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Bruciata dalla cabina elettrica: chi risarcirà la piccola Vicky? | VIDEO

Una bambina di 6 anni, mentre sta giocando per strada a Palermo, viene investita dall'esplosione di una cabina elettrica e rischia la vita. Quattro anni dopo ancora nessun risarcimento dall'azienda che la gestisce, che parla di una manomissione di ignoti e non si dichiara responsabile 

“Io non lo capisco perché è successo proprio a me, che colpa ne ho io? Io non volevo queste cicatrici”. Victoria ha 10 anni e quando ne aveva 6 è rimasta gravemente ustionata mentre giocava con le sue cuginette, a Palermo, in un tranquillo pomeriggio estivo: “Stavamo giocando a nascondino nel negozio del nonno ma poi abbiamo litigato e me ne sono andata. A un certo punto però ho deciso di tornare verso il negozio”.

Arrivata sul marciapiedi all’altezza di una cabina dell’elettricità, senza neanche avere il tempo di capire cosa stesse accadendo, Vicky viene investita da un’esplosione. A scoppiare è proprio la cabina: dopo qualche istante per terra, dove l’ha gettata l’esplosione, Victoria corre in negozio dal nonno.

“Me la sono vista qua davanti”, racconta l’uomo, “sembrava un tronco d’albero bruciato, all’inizio non l’avevo neanche riconosciuta”. La bambina è impietrita, non parla e non piange, probabilmente in stato di choc. La madre capisce subito che vanno allertati i soccorsi con la massima urgenza e siccome l’ambulanza tarda ad arrivare, con l’aiuto di un passante corre in ospedale.

E lì i medici le spiegano che Victoria ha il 40% appena di possibilità di cavarsela. Seguono tre mesi di terapia intensiva, senza che Vicky possa avere un contatto fisico con la famiglia per il rischio di infezioni, e con i medici che informano la mamma del fatto che la bambina aveva preso la setticemia. “Signora, prima Dio e poi noi, non abbiamo più nulla da fare”: dice una sera un medico alla mamma. Ma Vicky riesce ad uscire da quella “tomba” e a tornare a casa. “Dopo tre mesi che non la vedevo, abbracciare la mamma è stato bellissimo”, racconta a Nina.

Il peggio, nonostante una riabilitazione che sarà lunghissima, è passato e la famiglia di Vicky inizia giustamente a cercare le responsabilità di quanto è accaduto. Ma nonostante il fatto che teoricamente il proprietario della cabina, a prescindere dalle cause dell’incidente, sia comunque responsabile di questo suo bene, nessuno si fa vivo con la famiglia di Vicky. Neanche per sapere come sta la bimba.

In realtà la società elettrica, prima che si chiudessero le indagini della procura, manda alla famiglia una lettera per dire: “Pur spiacenti dell’evento occorso, dobbiamo escludere qualsiasi nostra responsabilità in ordine all’evento, imputabile piuttosto alla manomissione della cassetta stradale a opera di ignoti, così come denunciato in data 21 giugno 2015”. Ignoti avrebbero manomesso la cassetta collegando un filo per rubare elettricità e questo fatto eliminerebbe ogni responsabilità successiva in capo all’azienda che possiede la cassetta.

Nessun filo elettrico è stato trovato né all’interno della cabina né in prossimità della cabina stessa”, racconta invece l’avvocato della famiglia Francesco Napoli. Un fatto che sarebbe stato confermato in una denuncia alla polizia anche da un operaio della stessa società elettrica, arrivato poco dopo l’esplosione. E sottolineato anche dalle analisi effettuate dalla polizia e dai Vigili del Fuoco.

Di diverso avviso è la Procura, che archiviando il procedimento a carico dell’azienda ha confermato attraverso alcune perizie una manomissione su quella cabina. Ma in quelle stesse perizie però si legge anche che la società elettrica non fece controlli  a seguito della alterata condizione di sicurezza della cassetta. Un groviglio inestricabile, insomma.

“La cabina era più scassata delle altre, non ce n’è una buona”, dice Victoria alla nostra Nina palmieri. A distanza di quattro anni abbiamo fatto una passeggiata nel suo quartiere e in altre parti della città di Palermo, verificando con i nostri occhi le condizioni delle cabine elettriche descritte da Vicky e dalla sua famiglia.

Nina Palmieri è andata allora a sentire i responsabili dell’azienda elettrica, che fa capo a una multinazionale che fattura decine di miliardi di euro l’anno. Prima si negano, poi al telefono spiegano di essere disponibili a far visitare la bimba da uno specialista. Solo al telefono però, perché poi quella lettera in cui la società elettrica avrebbe dovuto mettere nero su bianco questo impegno non è mai arrivata!

Cure migliori per Vicky, per aiutarla nel lunghissimo percorso di riabilitazione, ci sarebbero. Ma negli Stati Uniti e a un costo assolutamente proibitivo per la sua famiglia. 

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