Calcio femminile, boom di sponsor e pubblico per le ragazze del pallone | VIDEO
Oltre un miliardo di persone, in tutto il mondo, ha seguito la scorsa estate i mondiali di calcio femminile in Francia. Uno sport sul quale adesso cominciano ad arrivare anche ricchi sponsor. E in Italia volano le iscrizioni alla Federcalcio
Erano in 1,2 miliardi, la scorsa estate, a seguire i mondiali di calcio femminile in Francia. Una platea incredibilmente vasta, che racconta l’enorme successo di pubblico e investimenti che questo sport inizia a registrare.
Insieme ai grandi marchi come Nike, Adidas e Coca Cola, che hanno iniziato a mettere sul piatto delle nazionali e dei club internazionali decine di milioni di euro, stanno salendo vertiginosamente anche i like nelle pagine social che rimandano al calcio femminile, sempre più seguito anche dalle donne.
Un trend al quale non è estraneo il nostro Paese, dove negli ultimi dieci anni si è registrato un +40% nelle affiliazioni alla Federcalcio, passando da 19mila a 26mila iscrizioni.
La sfida finale è l’ingresso del calcio femminile nel professionismo, dopo che a dicembre la commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento che prevede l’allargamento alle giocatrici “delle tutele previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo”. Una misura che, introducendo per le società un esonero contributivo per tre anni, punta ad equiparare il calcio femminile al blasonatissimo fratello maggiore: l’adesione però è a libera scelta delle Federazioni, e resta dunque un’ultima battaglia da vincere.
Nel servizio di Nadia Toffa eravamo andati a conoscere alcune delle protagoniste della nostra nazionale. Valentina Giacinti, attaccante del Milan e della Nazionale, non è proprio una ragazza qualsiasi. Talentuosa attaccante convocata in nazionale, ha segnato il suo primo goal al campionato mondiale 2019 nel primo tempo dell'ottavo di finale contro la Cina. A noi ha rivelato come si è avvicinata a questo sport: “I miei genitori quando ero bambina hanno visto che non andavo d’accordo con le bambole: gli staccavo la testa e ci giocavo a calcio” racconta. “I miei genitori hanno seguito la mia passione senza pregiudizi”.
Valentina gioca a calcio dall’età di sei anni e sulla questione del professionismo, dibattuto in questi mesi, ammette: “Mi piacerebbe diventasse la mia professione, ma in Italia siamo ancora indietro. Ho pensato di andarmene all’estero. Giocare all’estero è una realtà diversa, le atlete sono considerate professioniste, possono permettersi di fare solo quello nella vita e ricevono uno stipendio”.
Anche Sara Gama, trentenne triestina capitana dell’Italia e della Juventus, ci ha detto: “C’è un problema di cultura nel nostro paese. La donna che gioca a calcio qui non è accettata”. E aggiunge: “mancano un sacco di cose da noi, per prima, quella di pensare senza pregiudizi”. Così avevamo provato a sfatarne qualcuno proprio insieme a lei: “I parastinchi sono uguali, le misure del campo da gioco sono le stesse, la porta è uguale, è tutto uguale. Anche noi facciamo le entrate aggressive”, dice Sara mentre mostra le cicatrici sulla gamba.
Milena Bertolini, allenatrice delle nostre ragazze, durante l’ultima conferenza stampa ha dichiarato: “Sono orgogliosa del fatto che le ragazze abbiano fatto conoscere il loro calcio a tutti gli italiani, facendoli appassionare: è questo il vero successo del Mondiale”.
È forse ora, anche alla luce dei nuovi dati sulla crescita mondiale del calcio femminile, di raggiungere la parità tra i sessi, almeno sul campo da gioco?