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Vaccini: quasi la metà degli europei ha dubbi. "Con l'obbligatorietà novax radicalizzati"

Solo il 59% della popolazione dell’Europa occidentale pensa che i vaccini siano sicuri. Un dato che fa impressione se paragonato al dato mondiale: il 79%. Abbiamo chiesto il perché all’esperto Vittorio Demicheli

“Solo il 59% delle persone in Europa occidentale pensa che i vaccini siano sicuri”. Sono i dati della ricerca Wellcome Global Monitor 2018 sull’atteggiamento della popolazione mondiale nei confronti di scienza e salute pubblica. Nell’Europa orientale il dato scende addirittura al 50%. Lo studio è stato condotto su 140mila persone in più di 140 paesi. A livello mondiale, la percentuale di persone che pensano che i vaccini siano sicuri sale al 79%, mentre l’84% riconosce che siano efficaci. L’Europa occidentale e orientale abbassa quindi la media. Perché?

“È un problema vecchio quanto il mondo, da quando esistono i vaccini esiste una tendenza più o meno forte alla sfiducia”, commenta Vittorio Demicheli, coordinatore del Nitag (National Immunization Technical Advisory Group). “Credo che in Europa occidentale abbia avuto un peso sulla sfiducia la vicenda del vaccino anti-morbilloso, con tutti gli effetti negativi che gli sono stati attribuiti. Pur essendo stati assolutamente smentiti, molti siti continuano a parlare dell’autismo come collegato al vaccino. Questo è un danno permanente che ha avuto un enorme impatto sulla fiducia delle persone”.

Il web e i social in questo senso contribuiscono alla diffusione della diffidenza verso i vaccini? “I social in quanto canale di comunicazione rapido e senza filtri hanno un ruolo importante”, dice Demicheli. “Però i fenomeni di diffidenza ci sono stati in varie epoche storiche, questo è solo uno canale più moderno. Un altro ruolo è giocato ad esempio dalla religione. Molte scelte di carattere religioso fanno infatti della diffidenza nei confronti dei vaccini un loro punto d’attenzione”.

Un altro fattore che, secondo Demicheli, ha contribuito a generare sfiducia nei confronti delle vaccinazioni è stata la vicenda della cosiddetta “pandemia”. “Dopo le prime epidemie di aviaria, influenza che veniva dagli animali, in Europa sono state lanciate iniziative per lo sviluppo di vaccini pandemici, ovvero per proteggere da virus talmente anomali da diffondersi molto rapidamente tra la popolazione”, spiega Demicheli. “Quando è scoppiata l’aviaria, tutte le autorità sono corse a comprare il vaccino pandemico, soprattutto in Europa. In realtà, i dati che arrivavano segnalavano sì un virus insolito, ma non una situazione di allarme così grave in quanto a mortalità e diffusione. Tuttavia l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato pandemico. Poi si è scoperto che nel pool di esperti che consigliavano l’Oms c’era una maggioranza di esponenti con conflitto di interessi. Alla fine l’immagine che è rimasta alla popolazione di tutta questa vicenda è stata che la pandemia fosse una mezza bufala e che dietro ci fossero grossi interessi commerciali”.

Occorre quindi intervenire per aumentare la fiducia dei genitori nelle vaccinazioni. Ma come si fa? “Bisognerebbe capire le reali motivazioni di questa sfiducia e arginarle con l’informazione mirata. Questo in Italia in particolare non è stato fatto. Ad esempio, se le persone hanno paura degli effetti collaterali bisognerebbe studiare ed esaminare proprio gli effetti collaterali e contrastare quella paura con la comunicazione. Per quanto riguarda la sfiducia legata a eventuali interessi economici delle ditte, la si combatte con una maggiore trasparenza”. È del 2017 la legge sui vaccini, portando l'Italia in vetta in Europa per numero di vaccini obbligatori, che da quattro sono passati a dieci. Un metodo efficace per contrastare la diffidenza vaccinale? “In Italia si pensava che introducendo l’obbligatorietà dei vaccini si risolvesse il problema. Ma non è stato così, anzi. Alcune aree del Paese si sono radicalizzate. Credo che la diffidenza nei confronti dei vaccini sia proprio come un virus: bisogna cercare di renderla talmente rara da impedirne la diffusione. In questo senso l’obbligo vaccinale ha dato alla diffidenza verso i vaccini maggiore visibilità. Inoltre se le autorità sanitarie introducono in calendario tutti i vaccini che entrano in commercio e dicono di sì a ogni nuova tecnologia perdono di credibilità. Nel nord Europa, a differenza che da noi, le autorità sanitarie sanno anche dire ‘no’ e anche per questo restano credibili”.

La tendenza dell’Europa occidentale sulla sfiducia nei confronti dei vaccini che emerge dallo studio deve allarmarci? “Penso che i vaccini siano la cosa più importante del mondo. Detto questo bisogna però tenere presente che in Europa le infezioni che possono essere prevenute dai vaccini sono una minoranza dei problemi infettivi. Oggi il grosso delle infezioni è legato all’assistenza. Ma la vera emergenza riguarda la resistenza agli antibiotici. È vero che il dato dello studio è un brutto segnale di sfiducia, ma è anche vero che per la salute pubblica ora le patologie infettive sono un problema secondario”.

Cosa dovrebbe fare un medico di fronte a un genitore che ha paura a vaccinare il proprio figlio? “Dovrebbe capire le motivazioni di questa sfiducia e cercare di dare più informazioni possibili. E se non è in grado di farlo lui può mandare il genitore presso i servizi pubblici che si occupano di vaccinazioni. In questo l’Italia soffre alcune differenze rispetto ad esempio ai paesi del nord Europa, che sono organizzati meglio e hanno più risorse a disposizione anche per il counseling alle famiglie. Se il nord Europa ha maggiore fiducia nei vaccini (secondo lo studio il 73% pensa che siano sicuri e l’84% che siano efficaci, dati che includono il Regno Unito, ndr.) è anche grazie all’efficienza e alla buona organizzazione dei servizi sanitari”.

I novax vengono spesso insultati e presi di mira. Per Demicheli però è un atteggiamento sbagliato. “Se c’è una crisi di autorevolezza delle istituzioni sanitarie, la risposta non può essere autoritaria, ma di comunicazione e informazione. Non si può dare dei cretini a tutti quelli che hanno dubbi o paure. Bisogna capire queste paure e cercare di dare risposte esaustive”. 

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