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News | di Alessandro Barcella |

Mio figlio “zombie” di 33 anni drogato di videogiochi

A scrivere questa toccante lettera è la madre di Daniel, un ragazzo inchiodato al pc anche per 14 ore al giorno. Un incubo del quale il giovane, letteralmente “drogato di videogame”, non si rende affatto conto

 

Un ragazzo di 33 anni abbandonato a se stesso, prigioniero di uno schermo del computer. Il suo demone è un videogioco, con il quale gioca ossessivamente anche 14 ore al giorno di fila.

Daniel non ha amici né fidanzata, non esce di casa e non si lava. Daniel è un drogato di videogiochi.

Ora la mamma, che ci ha scritto la toccante lettera che potete leggere qui sotto, chiede un disperato aiuto a chiunque possa consigliarle un percorso per salvare il figlio.

Questa, nelle commoventi parole di mamma Sara (il nome è di fantasia come quello di tutti i protagonisti della vicenda), è la storia di Daniel.

 

Daniel è il secondo di due figli, e nasce nel 1986 a distanza di qualche anno dal primo. È un bimbo sereno, tranquillo, che a 3 anni comincia a manifestare la sua passione per i videogame. Nel periodo natalizio, gioca al centro commerciale, nel reparto giochi, con il Nintendo,  creando attorno a sé un capannello di gente incuriosita da quel bimbo così abile.

Io mi diverto, mi meraviglio della sua bravura, così piccolo....

In casa non abbiamo videogiochi. Il primo arriva come regalo al figlio maggiore, in occasione di un compleanno.

Il fratello maggiore è geloso, ma lo lascia giocare di tanto in tanto, quando lui ha altro da fare.

A 6 anni porto Daniel in un centro sportivo del paese, per imparare a giocare a calcio.

Non mi sembra portato, è un bimbo cicciottello, ma continua a frequentare fino ai 14 anni. In questo ho sbagliato tantissimo! Faceva sempre la riserva, a volte non giocava nemmeno la partita. Ma i mister dicevano che serviva anche stare in panchina, per socializzare e per il rispetto delle regole.

Se potessi tornare indietro, lo porterei via dalla squadra, era umiliante alzarsi presto la mattina per restare in panchina a seguire la partita da fuori…

Non andavo molto d'accordo con mio marito: devo confessare di aver cercato il secondo figlio perché il più grande, Davide, non rimanesse solo e perché non ero stata una madre perfetta, anzi. Volevo riscattarmi e con Daniel pensavo di esserci riuscita.

Daniel cresce. Dopo  la scuola passa il suo tempo libero giocando: io sono troppo impegnata, il lavoro e il volontariato mi portano via tutta la giornata, e nel frattempo mi sono separata da mio marito, che non vive più con noi.

Conosco un altro uomo e un anno dopo cominciamo a frequentarci. Nel frattempo Daniel si diploma e trova un lavoro grazie alla scuola. Ha 16 anni, e ha un lavoretto dalle 15 alle 23. Spesso vado a prenderlo in auto col mio compagno, a volte rientra da solo. Mangia intorno a mezzanotte a va in camera sua. Gioca ai suoi amati videogiochi fino a tardi, al mattino infatti può dormire. Dopo 2 anni il mio compagno viene a vivere con noi, mentre il figlio più grande va a vivere da solo.

Le cose vanno bene per un po' ma poi, forse anche per colpa del mio ex, Daniel comincia a isolarsi. Sta sempre chiuso in camera sua e a tavola non parla. La convivenza a tre comincia a diventare difficile, con il mio ex che rema contro e mette Daniel in condizione di fare quello che dice lui e non quello che dico io. Daniel vive con me ma fa quello che vuole suo padre...

Provo a metterlo in guardia: deve cambiare atteggiamento perché così si vive male. Non mi ascolta. Allora provo ad andare da uno psicologo, che ha ovviamente bisogno di parlare con Daniel. Lui non ne vuole sapere. Convinco lo psicologo a venire a casa con una scusa. Parla con lui per un’ora nella sua stanza, senza concludere nulla. Ci riprova una seconda volta a distanza di tempo, ma mio figlio non lo fa nemmeno entrare in camera. Rinunciamo....

Una sua collega mi ha spiegato che lui nei videogiochi si sente  potente, libero. Un eroe al riparo da dolore e umiliazione.

Quando ha 22 anni, decido di cambiare casa e andar via col mio compagno. Un appartamento a poche centinaia di metri dalla casa in cui ho vissuto per 30 anni. È agosto del 2008.

Non mi faccio vedere per 2 mesi, sono arrabbiata. Non è stata una scelta facile, ma ci stavamo ammalando tutti.

Poco prima di Natale passo a dargli una busta con dei soldi, il mio regalo, in un certo senso un modo per farmi perdonare.

Daniel intanto ha perso 15 chili in 2 mesi!  Suo padre avrebbe dovuto occuparsi di lui, ma gli pagava solo affitto e bollette. Non gli ha mai chiesto di andare a mangiare da lui: il mio ex era tornato a vivere dai suoi genitori. Quando gli ho detto che me ne sarei andata, aveva la possibilità di tornare in quella casa a vivere con suo figlio, ma non lo ha fatto. Pagava affitto e bollette e si sentiva a posto con la coscienza!

Non si era nemmeno accorto che suo figlio era dimagrito troppo in poco tempo. Daniel non sa cucinare, non chiede soldi a nessuno e quindi salta i  pasti. Mi sono sentita una merda…

Da quel giorno in poi gli avrei portato da mangiare, gli avrei fatto la spesa aiutandolo in tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno.

Vivendo da solo e avendo nel frattempo perso il lavoro si butta a capofitto nel mondo virtuale, in Word of Warcraft e in mille altri giochi. Non si lava, non esce, non si cambia gli indumenti, accumula spazzatura in ogni angolo di casa. Una volta la settimana vado a ripulire la casa e a lavare gli indumenti, e lo invito a lavarsi più spesso. 

Il mio primo figlio nel frattempo si separa dalla compagna, torna a casa e condivide l'appartamento con il fratello. I due non sono mai andati d'accordo. Davide mi dice che suo fratello pensa solo a giocare, che non gli importa di nulla. Ma non gli do peso, penso ancora stia esagerando.

A luglio di 2 anni fa muore la madre del mio ex marito. Lui non percepisce più la pensione della madre e l'accompagnamento e non è più in grado di pagare l'affitto di casa di Daniel. Decide allora di fargli lasciare quella casa e di portarlo a vivere da lui. La casa di sua madre è grande, lo spazio c'è. Il mio ex ha due fratelli, quindi gli eredi dell'appartamento sono tre. Vogliono la parte che gli spetta ma non ha abbastanza soldi per tranquillizzarli. Lui intanto prepara la camera per accogliere Daniel.

Ai primi di dicembre però, quando la camera di Daniel è pronta, proprio nel momento in cui il ragazzo doveva portare via i vestiti per sistemarli nella "nuova casa", arriva la telefonata del mio ex…

Daniel non può andare col padre, gli zii non vogliono: la casa va venduta per dare i soldi a tutti gli eredi.

Daniel allora è costretto a tornare a vivere con me e con il mio compagno.

E' da allora che ci siamo resi conto davvero del suo  problema. Daniel è un eremita: non ha amici, non ha la ragazza, non cerca un lavoro, accontentandosi di lavorare a chiamata per suo zio, che ha un autolavaggio. Daniel, quando non lavora, sta incollato alla tv a giocare anche per 14 ore di fila! Non esiste altro che quel suo mondo. Daniel è uno zombie…

Decido di fare qualcosa e per un anno frequento il centro Hikikomori. Insieme al mio compagno abbiamo chiesto aiuto, consigli, e per un po’ ci sono stati di grande ausilio, ma poi durante le ultime sedute mi scontravo spesso con lui, che adesso è diventato mio marito.

Dopo alcune scenate, forse, hanno deciso di non fissarci più altri appuntamenti. So che ci sono dei problemi di fondo tra me e il mio attuale marito, problemi che dobbiamo risolvere da soli. La situazione non è per nulla facile, ma Daniel è mio figlio e non voglio più fare nulla che possa danneggiarlo!

Come faccio ad uscire da questa tragica situazione? Come faccio ad aiutare mio figlio? Vi prego, qualcuno aiuti mio figlio!

 

Se avete consigli utili ed indirizzi da dare a questa madre disperata o una storia simile da raccontare, scriveteci all’indirizzo email redazioneiene@mediaset.it

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