Bommarito: condannato all'ergastolo senza colpa? | VIDEO
Vincenzo Bommarito è tornato in libertà dopo aver scontato 12 anni di carcere per un omicidio che non avrebbe mai commesso. Matteo Viviani ha analizzato con lui e con il suo avvocato tutte le prove
Pietro Licari, ricco possidente terriero siciliano è morto dopo essere stato sequestrato e rinchiuso in un pozzo. Vincenzo Bommarito è stato dichiarato colpevole dell’omicidio e condannato all’ergastolo dalla giustizia italiana. Il giorno prima del suo ventiduesimo compleanno è stato rinchiuso in carcere dove è rimasto per dodici lunghi anni.
A inchiodare Vincenzo c’è la testimonianza di un ragazzo, Giuseppe Lo Biondo, che al tempo lavorava per lui come bracciante. Entrambi conoscevano Licari e spesso avevano lavorato per lui nelle sue terre. Lo Biondo era stato ripreso dalle videocamere di sorveglianza mentre telefonava alla famiglia Licari per chiedere il riscatto. Una volta finito nelle mani delle autorità, ha fatto il nome di Vincenzo.
Le prove a sostegno della colpevolezza di Bommarito sarebbero principalmente tre. Primo, i tabulati telefonici, mostrano che i contatti tra Bommarito e Lo Biondo sono aumentati proprio durante i giorni del sequestro. “Il picco in realtà è avvenuto in concomitanza dei raccolti”, spiega l’avvocato. “Vincenzo produceva ortaggi e quando gli ortaggi dovevano essere raccolti si avvaleva della collaborazione di Lo Biondo”.
Secondo, a casa di Licari sono stati trovati numerosi mozziconi di sigaretta con il dna di Vincenzo. Ma come abbiamo detto, Vincenzo era spesso a casa di Licari per lavoro e inoltre fa notare l’avvocato. “Inoltre non è possibile datare quei mozziconi”.
Ultimo il movente. Bommarito secondo la sentenza del giudice aveva debiti proprio nei confronti di Licari. Ma sembra invece che questi debiti non fossero altro che “una rata non pagata di un mutuo per l’acquisto di un trattore”, spiega ancora l’avvocato. “Si tratta di un debito di 2.000 euro”.
Nel processo che Bommarito dovrà affrontare il suo avvocato farà presente anche altre due cose. Delle lettere che Lo Biondo ha spedito a Vincenzo in cui si scusa di averlo accusato anche se non c’entrava nulla, solo perché in questo modo sperava in uno sconto della pena.
Poi la cosa più importante, una telefonata fatta la sera del sequestro. Giuseppe Lo Biondo dice che quando hanno calato Licari nel pozzo erano le otto di sera, ma dai tabulati risulta una chiamata vocale alle 20.06 da Bommarito a Lo Biondo. Se fossero stati insieme a nascondere Licari, Vincenzo non avrebbe avuto nessun motivo di chiamare Giuseppe. L’accusa giustifica questa incongruenza dicendo che Lo Biondo si sarebbe confuso sull’orario e Licari sarebbe stato semplicemente calato prima nel pozzetto, poi Bommarito sarebbe tornato a casa a pulirsi.
Ma, secondo la localizzazione del cellulare, Vincenzo quella sera non era nemmeno a casa, era a venti chilometri di distanza dal pozzetto. Ora il processo è stato riaperto e la pena di Vincenzo sospesa, ma questa storia non sarà finita fin che lui non verrà dichiarato innocente.