusciamenti, cose assolutamente non consone per nessuno, soprattutto per un prete. All’inizio me ne sono accorto solo io, e poi l’ho detto a Silvia e all’altra volontaria, e siamo stati tutti più attenti. Abbiamo visto le ragazzine che entravano nella stanza di quest’uomo e ci stavano pochissimo, due, tre, cinque minuti. Non so fino a che punto arrivasse, però atti pedofili c’erano eccome. Vedere certe cose e rimanere fermo… Io sono arrivato al punto di dire: ‘facciamo qualcosa in fretta o io da qui me ne vado!’”

Ed è così che decidono di andare alla polizia di Malindi. “La denuncia è stata fatta a nome di Silvia, firmata e presentata. Avevamo fatto il nome di quel prete e c’era anche un mandato d’arresto per lui… L’11 novembre, nove giorni prima che Silvia venisse rapita, facciamo questa denuncia e subito dopo torniamo a Chakama. Il prete però non c’era più, tutto era finito in una bolla di sapone”. La polizia aveva detto di avvisare se si fosse ripresentato il prete. “Mandarono però una volontaria che collaborava con la polizia, che avrebbe dovuto aiutarci ad andare più fondo su questa cosa”. E cioè avrebbe dovuto fare domande ai bambini che sarebbero stati vittime delle attenzioni del prete. Ma dopo poco la donna sarebbe stata allontanata dal capo villaggio.

“Io non sono mai stato interpellato dalla Farnesina”, lamenta il volontario. “Mi sono dovuto recare spontaneamente dai Ros dei carabinieri, che non mi avevano chiamato. Siamo andati di nostra iniziativa sia io che l’altra volontaria di Africa Milele”.

Sempre sulla denuncia per pedofilia, raccogliamo un’altra importante conferma. È quella riferita da una nostra fonte, che racconta alcuni dettagli che le sarebbero stati rivelati da un alto ufficiale della polizia di Malindi. Stando alle rivelazioni dell’ufficiale di polizia, Silvia e altri due volontari di Africa Milele, accompagnati da Tiziana Beltrami, il giorno 11 novembre sarebbero andati alla CID di Malindi, il dipartimento di polizia criminale, per presentare la denuncia. Però, secondo la nostra fonte che riporta quanto spiegato dall’ufficiale keniota, la denuncia non sarebbe stata presentata perché mancavano i nomi del presunto pedofilo e di altri testimoni. Quell’informazione di reato, avrebbe detto ancora l’alto ufficiale,  sarebbe poi passata a un altro dipartimento, che si occupa di crimini sui minori. Da lì la pratica sarebbe andata a finire a Mombasa, la capitale. Da quel momento, avrebbe spiegato ancora il poliziotto, di quella denuncia non si sarebbe più saputo nulla.

Iene.it ha contattato quell’ufficiale della polizia criminale di Malindi, ma l’uomo dopo averci detto che non è autorizzato a parlare ha riattaccato il telefono.

IL RACCONTO DI LILIAN SORA

Rispetto alle accuse di Tiziana Beltrami a Lilian Sora, sul fatto di aver in qualche modo cercato di insabbiare quella denuncia, Iene.it ha interpellato la stessa presidentessa di Africa Milele, che ci racconta invece la sua versione dei fatti: “A Chakama sono arrivati Silvia e gli altri due volontari. Nella casa dove ci siamo noi, ci sono altre camere. Di solito insieme a noi ci sono gli insegnanti della scuola secondaria che affittano altre due stanze. Quando i ragazzi sono arrivati, nella stanza numero 1 c’era un altro signore, che noi non conoscevamo, quello che chiamavano 'father'. I ragazzi si sono accorti di alcuni atteggiamenti di questa persona, e cioè hanno raccontato che faceva entrare nella sua camera, con la porta aperta, delle bambine attorno ai 10 anni. Ho chiesto subito a Silvia di confrontarsi con Joseph, il mio compagno di etnia Masai che è sul luogo, perché è il referente africano di Africa Milele. Joseph si è preoccupato e ha parlato subito con il padrone della guest house, un uomo che noi chiamiamo il boss. Lui ci ha spiegato che questo prete era un pastore anglicano. Lì in Kenya il fatto che sia un prete mette fine ad ogni discussione, soprattutto se si parla di pedofilia, una cosa che dunque è da escludere a priori. Il boss ci ha detto che il 'father' sarebbe andato via nel giro di un  paio di giorni, e che era lì come commissario d’esame per la scuola primaria, perché era un prete ma anche un insegnante. Il boss ci ha detto che le bambine andavano in stanza da lui a fare catechismo, a pregare. Il giorno dopo i miei ragazzi hanno ripreso a dirmi che il prete aveva atteggiamenti non adeguati, e che loro avevano fatto in modo che le bimbe non entrassero. Il 'father' però usciva dalla stanza e stava con loro, sfiorandole. Era però difficile capire quanto i miei volontari si fossero lasciati prendere e quanto invece fosse vero. Non è facile andare a dire che c’è un pedofilo!”

E sulla denuncia per pedofilia Sora spiega: “Io ero nel mezzo, tra i volontari italiani e le persone africane del villaggio. Per il mio compagno Joseph e per il padrone di casa, il boss, la situazione era chiarita: questa persona era un prete, una persona conosciuta, che aveva referenze e le bambine entravano da lui per pregare. Non c’era nella loro testa la malizia di dire che queste bambine potessero essere abusate: sono modi molto diversi di ragionare. Ho parlato subito di questa cosa con Tiziana Beltrami, che mi ha detto di conoscere una poliziotta del Children Department, una certa Mariam. Tiziana l’ha sentita e Mariam le ha detto di fare venire subito i miei tre volontari . Ho mandato un messaggio a Silvia e le ho detto se se la sentivano di andare in polizia a Malindi. Loro con grande entusiasmo mi hanno detto: ‘certo che sì’. Anche Tiziana è andata con loro dalla polizia di Malindi.”

Lilian Sora aggiunge inoltre un dettaglio che se fosse vero getterebbe un’ombra sulle modalità d’indagine degli inquirenti kenioti. “I ragazzi sono usciti dalla centrale di polizia di Malindi con in mano un mandato di arresto per il ‘father’”, sostiene la presidentessa di Africa Milele. “I ragazzi avrebbero dovuto portare quel mandato il giorno dopo alla polizia di Langobaya, che è referente per il villaggio di Chakama. Insieme a loro sarebbe dovuta partire una poliziotta per andare a sentire le presunte vittime a Chakama. A Langobaya la polizia ha chiesto ai tre volontari 30 euro per pagare la benzina per le loro moto che dovevano andare a Chakama… Mi sono confrontata telefonicamente con i volontari e abbiamo detto: ‘ci pensiamo, ma anche no’. E allora il mandato d’arresto per il prete presunto pedofilo è rimasto in mano alla polizia di Langobaya”. E così la polizia, davanti a quel rifiuto, non sarebbe partita per andare a cercare il prete.

Iene.it ha contattato Tiziana Beltrami che però ci ha detto di non voler rilasciare alcuna dichiarazione sulla vicenda, spiegando che ci sono autorità ufficiali deputate a questo. 

Su di lei, però, dobbiamo dirvi ancora una cosa: Tiziana Beltrami, in realtà, si chiama Mariangela. Non siamo a conoscenza del motivo preciso per cui in Kenya la donna si faccia chiamare con un altro nome di battesimo. Sappiamo però che in Italia il marito di Mariangela Beltrami, Roberto, con cui gestisce il Karen Blixen di Malindi, è coinvolto in un’indagine della Guardia di Finanza chiamata “Easy Gain”. Si tratta di un procedimento in cui si ipotizza la truffa aggravata ai danni di alcuni risparmiatori della zona di Latina. Attualmente a carico del marito di Mariangela Beltrami, che per le autorità italiane non sarebbe reperibile, ci sono diverse pendenze anche in sede civile.

UNA NUOVA PISTA DIETRO AL RAPIMENTO?

Non si hanno più notizie della volontaria italiana dal 20 novembre 2018, il giorno in cui è stata rapita nel villaggio di Chakama. Un villaggio povero e isolato che potete vedere nella gallery qui sotto.

Il villaggio di Chakama

 
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Verso le 19.30 di quel giorno si materializza un commando di una mezza dozzina di uomini armati, che si dirige a colpo sicuro verso la guest house dove alloggia Silvia Romano, che vedete sotto.

In quel momento con lei avrebbe dovuto esserci anche un keniota di etnia masai, che generalmente è di guardia all’edificio gestito da Africa Milele: quel giorno però, secondo alcune testimonianze, l’uomo sarebbe arrivato dopo il sequestro. Gli uomini del commando armato non hanno esitazioni: cercano la “mzungu”, la ragazza europea, la bianca. I rapitori di Silvia, dopo averla caricata in spalla con la forza, sparano diversi colpi di kalashnikov nell’area del Chakama Trading Center, per aprirsi un varco tra la folla, e feriscono almeno cinque persone.

Silvia viene portata via dal commando, e da allora scompare nel nulla. Nel corso di questi sei mesi sono emerse diverse piste investigative. La prima è quella del rapimento ad opera degli integralisti somali di Al Shabaab (il confine somalo dista 200 km da Chakama). L’ipotesi però è smentita dai principali esperti di terrorismo internazionale perché mancano rivendicazioni da parte del gruppo islamista. C’è anche quella, surreale e oltraggiosa, che vedrebbe nella volontaria italiana una trafficante d'avorio

I primi a ipotizzare l'ombra di un episodio di violenza di cui sarebbe stata testimone la volontaria nel periodo precedente al suo rapimento è stato Il Fatto Quotidiano. Ora  noi di Iene.it abbiamo aggiunto nuovi elementi che confermerebbero questa pista, che porterebbe dunque a un collegamento tra il rapimento di Silvia Romano e ciò che avrebbe visto a Chakama: atti di pedofilia commessi da un prete keniano.

Nei prossimi giorni renderemo note ulteriori informazioni in nostro possesso, altre testimonianze esclusive: intanto invitiamo chiunque sia a conoscenza di fatti legati al rapimento di Silvia Romano a contattarci all’email redazioneiene@mediaset.it.

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