Braccianti e lavoro in nero: i permessi di soggiorno salveranno l'agricoltura? | VIDEO
Gaetano Pecoraro ci mostra che cosa c’è dietro parte dell’agricoltura partendo da Borgo Mezzanone, un ghetto di duemila braccianti in provincia di Foggia. Non solo lavoratori stranieri sfruttati, ma anche italiani e aziende
Il consumo di frutta e verdura nel periodo di lockdown è aumentato quasi del 10%, ma anche i loro prezzi. Tanto che l’Antitrust ha avviato un’indagine per fare luce sulle scelte di alcune catene di supermercati.
Perché, vi chiederete, aumentano i prezzi dell’ortofrutta? Per alcune speculazioni dei distributori, ma anche perché migliaia di braccianti stranieri non sono potuti arrivare in Italia per la raccolta a causa della chiusura delle frontiere. Frutta e verdura rimangono a marcire nei campi e i prezzi salgono (come ci ha raccontato Gaetano Pecoraro nel suo primo servizio: clicca qui per vederlo). E allora chi ci pensa a fare il “lavoro sporco”?
“Lavoriamo ogni giorno tutti i giorni. Abbiamo la stagione del pomodoro, dei broccoletti, delle olive… Durante il coronavirus abbiamo lavorato duro per far mangiare l’Italia perché durante il lockdown erano tutti chiusi in casa e comunque dovevano mangiare”, ci racconta un bracciante. “Noi abbiamo lavorato per aiutare l’Italia”. Lui ha fatto richiesta per avere il permesso di soggiorno e ci spiega che cosa comporta non averlo: “Un sacco di braccianti dormono fuori dalle baracche: senza documenti come puoi affittare una stanza?”.
Il governo ha appena deciso di concedere un permesso di soggiorno temporaneo a migliaia di lavoratori irregolari. “Da 18 anni sono in Italia, prendo 4 euro all’ora, in totale 30 al giorno”, ci dice un altro bracciante. “Lavoriamo come schiavi. Noi siamo venuti qua per migliorare la vita, ma è peggio”.
Gaetano Pecoraro ci porta nella provincia di Foggia. Qui, in un casolare abbandonato, vive Philip. All’interno non c’è luce, le finestre cadono a pezzi e il bagno non c’è. Se si fermano questi schiavi moderni, niente arriverà più sulle nostre tavole.
“Se noi siamo puliti è meglio anche per voi. E se siamo puliti, anche voi mangiate cose pulite, se noi siamo sporchi anche voi mangiate cose sporche”, dice Alaj, uno dei duemila braccianti di Borgomezzanone, una vera e propria città di baracche, tende e container. Un ghetto dove vivono più di duemila braccianti che alla mattina si alzano per andare nei campi e raccolgono la frutta e la verdura che troviamo nei nostri supermercati. Lui vive qui da 11 anni, inizia a lavorare alle 6 di mattina e finisce 12 ore dopo, attorno alle 18, questo per più di 300 giorni all’anno. Viene pagato 3 euro e 50 all’ora: “Nei campi non ci sono italiani, non lo vogliono più fare questo lavoro. E se noi non andiamo più a lavorare, voi non potete più mangiare”.
Un altro bracciante ci racconta che cosa ha vissuto: “Quando è iniziata questa emergenza ho avuto paura. Ho dovuto rischiare, altrimenti come avrei potuto sopravvivere? Ci dicono di stare a casa, ma se non metti niente nello stomaco?!”.
John, un ragazzo della Sierra Leone, dopo anni di sfruttamento ha avuto il coraggio di dire basta. “Quando ho verificato all’Inps che, su un anno e sei mesi che ho lavorato, risultavano solo 69 giorni”. Lui non era irregolare, aveva un contratto agricolo: “Io lo chiamo lavoro nero. Sono andato alla Polizia e ho raccontato tutto. Adesso sto aspettando il processo, voglio essere uno straniero per bene”.
In questo sistema a essere sfruttati non sono solo i lavoratori stranieri, ma anche quelli italiani. “Ho lavorato da gennaio a dicembre, ma per l’Inps ho lavorato solo 79 giornate. Invece erano più del doppio”, dice Giovanni. In questa situazione il datore di lavoro truffa l’Inps e lo Stato dichiarando la metà dei giorni lavorativi, quindi versando la metà dei contributi.
Ma c’è anche un altro problema. Ci sarebbero aziende che verserebbero contributi a persone che non hanno mai lavorato. “Gli versano quelle giornate giuste per coprire l’anno e percepire la disoccupazione”, sostiene Giovanni. “Lo fanno a persone che hanno più bambini perché si può prendere anche 10mila euro all’anno senza mai aver fatto una giornata di lavoro. Così percepiscono disoccupazione e maternità.
C’è chi combatte questo modo opaco di lavorare. Come Francesco, un imprenditore che produce da 20 anni pomodori. Ci parla anche delle aste a doppio ribasso, dove si abbassano i prezzi per non farli alzare. Si fanno una volta all’anno per volumi grandissimi e chi la vince vende i suoi prodotti alle principali catene della grande distribuzione. “Dopo un esposto nel 2017, c’è una legge che è passata alla Camera ma è ferma in Senato con cui si vieta questa pratica che va a fare pressione sull’industria che poi deve fare pressione sul produttore agricolo che scarica tutto sul bracciante”, spiega Francesco.
Per questo abbiamo chiesto un impegno concreto alla ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova: “Siamo favorevoli ad approvare questa norma. Ho chiesto alla grande distribuzione di non assecondare queste campagne di sconti continui”.