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"Lo studio: cani e gatti che vivono con Covid positivi possono infettarsi” | VIDEO

Distanziamento proteggere cani gatti

Il professor Sergio Rosati ci spiega alcuni dei risultati di uno studio in corso di pubblicazione sul coronavirus e la possibilità di trasmetterlo a cani e gatti

“Su oltre 200 campioni analizzati tra cani e gatti, risulta che circa il 12% dei gatti e il 4% dei cani hanno sviluppato gli anticorpi all’infezione da coronavirus”. Sergio Rosati, professore di scienze veterinarie all’Università di Torino, ci spiega lo studio in corso di pubblicazione del suo dipartimento in collaborazione con l’Università di Bari e una rete di laboratori di diagnostica veterinaria.

“Lo studio è nato circa due mesi fa”, spiega Rosati, “quando abbiamo sollecitato i colleghi veterinari per creare una rete a livello nazionale che consentisse di capire il ruolo di cani e gatti in questo contesto epidemico. Abbiamo chiesto di ricevere campioni di sangue di questi animali che coabitavano con pazienti accertati positivi al coronaviurs. Lo abbiamo fatto nella speranza di non trovare nulla”, aggiunge il professore.

“Si tratta di uno studio retrospettivo: abbiamo chiesto campioni di sangue che sono stati raccolti dopo la fine della quarantena del proprietario, in modo da non sottoporre a rischi gli operatori che dovevano fare i prelievi. Quindi si tratta di una fotografia di cosa è successo nelle settimane precedenti”.

“In questi studi si vanno a cercare gli anticorpi nel sangue degli animali”, continua Rosati. “Ovvero una traccia del fatto che gli animali si sono infettati. Oltre al consenso informato dei proprietari abbiamo chiesto anche alcune abitudini: se l’animale vive in casa o fuori, se ha avuto contatti ravvicinati con il paziente positivo e per quanto tempo”.

“Abbiamo esaminato circa 200 campioni tra cani e gatti e più del 12% dei gatti e il 4% dei cani avevano sviluppato gli anticorpi”, conclude Rosati. “Tutti gli animali con anticorpi erano conviventi con uno o più pazienti Covid positivi. Quindi la fonte dell’infezione sarebbe stato il proprietario. Nella maggioranza dei casi si trattava di infezioni asintomatiche negli animali. Con qualche eccezione, in cui è stata riportata una serie di sintomi che potrebbero essere compatibili con l’infezione, ma su questo non possiamo dare al momento un dato certo. C'era ad esempio un caso di rinite, uno di polmonite e un caso trombosi". 

“Quello che viene fuori dallo studio”, continua il professore Rosati, “è che oggi possiamo dire che una certa percentuale di animali che sono a contatto con pazienti infetti si sono infettati. Quindi le precauzioni che prendiamo per non infettare altre persone dovrebbero essere prese anche per non infettare gli animali. Sarebbe bene che il positivo non avesse contatti ravvicinati con il proprio animale proprio per tutelarlo. Gli animali sono vittime in questa pandemia, non possono essere considerati untori. Non ci sono al momento evidenze che cani o gatti possano trasmettere il virus all’uomo: la linea di trasmissione è uomo-animale, nei pochi casi che abbiamo documentato”.

“L’unico sospetto che c’è stato di trasmissione animali-uomo al momento è quello dei visoni in Olanda”, dice il professore riferendosi ai due allevatori di visoni che si sospetta siano stati contagiati dagli animali. Un sospetto che ha portato all’abbattimento di 10mila visoni in Olanda. “E’ comunque plausibile che il virus sia arrivato ai visoni dall’uomo e in condizioni di allevamento intensivo si possa essere poi diffuso tra gli animali”.

"Nel caso del cane o del gatto", dice il professore nel video che potete vedere qui sopra, "che non vivono in contesti di allevamenti intensivi, noi non creiamo quelle condizioni per cui il gatto possa poi alimentare la catena di trasmissione virale". 

"Il nostro studio", conclude il professor Rosati, "consolida una raccomandazione che abbiamo sempre fatto: trattiamo i nostri animali come tratteremmo i nostri familiari”. 

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