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Carabinieri arrestati a Piacenza, Hamza: “Mi avevano minacciato di buttarmi nel Po”

Ci ha contattato un uomo che si presenta come Hamza Lyamani, il ragazzo marocchino informatore dei militari di Piacenza che, parlando con l’attuale comandante della compagnia dei carabinieri di Cremona Rocco Papaleo, avrebbe dato il via all’inchiesta che ha portato lunedì scorso, 20 luglio, al clamoroso arresto di sei carabinieri a Piacenza

“Sono io il marocchino che ha dato inizio all’indagine, non mi credeva nessuno prima. Ho parlato con Rocco Papaleo, che è il comandante dei carabinieri a Cremona. Conoscendolo, sapendo che è un carabiniere onesto, mi sono rivolto a lui”.

Ci ha contattato e abbiamo sentito telefonicamente un uomo che si presenta come Hamza Lyamani, ovvero il ragazzo marocchino informatore dei militari di Piacenza, che parlando appunto con l’attuale comandante della compagnia dei carabinieri di Cremona Rocco Papaleo avrebbe dato il via all’inchiesta che ha portato lunedì scorso, 20 luglio, al clamoroso arresto di sei carabinieri (uno è ai domiciliari). Tra le ipotesi di reato della procura di Piacenza figurano arresti illegali, torture, lesioni, estorsioni, spaccio di droga. La caserma Levante dell’Arma in città è stata sequestrata, per la prima volta in Italia, in un’indagine che avrebbe scoperchiato anni di illegalità. Riportiamo la sua versione dei fatti, dopo aver sentito anche il suo avvocato, come possibile contributo a fare chiarezza.

“Voglio sputtanarli perché mi hanno fatto passare gli anni più schifosi della mia vita”, ci ha detto. “Tutto è iniziato nel 2016, quando dovevo andare a firmare in caserma per un precedente. Ho incrociato Giuseppe Montella (uno degli arrestati, ndr), che era il mio preparatore atletico di calcio quando ero bambino. La prima volta che sono andato in caserma mi ha detto: ‘Ah ti hanno infamato, però se tu mi dai un po’ di informazioni possiamo lavorare insieme. C’è una tua percentuale sugli arresti che facciamo’. Lui arrestava la gente con un chilo e li portava davanti ai giudici con mezzo chilo, e mezzo chilo se lo smerciava lui, e dava a me un etto. A Piacenza loro fornivano un giro di spaccio e prostituzione. Montella mi obbligava a vendere per lui o dare informazioni”.

“Lui ti chiamava per qualsiasi cosa e tu dovevi esserci, eri tipo un suo dipendente o anche di più”, continua. Se si rifiutava? “Botte e minacce di andare dentro. Mi hanno menato non una, non due, non tre volte. Ho lasciato la città perché lì non potevo vivere, loro mi dicevano se tu sei in giro qua, te la mettiamo noi in tasca e ti portiamo dentro. Loro di roba ne avevano, erano degli spacciatori. Ho deciso di lasciare Piacenza dopo le minacce subite. Non riuscivo più a camminare liberamente per strada. Mi diceva: 'Ti do un consiglio fraterno, vedi di sparire da qua', perché sapevo troppo. Poi mi fa: ‘Se tu non sparisci da Piacenza in 48 ore ti metto dentro una valigia e ti butto al Po’. Questa è la minaccia che mi ha fatto andare via. E so che lui è capace di farlo, è uno che se dice una cosa la fa. Queste minacce le faceva Giuseppe Montella, lui era un appuntato in caserma ma era il capo dell’organizzazione”.

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