Speciale Le Iene su Pantani 1: perché c'è chi pensa a un omicidio | VIDEO
Nella prima parte dello speciale di Alessandro De Giuseppe “Com’è morto Marco Pantani?” parliamo delle molte incongruenze che sembrano esserci nella ricostruzione ufficiale della morte del Pirata, trovato senza vita nella sua stanza in un hotel di Rimini il 14 febbraio 2004
La morte di Marco Pantani, una delle più grandi e amate leggende dello sport italiano, è ancora oggi, a distanza di oltre 15 anni, avvolta da numerosi dubbi. Il 14 febbraio del 2004, attorno alle 20.30, il cadavere del Pirata viene ritrovato in una camera d’albergo del residence Le Rose di Rimini. Marco aveva solo 34 anni.
Stiamo parlando di uno dei più grandi ciclisti degli ultimi anni, vincitore di Giro d’Italia e Tour de France nel 1998 e poi fermato per i livelli di ematocrito troppo alti nelle analisi di Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999, quando stava per vincere il suo secondo Giro: lì inizia la sua parabola discendente tra depressione e uso di droghe.
L’inchiesta sulle cause della sua morte, nel 2004, porta a concludere che il decesso di Marco sarebbe stata causato da comportamenti ossessivi e violenti, dopo aver esagerato con la cocaina. Marco, in preda a un delirio da stupefacenti e farmaci, avrebbe sfasciato tutto all’interno di quella stanza, facendosi del male da solo e poi sarebbe morto per un arresto cardiaco causato da quel mix letale.
Tutti gli amici e le persone che lo hanno avvicinato negli ultimi tempi (compresi gli spacciatori che gravitavano attorno a lui) negano però che Marco avesse mai manifestato intenzioni suicide. E la stanza non sembra essere stata distrutta da un uomo delirante.
L’avvocato De Rensis, legale della famiglia Pantani, spiega: “Tutto è appoggiato per terra e non rotto come farebbe pensare un delirio. Nel bagno c’è uno specchio che sarebbe stato divelto da una persona in preda a un delirio psicotico, ma appoggiato per terra, intatto. Tutto è appoggiato per terra, ma niente di rotto”.
La tesi dell’autolesionismo si basa su un assunto accettato dal primo processo: negli ultimi giorni prima di morire Marco si sarebbe completamente isolato, non sarebbe uscito né avrebbe ricevuto visite.
Una tesi che però sembra cozzare con le testimonianze esclusive raccolte da Alessandro De Giuseppe, che hanno dimostrato come non solo Marco poteva uscire ed entrare dall’hotel utilizzando una porta secondaria che dava sui garage, ma che il Pirata il giorno prima di morire sarebbe andato a prendere un caffè in un locale di Rimini.
C’è inoltre la clamorosa testimonianza di un altro ragazzo secondo cui Marco, i giorni prima della morte, avrebbe dormito in un altro hotel e chiacchierato con altre persone, tra cui una ragazza.
Dieci anni dopo il processo del 2004, che aveva concluso per l’ipotesi sopra citata, la famiglia è riuscita a far riaprire le indagini con l’ipotesi di omicidio a carico di ignoti. Ma anche la nuova inchiesta non ha fatto emergere elementi che farebbero pensare all’omicidio. Eppure ci sono tante cose che sembrano non tornare.
A partire dallo stato in cui viene trovata la stanza quel 14 febbraio 2004. Una prima anomalia è la pallina di cocaina ritrovata di fianco al cadavere di Marco, che i primi a entrare nella stanza però non vedono. Anselmo Torri, l’infermiere del 118 che era in servizio quella notte, sostiene che intorno al cadavere non c’era niente. E pure l’autista e il medico del 118 entrati nella stanza di Pantani dicono di non averla vista. È stata aggiunta dopo la sua morte da qualcuno? E se sì, perché?
Le Iene hanno raccolto testimonianze esclusive di persone mai sentite nel corso del processo, e persone che mai avevano parlato pubblicamente di questa vicenda. Come il napoletano Fabio Miradossa, il fornitore di cocaina di Marco e che ha scontato 4 anni e 10 mesi di reclusione per la sua morte. E Miradossa non ha alcun dubbio: “Marco non è morto per la cocaina: Marco è stato ucciso. Non sniffava la roba ma la fumava e in quella stanza del residence c’è solo traccia di cocainomani che sniffavano. Chi ha creato quella situazione non era informato bene…”. E indica una pista da seguire, su cui secondo lui nessuno ha mai voluto approfondire. Miradossa racconta infatti ad Alessandro De Giuseppe che Pantani avrebbe prelevato 20mila euro poco prima di morire, per pagargli una nuova fornitura di cocaina e per vecchi debiti che aveva con lui. Soldi mai ritrovati in quella stanza e, sostiene Miradossa, sottratti da qualcuno, forse proprio chi avrebbe ucciso il Pirata.
Una pista che Miradossa sostiene con forza anche quando Le Iene lo fanno incontrare con mamma Tonina, per la prima volta dalla morte di Marco.
“Non cerco il perdono però ho bisogno di chiederle scusa”, aveva detto al nostro Alessandro De Giuseppe. E poco dopo quella intervista mamma Tonina, che non lo ritiene responsabile della morte del figlio, accetta di incontrarlo. Il momento è davvero molto emozionante e alla fine dell’incontro Tonina convince Miradossa ad andare a visitare per la prima volta la tomba di Marco.
“Sono vent’anni che lotto, quello che voglio da te è una mano”, gli dice subito Tonina non appena i due si appartano tranquilli. E Fabio Miradossa ribadisce quello che già aveva detto al nostro Alessandro De Giuseppe: "Io mi sto autoaccusando, ma le sto dicendo che occorre seguire i soldi. I soldi non li ho presi io, mancano dei soldi. Sa cosa mi è stato risposto? Ci stai prendendo per il culo, i soldi li hai presi tu. E allora ho deciso di patteggiare, non la vogliono la verità…”.
Sono davvero troppe le cose che sembrano non tornare in questa vicenda, come anche la storia della richiesta di aiuto che Marco avrebbe fatto alla reception del residence Le Rose, diverse ore prima di morire.
Alessandro De Giuseppe avvicina Lucia Dionigi, la receptionist che ha ricevuto due richieste di intervento da parte di Pantani, che si diceva disturbato dalla presenza di alcune persone. Una richiesta però mai girata alle forze dell’ordine. “Mi dispiace, non mi va di rispondere”, ha detto Lucia Dionigi alla Iena. Interrogata dalle autorità, la Dionigi aveva raccontato di avere sentito subito il proprietario del residence, e d’accordo con lui di essere salita a controllare nella stanza di Marco, senza però chiamare i carabinieri. Ma la donna, avendo trovato la porta d’ingresso della stanza di Marco ostruita e non avendo ricevuto risposta, sarebbe tornata in reception disinteressandosi di quella richiesta d’aiuto.
“In quale hotel del mondo il signor X chiama la reception chiedendo di avvertire i carabinieri e spiegando che ci sono persone che lo disturbano, per due volte, e nessuno decide di entrare fino alle 20.30?”, chiede l’avvocato De Rensis?
Sandro De Luigi, proprietario del residence Le Rose, avvicinato da Alessandro De Giuseppe, si rifiuta di rispondere sul perché non avvertì le forze dell’ordine. “Non so cosa dirle”. Sta nascondendo qualcosa?