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Foggia tra bombe, pizzo e omicidi: ecco la quarta mafia d'Italia | VIDEO

Gaetano Pecoraro ci porta a Foggia, alla scoperta dell’organizzazione criminale “Società foggiana” che, solo nell’ultimo mese, ha ucciso un uomo in pieno centro e fatto scoppiare 6 bombe contro chi non voleva pagare il pizzo. Una mafia poco conosciuta, ma violentissima, contro la quale c’è una sola procura in prima linea a combattere

Una città in guerra. Il primo omicidio del 2020? È  avvenuto a Foggia, dove un 53enne è stato crivellato di colpi in pieno centro, sotto gli occhi dei passanti. La prima bomba contro un esercizio commerciale? Sempre a Foggia, che in meno di un mese ha registrato questo terribile bilancio di un omicidio e sei bombe esplose ai danni di altrettanti esercizi commerciali.

Gaetano Pecoraro ci guida alla scoperta della quarta mafia d’Italia, la cosiddetta “società foggiana”, una organizzazione criminale sanguinaria e senza scrupoli.

Ce lo racconta Giuseppe Gatti, sostituto procuratore antimafia di Bari: “È un’emergenza nazionale, ci troviamo di fronte a una mafia particolarmente pericolosa”.

Direzione antimafia di Bari e procura di Foggia, nei mesi scorsi, hanno arrestato un gran numero di affiliati a questa organizzazione criminale, mettendo in galera una parte dei boss della “società”. Società che però è più viva che mai e prospera ai danni della parte sana della città.

Insieme a Francesco Pesante, un giornalista locale, andiamo in giro per Foggia alla scoperta dei boss della società foggiana e dei luoghi testimoni degli ultimi agguati e degli attentati dinamitardi: “Ci sono tre gruppi principali, chiamati batterie. Il clan Moretti-Pellegrino-Lanza, i Sinesi-Francavilla e i Trisciuoglio. Nel primo omicidio del 2020 hanno ammazzato una persona estranea ai clan, che vendeva auto. Tre revolverate tra faccia e gola. “

La vittima era un uomo che qualche anno fa si era ribellato alle richieste dei suoi estorsori, legati alla Società foggiana. “Era stato pestato da uomini del clan Moretti, perché si era messo a difesa del nipote, vittima di estorsione”, racconta a Gaetano Pecoraro Francesco Pesante.

È un business estremamente importante quello delle estorsioni, con veri e propri prezzari che indicano le cifre da versare per la “protezione” dei boss, una media che va dai 500 ai 3.000 euro al mese. “Ue bastardone, tu ti devi sbrigare, sennò gli facciamo la festa a tuo figlio”, dice un affiliato a una vittima in una conversazione intercettata dai carabinieri.

“Hanno buttato la benzina sotto alla saracinesca, danni per diecimila euro”, racconta un negoziante che si è rifiutato di pagare al nostro Gaetano Pecoraro.

Incontriamo poi Cristian Vigilante, il titolare di una casa di cura più volte oggetto di attentati incendiari e  intimidazioni. “Sappiamo solamente che stiamo vivendo un momento assurdo e ne vogliamo uscire quanto prima”.

Ci fingiamo finti imprenditori venuti da fuori regione, interessati ad aprire un’attività e con le camere nascoste chiediamo consiglio ad alcuni esercenti della città. Accanto a chi nega categoricamente che Foggia abbia questi problemi, altri danno risposte assolutamente inequivocabili: “Devi fare attenzione, ti chiedono il pizzo”.

Gaetano Pecoraro va poi in un agriturismo, che stando a un documento trovato dagli inquirenti avrebbe pagato il pizzo alle batterie della società foggiana.  Il titolare non solo avrebbe negato la circostanza davanti agli inquirenti ma una volta uscito dall’interrogatorio avrebbe addirittura avvertito i suoi aguzzini. A telecamera nascosta dice: “Io non ho mai avuto questi problemi. Queste persone mi hanno aiutato a trovare dei pezzi per la macchina, perché sono amici. Ho pagato 1.500 euro ma hanno pensato che fosse un’estorsione. Io non ho mai pagato una lira. Non è gente cattiva. Vengono a mangiare, gli faccio lo sconto… Se tu stessi al mio posto faresti la stessa cosa. “

Nega tutto anche un gommista della zona, che avrebbe pagato 5.000 euro una tantum e poi 500 euro al mese per la protezione dei clan. La moglie nega: “Qui non paghiamo, assolutamente, te lo posso assicurare. Non abbiamo pagato nulla, al mille per mille”.

Una donna, che gestisce un’altra attività, tenta di giustificarsi, ammettendo tra le righe la situazione: “Foggia ha una brutta nomea, parliamoci chiaro, quelle poche persone che stanno o parlando o collaborando, stanno passando i guai… ragazzi, qua la pelle… se permetti devo pensare alla mia pelle…”.

Incontriamo la figlia di Francesco Marcone, un dirigente del catasto che ha pagato con la vita la scelta di non assecondare le richieste dei boss, volte a favorire i propri lucrosissimi affari. L’uomo aveva notato comportamenti anomali nel suo ufficio. “C’erano persone che aspettavano gli utenti fuori dall’ufficio del registro e in cambio di denaro promettevano di aiutarli a sbrigare le pratiche. L’hanno ucciso con due colpi alle spalle”, ricorda visibilmente commossa la figlia.

La provincia di Foggia, 7mila chilometri quadrati di territorio, ha una sola procura a occuparsi di questa potentissima mafia. “La Liguria ha un’estensione di 5.400 chilometri quadrati”, spiega Ludovico Vaccaro, procuratore capo di Foggia, “e ha ben 4 procure operative, 4 prefetture, 4 squadre mobili, 4 reparti operativi dei carabinieri. Perché a Foggia non viene dato altro che quello che hanno altri territori?”.

Andiamo infine da alcuni dei familiari dei boss della società foggiana, attualmente in carcere. A cominciare dalla figlia del presunto boss Roberto Sinesi, che ci caccia dal suo negozio senza rilasciare alcuna dichiarazione. In un’altra attività, sempre legata a quella famiglia, incontriamo un altro parente, con precedenti per spaccio: “non c’è una spiegazione a questa violenza, la natura umana è fatta in questo modo”. Parliamo poi con Giuseppe, un uomo il cui suocero, uno storico componente delle batterie, è in carcere per omicidio: “Sono cose che non ci interessano non sappiamo niente. Se parliamo di calcio, possiamo parlare di tutto. Non ci interessano questi argomenti. “

In un altro bar troviamo un parente di alcuni affiliati alla batteria dei Francavilla, con precedenti penali per estorsione. “Non esiste nessuna batteria, la mia famiglia, i Francavilla, i Sinesi, sono famiglie come le altre. Che io sappia la società foggiana non esiste. La legge sai quanti sbagli ha fatto?”.

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