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Gli spacciatori dei boschi dell'A7 Milano-Genova con affari da 400 mila euro | VIDEO

Abbiamo “organizzato” una cena con due spacciatori di droga. Tra eroina e cocaina, i pusher marocchini dei boschi dell’autostrada sono armati e hanno un giro molto pericoloso. Luigi Pelazza indaga per capire come funziona questo sporco affare

 

Seduti al tavolo con persone che trattano eroina e cocaina a chili, ci siamo arrivati dopo mesi di lavoro e con l’aiuto di un ragazzo che vuole uscire dalla tossicodipendenza.

Ci fingiamo all’inizio compratori e conosciamo questa banda di spacciatori marocchini e il loro giro pericoloso fatto di droga e armi. Ci infiltriamo così in tante piazze di spaccio che si trovano per la maggior parte nei boschi vicino all’autostrada A7 Milano-Genova, nel bel mezzo dei monti liguri. Qua ogni colore ha un significato: un cliente può comprare “la nera”, l’eroina, e “la bianca”, la cocaina.

Il pusher pesa la droga con una bilancia, poi la mette in una pellicola. Intanto arriva Mimmo, il capo. È qua per controllare: ha tra le mani un coltello con una lama di 30 centimetri perché qua vicino c’è concorrenza. Sembra di trovarsi in un film d’azione, il capo tira fuori anche una pistola con un silenziatore.

A pochi chilometri di distanza in autostrada, in un posto isolato troviamo un’altra banda di spacciatori marocchini. Ci sono già clienti sul posto e mentre uno vende, l’altro controlla la zona. Di fronte abbiamo un altro boss molto giovane, pure lui è armato: calibro 9 con 15 colpi del caricatore, simile a quella della polizia. Tutto per difendersi da chi può “fregare clienti”.

Altro bosco e altra piazza di spaccio: siamo nella zona di Serravalle Scrivia. Quando arriviamo, troviamo un cliente che vuole assaggiare quello che compra. “Dai dai, col naso”, dice il pusher. Anche qui non manca qualcuno che controlla la zona, è armato con quella che sembra una Beretta nuova.

Ci spostiamo in provincia di Alessandria. Tutto è studiato: ordini prima, poi quando arrivi è tutto pronto. Questa volta sono in quattro a controllare. Dopo aver venduto la roba, i pusher chiedono dove compriamo di solita “la storia” (così chiamano loro la droga) per informarsi sulla concorrenza. E dopo questa domanda, cercano di fidelizzare il cliente dicendo: “Tieni, questa buona”.

Siamo ormai in provincia di Pavia e non c’è tanto movimento in questo bosco. Si arriva in macchina e si aspetta: quando arriva qualcuno, sbuca subito uno spacciatore dal nulla. Sono sempre almeno in due e uno di questi è sempre armato. Chiedi, la pesano e paghi. Il giro d’affari è di 2.500 euro in poche ore.

Tutto a portata di mano: se non sai come arrivarci, chiami e loro ti fanno seguire la loro macchina fino al punto d’arrivo. Cambiamo così strada e andiamo nella zona di Novi Ligure. Qua non c’è bisogno neanche di chiamare, basta rallentare e si capisce che sei un cliente e lo spacciatore è già pronto a vendere.

Sono tante le zone dove si spaccia, per questo c’è una concorrenza così forte tra bande. Con l’aiuto delle nostre telecamere e microfoni, assistiamo così a una scena minacciosa sul “territorio” di Mimmo: “Che vadano affanculo questi zingari, maledetti, andiamo a prenderli a casa loro”. “Questi zingari” che gli danno così fastidio sarebbero i concorrenti. “Questo qua se pulito bene (il fucile), ti giuro che li faccio pentire”, dice Mimmo. “Se andiamo a spararli addosso lì dove stanno, arriverà la polizia e nessun tossico andrà più da loro”.

Non solo, Mimmo pensa di mettere in mezzo qualcuno che possa “punire e poi scappare in Spagna”.

Per quanto pericoloso, abbiamo deciso di scoprire quanti chili hanno tra le mani. Così organizziamo quella cena da cui siamo partiti con Mimmo tramite il ragazzo che ci ha aiutato dall’inizio. Lui fa sapere al boss di una persona molto interessata a entrare nel giro. Durante la cena, Luigi Pelazza è vestito da cameriere. In quest’occasione conosciamo anche il capo di Mimmo: “Domani mi dici l’orario e io te lo porto”. Un chilo di cocaina per 38mila euro, tutto disponibile subito.

Le persone di questo giro sono ex detenuti e l’affare è più grande di quanto ce lo siamo immaginati: “Vendiamo 12 mila euro al giorno, un chilo a settimana”. Non solo trattative in materia di denaro, Mimmo propone ai nostri complici un’offerta di lavoro, ossia fare il corriere per “quasi 2 mila euro al giorno”. I soldi non li spendono qua e non li mandano nemmeno in Marocco, li nascondono fino a quando ne avranno abbastanza. Come per esempio il fratello di Mimmo, che in un anno ha accumulato 400 mila euro e poi è scappato nel suo paese.

Di tutto quello che abbiamo visto e sentito, la polizia è stata informata e i filmati sono a loro disposizione. Dopo qualche mese di indagine, le forze dell’ordine hanno fermato Mimmo e la sua banda.

 

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