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Antoci, ecco come è nato il “mascariamento” dopo l'attentato | VIDEO

La figlia di Giuseppe Antoci è stata appena aggredita in una pizzeria: “Non si può vivere in questo modo”, dice l’ex presidente del Parco dei Nebrodi a Gaetano Pecoraro. La Iena ci racconta come e dove è nato il “mascariamento” contro l’uomo che ha combattuto la mafia rurale

Purtroppo è successa una cosa grave: la figlia di Giuseppe Antoci è stata minacciata e insultata in pizzeria. “Mia figlia era andata a prendere un trancio di pizza e una persona l’ha insultata”, racconta lo stesso Antoci a Gaetano Pecoraro.

Giuseppe Antoci è stato presidente del Parco dei Nebrodi e il suo protocollo di contrasto alla criminalità organizzata ha causato la perdita di un business milionario per la mafia. Per questo Il 18 maggio 2016 in una strada isolata c’è stato un attentato di stampo mafioso ai suoi danni: la macchina blindata e l’intervento tempestivo degli agenti della scorta lo hanno salvato dalle pallottole dei suoi attentatori. Ad anni di distanza, adesso che Antoci non ricopre più alcun incarico pubblico, la sua figura a quanto pare sembra essere ancora al centro dell’attenzione della malavita.

Mia figlia è molto scossa”, dice Antoci. “Lo siamo tutti, perché non si può vivere in questo modo. Non è giusto che una ragazzina non possa uscire e poi essere insultata e minacciata per le scelte del padre. Sono frastornato e preoccupato, sto perdendo le forze”. Giuseppe Antoci comunque non è uomo che si possa zittire, nemmeno di fronte al “mascariamento”, alla macchina del fango a cui è stato sottoposto e di cui vi abbiamo parlato nel servizio che potete rivedere cliccando qui. Tutto parte dai mafiosi stessi, che mettono in giro questa voce. Una voce che fa eco prima sui media locali, poi su quelli nazionali e infine arriva perfino nelle istituzioni.

Tra chi ha lanciato per primi i messaggi volti a insinuare che l’attentato contro Antoci fosse stato una messinscena ci sono anche i fratelli Giuseppe e Sebastiano Foti Belligambi, pregiudicati dei Nebrodi, che in una intercettazione si dicono: “Questo attentato se lo sono fatti loro”. Il pm Cavallo, che ha condotto le indagini a Messina sull’attentato, ci dice che molte volte ascoltando le persone intercettate c’era l’impressione che parlassero immaginando di essere ascoltati. Sapevano quindi di essere intercettati e cercavano di sviare le indagini dicendo di non sapere nulla di quanto accaduto, ma anzi mostrando sorpresa.

Non è però finita qui: nelle procure iniziano ad arrivare esposti anonimi in cui si sostiene che l’attentato ad Antoci sarebbe stata tutta una simulazione per ottenere promozioni e distinzioni. I pm hanno indagato, arrivando perfino a intercettare Antoci, ma senza che emergesse nulla per giustificare una presunta messinscena. La procura di Messina lo mette per iscritto: gli esposti anonimi apparivano calunniosi. Poi si spinge oltre, affermando che “i vari esposti riportavano aspetti della vicenda che potevano essere conosciuti solo a soggetti che avevano accesso a informazioni riservate”.  Possibile che ci fosse dietro una persona vicina alle forze dell’ordine? Nessuno è riuscito ancora a stabilire se e chi si celasse in questa storia.

Questi esposti sarebbero arrivati nelle mani di un ex poliziotto, Mario Ceraolo. Nuccio Anselmo, giornalista della Gazzetta del sud, sostiene che Ceraolo avrebbe cercato di mettere in dubbio la veridicità dell’attentato ad Antoci, anche attraverso la diffusione di questi esposti. Ma l’ex poliziotto non si sarebbe fermato qui: avrebbe anche svolto delle indagini su quanto avvenuto quella sera. “Con noi ha sempre collaborato, non ha collaborato a questo tipo di indagini”, dice il pm Cavallo.

Nelle conclusioni della commissione antimafia, però, Ceraolo è stato indicato come uno che sarebbe stato incaricato personalmente dai pm di Messina per un approfondimento informale sull’attentato per l’esperienza acquisita e la stima riposta nei suoi confronti. Ma per il procuratore Cavallo non è così: “L’ho già smentito in sede di audizione”. A questo punto Gaetano Pecoraro è andato a parlare proprio con Mario Ceraolo. Potete vedere che cosa si sono detti nel servizio qui sopra.

Nella vicenda del “mascariamento” contro Giuseppe Antoci, comunque, appare un altro possibile protagonista: è il giornalista Francesco Viviano, che in un articolo pubblicato su L’Espresso sostiene che anche i boss starebbero cercando il responsabile dell’attentato ad Antoci. La fonte sarebbero alcune intercettazioni in cui i mafiosi si chiederebbero “Cu fu”, chi è stato?

Una notizia che se fosse vera sarebbe clamorosa. Il pm Cavallo però, che sta conducendo le indagini, chiede a tutte le procure di cercare queste intercettazioni citate da Viviano. Ma nessuno le trova. A questo punto Pecoraro va a parlare direttamente con il giornalista: potete sentire che cosa si sono detti nel servizio qui sopra. Comunque siano andate le cose, forse qualcuno dovrebbe chiedere scusa a Giuseppe Antoci. “Non a me”, ci dice. “Agli uomini della scorta, alla polizia di stato, ai magistrati e alle mie figlie. Hanno subito insieme a me una aggressione senza precedenti, io non me lo meritavo tutto questo”.

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