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Batterio killer: il direttore generale dell'ospedale sapeva dell'infezione prima di quanto dichiarato?

Arriva la relazione del ministero della Salute sulla tragica vicenda del Citrobacter Koseri, il batterio che sarebbe responsabile della morte di 4 bambini e del contagio di 91 dei piccoli pazienti dell'ospedale Borgo Trento di Verona: il direttore generale sarebbe stato a conoscenza di un caso già 5 mesi prima di quanto più volte dichiarato. Nina Palmieri aveva parlato con Francesca, la mamma di una bambina morta a soli 7 mesi nel novembre del 2019. Iene.it l’ha sentita di nuovo: “È una nuova coltellata, quanti bambini si sarebbero potuti salvare?”

“È un’altra coltellata nel cuore, stanno facendo scaricabarile uno con l’altro, qui le vittime siamo noi, la figlia l’ho persa io. La domanda che faccio è: Nina è nata l’11 aprile 2019. Quando io ero in terapia intensiva per lei, c’erano altri tre casi di bambini col Citrobacter. Nina è morta il 18 novembre 2019, solo in quel momento ci si è decisi di comunicare al direttore Cobello, il direttore generale dell’Ospedale, quanto stava succedendo? Andava fatto prima”.

Iene.it parla con Francesca, la mamma di Nina, morta ad appena 7 mesi nel novembre 2019, una tragica vicenda di cui vi abbiamo raccontato nel servizio di Nina Palmieri che potete rivedere qui sopra. Nina sarebbe morta per aver contratto un batterio, il Citrobacter Koseri, che avrebbe preso mentre si trovava all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Il batterio sarebbe responsabile della morte di 4 bambini e del contagio di 91 dei piccoli pazienti dell'ospedale.

I dubbi sarebbero anche altri: visto che la prima morte risale al 2018 e visto che già prima di novembre 2019 c'erano diversi casi di bimbi positivi al Citrobacter koseri, siamo sicuri che il direttore generale Cobello l'abbia saputo solo a Novembre 2019? Francesca è determinata a continuare a lottare per la verità, ancor di più dopo avere letto l’esito della relazione del ministero della Salute, a seguito della visita ispettiva fatta nell’ospedale lo scorso 4 settembre, arrivata da pochi giorni e pubblicata online dal quotidiano L’Arena di Verona.

“Il direttore generale (Cobello, ndr) durante la site visite ha ripetutamente rappresentato di essere venuto a conoscenza dell’infezione da Citrobacter Koseri solo a partire dal mese di maggio 2020 e di avere disposto la sospensione delle amissioni delle gravide sotto la 33esima settimana + 6 giorni di gravidanza”, recita il documento. “Tuttavia si precisa che, anche se un caso non si configura come outbreak, il Direttore Generale era informato già dal 6 dicembre 2019 della presenza di almeno un caso, quello della neonata trasferita poi al Gaslini (Regione  e stampa). A riguardo si rappresenta che l’organizzazione complessiva dell’ospedale e i meccanismi di funzionamento sono compiti, non delegabili, della Direzione Generale”. Dunque il direttore generale dell’ospedale sarebbe stato informato, secondo questa relazione, dell’esistenza del batterio mortale almeno 5 mesi prima di quanto dichiarato.

“Le responsabilità sono di tutti”, dice ancora mamma Francesca a Iene.it, lanciando nella sua versione accuse durissime, “si stanno facendo la guerra uno con l’altro. Credo che sia un caso ormai nazionale che debba essere posto all’attenzione del ministro della Salute, stiamo parlando di un ospedale che è un’eccellenza. Qui si sta distruggendo la nomea di questo ospedale per colpa di un’équipe medica della terapia intensiva neonatale e del dirigente aziendale. Il direttore generale Cobello ha avuto un’epidemia sotto al naso che però per due anni non è stata vista… Quanti bambini si sarebbero salvati se la segnalazione fosse partita subito?”.

Il Citrobacter avrebbe portato alla morte 4 bambini e infettandone in totale 91. Tutto sarebbe avvenuto all’interno dell’ospedale Borgo Trento di Verona, nel quale, secondo quanto ci aveva raccontato Francesca, sarebbero stati posti in essere comportamenti alquanto discutibili: “Ho foto di un medico mentre mangia un lecca-lecca nel reparto di terapia intensiva neonatale, ho visto anche gente toccare i neonati prematuri con lo smalto permanente alle dita che è un covo di batteri. Ho visto un corriere entrare nella terapia intensiva vestito con camicia, pantaloni e scarpe antinfortunistica, non è passato dalla stanza lavaggio quindi non si è igienizzato, ha mollato un pacco sul banco medici ed è passato di fianco a me, a 20 centimetri dalla mia culla...".

Dopo settimane di sofferenza, a causa di quel batterio che le stava letteralmente mangiando il cervello, la piccola Nina era stata portata all’ospedale di Genova, su espressa richiesta della madre, dove aveva iniziato la terapia del dolore. La bimba era ormai gravissima, assediata da danni irreversibili, danni motori e psichiatrici. A novembre dell’anno scorso, la bimba ad appena 7 mesi se ne era andata e la mamma aveva presentato un esposto in procura.

A gennaio di quest’anno nei verbali del comitato infezioni ospedaliere si inizia a parlare di Citrobacter. Il batterio non viene trovato in quel reparto ma i bambini continuano a infettarsi. Il 33% dei neonati passati da lì risulta positivo con punte del 70% a maggio. Il Citrobacter viene poi trovato tra i rompigetto di alcuni rubinetti e su alcuni biberon. A settembre 2020 escono i risultati della commissione nominata dalla Regione. “Epidemia con più di 91 bambini positivi, 9 con danni invasivi di cui 4 morti”, si legge nei documenti. Secondo la Commissione regionale ci sono stati “una sottostima e un riconoscimento tardivo del problema da parte dei medici”, “Il volume dei prodotti a soluzione alcolica per l’igiene delle mani è stato al di sotto degli standard minimi”. Durante il servizio di Nina Palmieri avevamo sentito anche un lavoratore di quell’ospedale, che chiedendo di tutelare la sua identità ci aveva raccontato che “lì non c’era supervisione”.

Francesca, dopo la morte della sua bimba, non si è data per vinta, parlando con i media e pubblicando i risultati delle perizie mediche che collegavano la morte di Nina al Citrobacter. Francesca ci aveva raccontato: "È a quel punto c'è stata la prima ammissione, nel senso che il direttore sanitario ha ammesso che c’era stata la prima morte nel 2018". 

L’ospedale di Borgo Trento aveva disposto poi la chiusura di tutto il padiglione. Ora arriva l'esito dell'ispezione ministeriale all'ospedale: la battaglia di mamma Francesca e di tutti gli altri genitori coinvolti nel caso del batterio killer continua. 

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