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News | di Monica Skripka |

Cannabis light: “Mi hanno sequestrato anche il pupazzo di Bob Marley" | VIDEO

Continua l’odissea sulla legalizzazione della cannabis light. Archiviata la posizione di 56 indagati dopo un maxi-sequestro della Guardia di Finanza, per la procura “la legge non è chiara”. Noi di Iene.it abbiamo sentito la storia di chi ha perso tutto per questo

La procura di Taranto ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dei 56 indagati per spaccio coinvolti nella maxi-inchiesta “Affari in fumo” della Guardia di Finanza, partita nel 2018: secondo i magistrati “la legge sul thc non è chiara”. Sotto sequestro erano finiti oltre una tonnellata di infiorescenze di canapa sativa, 120 litri di bevande a basso contenuto di thc, 2.600 caramelle e lecca-lecca derivanti da canapa sativa e 4.500 strumenti utilizzati per il confezionamento e l’ingestione della canapa. Noi di Iene.it abbiamo raccolta la testimonianza di due degli indagati nella maxi inchiesta, che denunciano di aver perso tutto a causa dei sequestri e dell’assenza di una normativa chiara in materia.

Mi hanno sequestrato tutto senza fare alcun controllo, avrei potuto vendere anche polistirolo. Tutto perché, secondo loro, la cannabis light è un incentivo alla droga”. Così inizia l’incredibile storia di Marta, proprietaria del negozio di canapa "Sentieri del benessere" a Taranto. Il 5 dicembre del 2018 riceve una visita da agenti della Guardia di Finanza che sequestrano tutta la merce, dalla cannabis light a tutto ciò che riguarda il consumo dei derivati della canapa: filtri, cartine e perfino pupazzi di Bob Marley.

Al momento dell’arrivo dei finanzieri, la donna sostiene di aver voluto presentare le analisi di ogni prodotto per dimostrare il rispetto del limite del thc: i finanzieri però avrebbero sostenuto che “qualsiasi livello di thc presente nella cannabis light viene considerato droga”. Il materiale sequestrato sarebbe poi stato messo nei depositi e “dopo l’archiviazione tutta la merce è stata distrutta”, racconta Marta. La merce valeva circa 25mila euro. L’accusa a carico degli indagati era gravissima: spaccio.

In Italia, infatti, la legge 242 del 2016, quella che ha dato il via libera alla coltivazione di cannabis light, consente la piantagione di piante di canapa che abbiano una percentuale di thc compresa tra lo 0,2 e lo 0,6 per la produzione di fibre e altri prodotti. La linea “dura” della magistratura è invece dettata da un altro provvedimento legislativo del 1990, il cosiddetto “Testo unico sugli stupefacenti”, che punisce le condotte di chi “vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia le sostanze stupefacenti o psicotrope” indicate in due tabelle indicate nell’articolo 14 del decreto. Nel 2019 la Cassazione ha confermato questa linea in una sentenza che ha chiarito come la vendita di cannabis light rimane proibita, in sintonia con la linea dura dell'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Anche Giuseppe Langella è rimasto coinvolto nel maxi sequestro. Aveva deciso di aprire a Taranto un negozio in cui si vendevano prodotti a base di canapa: magliette, occhiali da sole, zaini, tutto lavorato a mano con la canapa.

“Abbiamo deciso di aprire nell’ottobre del 2018 e neanche dopo due mesi, ci siamo trovati con 6 finanzieri nel negozio rimasti per 8 ore e che hanno deciso di sequestrare tutto: resine, materiale pubblicitario, accendini, tutto. Perché li ritenevano incentivi alla droga”, dice Giuseppe a Iene.it

Per Giuseppe il business della cannabis light era perfetto per le sue idee di vendita, tanto che aveva deciso di affittare un locale con dentro tre macchinette self-service h24 con l’intento di vendere tutti i prodotti presenti nel negozio. Questo progetto avrebbe dovuto partire nel gennaio 2019, ma all’arrivo dei finanzieri il 5 dicembre 2018 tutto va in fumo. Gli inquirenti avrebbero deciso di sequestrare in maniera preventiva anche quei locali che “erano vuoti e mi hanno costretto a pagare l’affitto per almeno 8 mesi, pur non avendo nulla dentro”, sostiene l’imprenditore.

“Ci hanno voluto fare proprio male e abbiamo perso circa 65mila euro inclusi la merce, affitto e avvocati. E ora che ho subito il danno, nessuno ci garantisce un risarcimento”, dice Giuseppe. Nonostante la delusione e la rabbia verso l’ingiustizia e la mancanza di una normativa valida, Giuseppe non ha perso il suo spirito imprenditoriale: “Cerco di ripristinare quel danno economico e faccio una specie di ‘mercatino dell’usato’ Si chiama adesso Marketpalace ed è intestato a mia sorella. Ogni persona porta le sue cose che vuole vendere e io faccio da agente.”.

Le storie di Marta e Giuseppe dimostrano come la mancanza di una legge chiara e un sistema ancora miope causa ai cittadini danni economici e di immagine. E rendono ancora più urgente la legalizzazione del settore della cannabis light, che finora ha dato lavoro a oltre 10mila persone e ora è in ginocchio per la gioia di tante attività criminali che lucrano sulla vendita illegale di marijuana. 
 

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